Parte V

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Salgo di corsa, arrivo con affanno alla porta, busso «Papà! Papà apri, sono Ginevra.»

«Ginevra tua madre mi sta facendo preoccupare, è molto pallida ed ha qualche linea di febbre

La voce di papà è afflitta, il suo viso una maschera di tristezza. Sono scoraggiata difronte a tutto questo, entro in camera da letto e la figura di mamma distesa è la cosa più straziante che abbia mai potuto vedere. Le sue gambe magrissime sbucano dalle lenzuola e con lo sguardo fisso e attonito infossato nelle orbite,
spalanca gli occhi. Sta cercando di riconoscere la persona che ha davanti, le sorrido dolcemente «Mamma sono io, come ti senti?» 
Fa cenno di sì con la testa, è il suo modo per dire sto bene. Dice sempre che sta bene e adesso ride addirittura, quel sorriso provoca felicità istantaneamente anche a papà.

«Hai visto come si riprende in fretta quando ti vede Ginevra, tutta la giornata è stata triste, adesso che ti ha vista è raggiante.»

Papà trova sempre una scusa per farmi ritornare a casa. Da quando mamma si è ammalata di un male ineluttabile, le sue energie vanno via via disperdendo.

«Papà, tranquillo sta bene», cerco di tranquillizzare lo stato d'animo di tutti.

«Come sei vestita Ginevra, dove hai preso questo abito?»

Papà viene distratto dal miniabito rosso, che copre ben poco. Mi rendo conto di colpo che entrare così in casa non è stato il massimo.

«L'ho preso in prestito da Angela papà» giustifico con aria colpevole.

«Figlia mia, non si addice a te quest'abito.»

«Andiamo a letto papà è tardi» taglio corto. Dopo essermi assicurata che stanno nel letto tranquilli vado in bagno, respirando sulla mia pelle avverto l'odore di Francesco, non mi dà fastidio percepirlo, mi innervosisce il fatto di trovarlo piacevole. Tolgo in fretta il vestito infilandomi nella doccia e lavo via tutto. Ritornata a letto non trovo pace, Morfeo viene a farmi compagnia alle prime luci dell'alba.

Sono le dieci del mattino, mezza addormentata origlio papà che parla con qualcuno, non ho voglia di alzarmi e mi rigiro nel letto abbracciando il cuscino. Quel gesto mi ricorda la sera prima, quando ero a letto con Francesco e poggiai il capo sul suo petto... ma che pensieri sciocchi che ho forse è meglio che mi alzi. Con i capelli arruffati e il pigiama con le stampe delle mucche mi dirigo in cucina e scorgo dalla porta adiacente alla sala da pranzo una sagoma, sto sognando penso. Stropiccio gli occhi e per poco non mi prende un colpo.
«Francesco! C- cosa ci fai qui?»

Lui è seduto a tavola con la mamma che gli tiene la mano e papà che racconta cose a caso. Un lampo di calore mi assale fino alla testa, noto il suo sguardo coinvolto dai racconti di papà.

Mi porge la busta con i contanti, mio padre la osserva, poi prosegue i suoi racconti a Francesco.

«Grazie per esserti preso il disturbo di passare, non era necessario. So che sei molto impegnato quindi ti accompagno alla porta.»

Francesco mi segue senza protestare.

«Ciao Desirèe.»

«Desirèe!?» ripete papà confuso.

Spingo Francesco facendolo uscire di botto fuori e richiudo la porta. Sospiro con le spalle appoggiate al muro quando un forte trillo del campanello della porta mi fa sussultare, apro convinta di trovare Francesco; invece, mi ritrovo la proprietaria che sbraita ancora per i soldi. Corro a prelevare 800 euro dalla busta che Francesco mi ha consegnato e saldo definitivamente il debito. Quando sto per rientrare nuovamente in casa mi accorgo che Francesco ha visto e sentito ogni cosa provo una vergognosa collera, gli occhi pulsano per cercare di respingere le lacrime evito di guardarlo non ce la faccio proprio. Che sfiga che ho! E poi perché mai è venuto qui, chi glielo ha chiesto, adesso ai suoi occhi sarò una miserabile, i pensieri mi devastano fortuna che la telefonata improvvisa di Angela sposta la mia attenzione.

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