♤ Chapter eight ♤

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Dopo una lunga ed estenuante giornata di discussioni, preparativi e programmazioni, Chris era riuscito finalmente a rientrare nella casa nella quale si era sistemato dopo la battaglia del giorno precedente.

Sbattendo la suola degli stivali sul tappeto, che così venne ricoperto da un manto bianco e scuotendo la folta chioma di capelli neri dai fiochi di neve, si avvicinò al camino dall'altro lato della stanza.

La casa non era particolarmente bella o grande, ma le sue due stanze e il bagno la rendevano più che vivibile per il Generale, ormai abituato a dormire per terra, sull'erba o sul fango, a secondo del luogo e nel freddo della notte.

Perciò era più che contento di poter dormire su quel vecchio letto sgangherato, sul suo materasso duro e con quelle coperte impolverate, perché tutto quello era un lusso al quale per sette lunghi anni aveva dovuto rinunciare.

Buttando dei rami nel camino, si fermò accasciato davanti ad esso per poterne contemplare le fiamme che ripresero vita, riscaldando l'ambiente della stanza e restituendogli il colorito della sua pelle.

Quelle linee rosse e gialle avvampavano nell'aria e mentre si agitavano, scalciando l'una contro l'altra, riflettevano la loro immagine caotica nelle sue pupille scure.

Ma la sua contemplazione fu presto interrotta dal suono di alcuni brevi colpi che bussarono alla sua porta.

E aprendola si ritrovò faccia a faccia con una ragazza da alcune ciocche bianche, come quella neve che per la prima volta dopo secoli stava ricoprendo quelle terre, alquanto determinata.

<< Vengo con te. >> Ryujin affermò, con voce convinta e senza neanche dargli il tempo di potere esprimere la sua confusione, lo spinse di lato per entrare nel suo appartamento. << Voglio venire con te. >> Ripeté nuovamente dopo essersi tolta il mantello ed essersi girata di nuovo verso il generale per guardarlo dritto negli occhi e lasciarli capire che facesse sul serio.

<< Ryu- >> Cercò di dire, ma fu subito di nuovo interrotto.

<< No. Chan, avevi ragione. La guerra mi sta cambiando... mi ha cambiato e mentirei se dicessi che non mi fa paura. >> Esordì con le parole più difficili che avesse detto in vita sua, una confessione che aveva tenuto nascosta persino a se stessa, ma che era arrivata l'ora di rivelare, prima che rimanesse così nascosta da essere dimenticata.

<< E allora forse di cosa hai davvero bisogno, non è lasciarti tutto alle spalle? >> Chiese sinceramente il bruno. << Lasciare questa maledetta guerra al passato e cominciare a vivere come una persona normale, con un vita tranquilla e lontana dai pericoli. >> Il ragazzo non si augurava niente di meno di quelle parole per la ragazza davanti a se, la quale, nel corso degli anni, era diventata come una sorella minore per lui e per la quale voleva solo il meglio, che sapeva essere allontanarla da quella guerra, prima che fosse stato troppi tardi.

Più che un semplice soldato tra le fila che lui comandava, era un pezzo di puzzle fondamentale per far sì che le battaglie fossero tutte vinte, o almeno la maggior parte, quella persona sulla quale sapeva di poter fare pieno affidamento della battaglia anche nei momenti peggiori, perché sapeva che se fosse stato necessario, la ragazza avrebbe combattuto anche da sola contro una legione nemica intera, se fosse rimasta da sola l'ultima in piedi.

<< Quando sette anni fa mi sono unita alle tue forze, sapevo a cosa sarei andata incontro, ai rischi e ai pericoli che avremmo incontrato. >> Esordì Ryujin, incrociando le braccia sul petto e lasciando scorrere le dita lungo i suoi bicipiti, la dove qualche cicatrice, chi più grande, chi più piccola, era stata incisa da lame nemiche che erano sfuggite alla sua spada, lasciando il loro segno sulla sua pelle, per sempre. <<  Forse però allora sono stata troppo ingenua, ho sottovaluto le conseguenze delle mie decisioni, ma non quelle che questa guerra avrebbe lasciato sul mio corpo, se le fossi sopravvissuta, ma quelle sulla mia anima... >> Continuò, riuscendo a vedere davanti ai suoi occhi, la dove le fiamme del camino ardevano più forti, tutti i visi delle persone che aveva ucciso e che sul campo della battaglia, semplicemente per il colore della loro armatura, erano destinati a essere suoi nemici.

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