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Era sabato, niente scuola. Ero in bagno a prepararmi.
"Carl, sei pronto?" Chiesi alzando un po' la voce.
"Si" Rispose.
"Spacciate droga di sabato mattina?" Chiese Frank, che sapeva che io spacciavo già da un po', e sapeva anche di Carl a quanto pare.
"Già" Rispose Carl, mentre io uscivo dal bagno.
"Sono fiero di voi, i miei figli preferiti" Si congratulò Frank, io, sulla soglia delle scale lo guardai male arricciando le sopracciglia, poi scesi.
Carl mi aspettava sulla porta, mentre guardava il telefono, e appena lo raggiunsi uscì.

"Carl. G Dogg ha un lavoro per te" Annunciai appena abbastanza lontani da casa.
"Sul serio? Che ficata!" Rise.
"Si, più o meno. Devi consegnare cinque chili di eroina in Michigan" Spiegai.
"In Michigan? E come faccio?" Chiese, non ridendo più.
"Non ne ho idea. In ogni caso verrò anche io. Potremmo chiedere a Mickey se ci da un passaggio, ma vorrà dei soldi in cambio. Spenderemo meno ad andare in autobus" Spiegai. Carl annuii.
"Ma non è più rischioso in autobus?" Chiese.
"È vero anche questo"

Facemmo i soliti giri, vedemmo la solita roba. Nulla di interessante, se non un senzatetto che ci rincorse perché avevo rifiutato di vendergli dell'ossicodone a 5 dollari.

Quando rientrammo a casa era ora di pranzo.
"Ehi. Dove siete stati?" Chiese Fiona.
"Ahh...in giro" Dissi in fretta. "È tornato Ian?" Domandai subito dopo.
"Si, è di sopra" Rispose. Carl andò subito al piano di sopra, mentre Fiona mi fece segno di restare, portandomi in salotto.
"Non me la raccontate giusta tu e Carl" Disse incrociando le braccia.
"Perché?" Chiesi.
"Becky." Mi parlò con gli occhi.
"Ma no! Fiona, ho chiuso con quella roba, te lo giuro!"
"E allora dove li prendi tutti i centoni che nascondi nella sveglia?" Chiese.
"..."
"Beck, lo so che ormai non posso fare più nulla per te, lho capito da molto tempo, e non sai quanto mi dispiaccia. Però per favore, Carl ha solo 12 anni..."
"Carl non c'entra nulla, te lo assicuro"
"E allora perché state sempre insieme? Uscite sempre nello stesso orario, e si sta iniziando a comportare come te...come le persone come te"
"Che vuol dire? Si sta iniziando a comportare come me? Eh? Cosa cazzo vuol dire? Intendi che si sta iniziando a comportare da persona nera, non è vero?" Dissi scaldandomi, alzando la voce.
"Ma no, non intendevo ques..."
"Hai mai pensato che sto più con lui che con gli altri perché voi mi ignorate, invece? Lip non mi ha rivolto la parola da quando sono tornata, Ian non sa nemmeno che sono uscita, Debbie si comporta come se mi odiasse, e Liam non si ricorda nemmeno che sono sua sorella perché quando sono stata arrestata era troppo piccolo per ricordare. E tu, tu ti sei sposata e io lho scoperto oggi, invece che l'altra sera come gli altri. Carl è l'unico in famiglia che mi considera. Non ti sorprendere se passiamo tempo insieme, e non ti sorprendere nemmeno quando non tornerò più a casa la sera perché probabilmente sarò con qualche proiettile nel corpo a morire sotto un ponte, e l'unico che mi cercherebbe sarebbe Carl perché per voi starò solo facendo cose da criminale, come sempre!" Urlai. Alle ultime frasi mi iniziarono a uscire delle lacrime, sia di tristezza che di rabbia.
"Devo andare" Dissi solo alla fine, dopo aver preso un bel respiro e essermi resa conto della figura da sfigata che stavo facendo, uscendo e asciugandomi le lacrime. Anche Fiona aveva gli occhi lucidi, nella casa era calato il silenzio e tutti bene o male stavano ascoltando.
Colpo basso. Tanto, tanto basso. Però era la verità. Tutti là dentro mi trattavano come se fossi una sconosciuta. Come se non fossi di famiglia. Tutti tranne Carl. Forse eravamo più legati perché avevamo gli stessi interessi, però non è un buon motivo per gli altri per scartarmi.
Ah, si. Avevo detto che dovevo andare, e invece non andavo da nessuna parte. Mi sedetti sulle scalette del portico di casa, con una sigaretta in mano e gli occhi rossi. La porta si aprì dietro di me, e Fiona si sedette accanto a me. Ci fu un buon minuto di silenzio.
"Scusami se ti abbiamo trascurata, scusami se ho pensato, mentre eri in carcere, che la casa era un po' più tranquilla senza di te, scusa se non ti siamo stati vicini quando sei uscita, o non ti abbiamo dimostrato quanto ci sei mancata. E scusa anche se siamo venuti a trovarti pochissime volte, quasi mai" Disse. Io non risposi.
"Sei cambiata un sacco, lo sai? Anche io sono stata in carcere, Liam è quasi morto per aver preso la mia coca quindi sono stata per un po' ai domiciliari, poi ho violato la condizionale e sono tornata dentro, e poi sono uscita." Spiegò.
Io ridacchiai. "Sembra familiare" Infatti era successo anche a me di violare la condizionale.
"Perché sei cambiata così tanto? Cioè...è stato solo il carcere o..."
"Abbie. La mia migliore amica" Iniziai.
"Oh, si, avete litigato?"
"È morta. L'hanno uccisa. La polizia l'ha uccisa. E sai perché? Perché si stava difendendo da un ragazzo bianco che la voleva molestare, e lei gli ha spruzzato lo spray al peperoncino addosso. E i poliziotti le hanno sparato in fronte, perché era nera" Spiegai.
"O mio dio, Becky, noi...noi non lo sapevamo" Mi abbracciò. A me iniziarono a scendere ancora delle lacrime.
"Non è giusto, Fiona...Non...non è giusto!" Singhiozzai sulla sua spalla.
"Mi dispiace tanto..." Disse.
"È successo mentre io ero in prigione...non ho potuto fare nulla per lei, non mi hanno fatto nemmeno andare al suo funerale" Piansi.
"Mi dispiace Beck..." Continuai a piangere, poi quando mi ripresi entrammo di nuovo dentro. C'era Carl sugli ultimi scalini delle scale.
"Beck...So che non è il miglior momento per chiederlo visto che hai gli occhi lucidi, però...ecco, dovremmo andare" Disse cercando di far capire quello che diceva senza dire che dovevamo andare in Michigan.
"Ah...si. Arrivo, vado a lavarmi la faccia." Dissi salendo le scale.
"Dove andate?" Chiese Fiona.
"A fare un giro" Spiegai sparendo alla fine della scalinata.
Mi lavai la faccia, presi cinque dollari per il biglietto e scesi.
"Dov'è Carl?" Chiesi a Frank, che era seduto sul divano.
"Sul retro, sta mettendo la droga su Chucky" Rispose con indifferenza.
"Cos...? Su Chucky?! Perché?" Continuai sempre a bassa voce.
"Ma non vi vedete? Lui ha la faccia da delinquente e tu da gangster. Siete come un piatto di carne marcia che puzza, e si sente da molto lontano. Chucky invece è un piatto di carne cruda e fresca. Non avrete problemi" Spiegò. Io sbuffai e uscii sul retro. Sbirciai nel van nel giardino e ci trovai Carl che attaccava i sacchetti di eroina su Chucky. Aprì di botto la porta, e Carl saltò in aria.
"Cristo, Becky!" Sbottò.
"Che c'è?" Chiesi ironicamente. "Su, avete finito? Arriveremo tardi" Incitai.
"Si, si. Rimettiti la maglietta, e sta zitto. Non devi dire a nessuno questa cosa, va bene?" Si raccomandò poi Carl, spingendo giù dal van la palla di lardo.

Arrivammo alla stazione del bus, prendemmo i biglietti e ci sedemmo nella sala d'attesa.
"Dove andiamo Zio Carl?" Chiese Chucky.
"Perché ti chiama Zio?" Domandai io confusa, ma non mi rispose.
"In Michigan" Disse.
"E quando torniamo?"
"Sta sera"
"Va bene, ragazzino. Adesso chiudi la bocca e non fai più domande, ok?" Ordinai poi.
"Oh, cazzo...Carl! Via, via!" Dissi a  bassa voce. Entrarono nella stazione dei poliziotti con i cani antidroga. Riprendemmo gli zaini che avevamo poggiato sulle sedie e ci allontanammo da Chucky e dalla stazione, uscendo dal retro dell'edificio. Poco dopo sentimmo i cani abbaiare, così iniziammo a correre.

Rebecca Gallagher. SHAMELESS STORYDove le storie prendono vita. Scoprilo ora