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|𝘘𝘶𝘢𝘯𝘵𝘰 è 𝘣𝘳𝘶𝘵𝘵𝘰 𝘢𝘷𝘦𝘳𝘦 𝘱𝘢𝘶𝘳𝘢 𝘥𝘪 𝘧𝘪𝘥𝘢𝘳𝘴𝘪 𝘢𝘯𝘤𝘰𝘳𝘢?


POV: HARPER

Pensai a quel bigliettino tutta la giornata scolastica.

Non riuscivo a capire cosa fosse giusto e cosa, invece, sbagliato.

Perché mi faccio tanti problemi? Con Claire avevo fatto amicizia e, nonostante ancora non mi fidi di lei al cento per cento, ero sicura che non mi sarei fatta tutti questi drammi.

Sicuramente non avrei pensato tutta la giornata ad un bigliettino che mi ha scritto.

Con Jack era diverso, però.

Non riuscivo a provare le stesse emozioni che provavo quando ero con Claire, non riuscivo ad essere me stessa.

Forse perché ho paura che lui possa vedermi per come sono realmente e che quindi inizi ad odiarmi, e perché mi importava se lui mi avesse odiato o meno?

La testa mi stava esplodendo.

Dopo scuola tornai a casa, non andai subito al boschetto, non ero ancora sicura.

«Tutto bene a scuola?» mi chiese mia sorella mentre impiattava.

La guardai, non sapevo se dirle tutto e chiederle un consiglio o tenermi tutto per me, poi però mi guardò con quegli occhi.

Gli occhi che solo io sapevo riconoscere.

«Non so se oggi pranzo». Dissi brevemente.

Sembrava delusa e pensava che stessi male infatti mi chiese subito se dovesse chiamare il medico.

Io risi per la sua preoccupazione e decisi di uscire dallo zaino il bigliettino e glielo porsi davanti.

Lei lo lesse con attenzione e poi sorrise.

«Qualcuno qui è innamorato della mia sorellina!!!» disse vedendomi a fare il solletico per farmi rilassare, aveva notato la mia tensione e il mio imbarazzo.

«Smettila, non è vero». Le risposi fredda.

In effetti non poteva mai essere innamorato di me, non ci conoscevamo neanche bene.

«Quindi che fai ancora qua? Scuola è finita da venti minuti e lui sarà già lì ad aspettarti» mia sorella mi incoraggiò e allora, solo in quel momento, decisi di andare.

Mi ci vollerò solo pochi minuti per arrivare fin lì.

Mentre camminavo per arrivare all'entrata lo vidi da lontano giocherellare con la sua collana, un po' triste, forse dal fatto che non mi fossi presentata.

Pochi istanti dopo sentii i miei passi e alzò lo sguardo più veloce che mai. Sorrise.

«Ce ne hai messo di tempo, eh!» disse, alzandosi dalla panchina per avvicinarsi.

Stavo facendo la scelta sbagliata?

«indecisioni» gli risposi.

Lui capii cosa intendessi dire e non disse nulla.

Io poi ripresi il discorso, chiedendo di cosa volesse parlare.

«Di te» mi rispose.

In quel momento ebbi più paura che mai, avevo paura che mi avesse vista all'ospedale, avevo paura che avesse capito cosa nascondevo dietro a quei miei rarissimi sorrisi, avevo paura che avesse capito me.

𝒐𝒍𝒕𝒓𝒆 𝒐𝒈𝒏𝒊 𝒍𝒊𝒎𝒊𝒕𝒆Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora