♤ Chapter fourth ♤

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<< È assolutamente una pazzia, Generale. >> Commentò Ryujin, seguendo il Generale Bang che a passi veloci si dirigeva fuori dal palazzo del prefetto, dopo aver accordato un nuovo piano.

<< Ho detto via alla formalità Ryujin, non siamo sul campo di battaglia. >> Commentò lui, ridacchiando.

<< È una cazzata Chris. >> Confesso con più informalità e sincerità, nel tentativo disperato di farsi ascoltare.

Il ragazzo si fermò su i suoi passi, gli stivali ormai affondati nella neve che ricopriva le strade della città.

Il bruno girò sorpreso il volto verso la ragazza, con un sopracciglio alzato, prima di scoppiare in una risata.

<< Cosa trovi di così divertente in questa situazione? >> Chiese infastidita lei.

<< Tu. >> Rispose lui, come se fosse la cosa più ovvia.

<< Chris, non sto scherzando- >>

<< Mi mancava. >>

<< Cosa? >>

<< Era tempo che non mi chiamavi più con il mio nome... troppo tempo. >> Il suo tono si rifece sorprendentemente serio.

<< Che cosa c'entra- >>

<< Ormai era semplicemente diventato "Generale Bang". >>

<< Perché sei il mio generale, Chris, come ti dovrei chiamare? >>

<< Sono solo questo per te , un Generale? >>

<< Chris, non penso che questo sia il problema adesso. >>

<< Prima non mi sorprendevo se te ne uscivi con frasi forse troppo spontanee e poco convenzionali, ma quasi sempre con un motivo giusto... Diamine, come avrei potuto sorprendermi se per farmi ragionare prima mi avresti anche tirato un pugno. >>

<< Le cose sono cambiate adesso, non siamo solo noi due ormai, o solo qualche decina di soldati... sotto il tuo comando adesso c'è un'intera legione, Chris, non posso mancarti di rispetto! >> Cercò di spiegare.

<< È davvero questo il motivo? La guerra ti sta cambiando... ti ha cambiato. >> Il suo corpo ormai si era abituato a quelle temperature così estreme e volubili, che passavano dal caldo afoso al freddo che strappava la pelle dei più deboli a morsi, ma di certo non era pronto ad affrontare quelle parole. La sua pelle rabbrividì e il suo sangue si gelò, abbassò lo sguardo, portandolo più lontano dagli occhi di lui e trattenne il respiro per qualche secondo, come per paura che un suo sospiro sarebbe stato come confessare di essere d'accordo con quanto detto, ma perché aveva così paura di quelle parole?

Perché forse dentro di se sapeva che erano vere, anche se cercava di nasconderlo a tutti, anche se cercava di nasconderlo a se stessa, la verità era proprio lì e ben visibile.

La guerra l'aveva cambiata.

La guerra l'aveva logorata, come i denti affilati di un lupo che affondano nella pelle della sua preda e lentamente, strenuamente, la lacerano tutta, da parte a parte, fino ad arrivare ai suoi organi, al suo cuore, che divorano per poi non lasciare più nulla, ma solo una carcassa vuota.

La guerra l'aveva resa una carcassa vuota.

Perché prima aveva cominciato incidendo piccoli tagli, piccole ferite che sembravano quasi innocenti e innocue.

La paura nel vedere l'avversario negli occhi, guardandolo dritto nell'anima e sapendo che solo uno dei due sarebbe uscito vivo da quel duello.

E l'adrenalina di voler rimanere in vita e di non voler perdere, né per se né per tutti gli altri per cui combatteva, con la quale rimaneva aggrappata alla sua spada finché non l'avesse trafitta nel petto del nemico.

Ars ensisDove le storie prendono vita. Scoprilo ora