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Quando tornammo a casa la prima cosa che feci era raccattare tutte le mie bombolette spray sparse in cantina e ficcarle nel mio zaino nero. Lavorando in nero non potevi 'metterti in mutua' o cose del genere, quindi nonostante l'incidente, dovevo lavorare la notte e iniziare a mettere in atto il piano della vendetta.

Eravamo tutti al tavolo, mangiando pollo fritto di KFC, quando, buttando l'occhio sull'orologio, realizzai di essere in ritardo.
"Oh cazzo! Sono in ritardo, vado a lavoro, non tornerò prima delle cinque forse" Dissi, afferrando il mio zaino che stava sulle scale e uscire velocemente dalla porta del retro.

Arrivai velocemente al mio angolo, non essendo molto lontano da casa. Ero stata spostata un po' più lontana dal territorio degli Alligatori, e per protezione G Dogg mi aveva dato un'altra  pistola, una Glock 17 nuova, visto che quelle che ho spesso si inceppano e mi avevano fatto rischiare più volte di essere colpita. 
Le prime persone arrivarono più o meno una mezz'oretta dopo che arrivai, e servii tutti senza intoppi. Il mio turno finì alle 23, e subito dopo mi incontrai con una ventina dei miei compagni, con i quali andammo nel territorio degli Alligatori entrando da un area specifica su cinque auto costose e tirate a lucido. Gli Alligatori, nonostante fossero abbastanza numerosi, erano disorganizzati, e non difendevano il loro confine in alcuni punti.
Riuscimmo a penetrare anche più al centro del dovuto, poi, ci fermammo davanti a un palazzo che affacciava su una delle strade principali. Avevamo tutti la faccia coperta, chi una bandana sul muso e chi il passamontagna, tirando fuori tutte le nostre bombolette e iniziammo a imbrattare il palazzo. Poi, strisciano da un marciapiedi all'altro, continuammo a colorare di nero tutti i muri che vedevamo, e anche le auto e le case. Quando stavamo per andarcene, passammo dalla piazza principale, dove c'era una possente chiesa. E anche una macchina parcheggiata, che diventò un gigantesco falò, dopo averci buttato della benzina e due accendini dentro. Poi, sulla chiesa, scrivemmo con le bombolette: "You shouldn't have touched our lady" -"Non avresti dovuto toccare la nostra ragazza"- Alex aveva deciso di mettersi contro di noi, e adesso noi gli avremmo mostrato cosa voleva dire picchiare l'unica donna della gang più potente del South Side. Riuscimmo a lasciare il territorio in tempo prima che la polizia riuscisse a seguirci.
Nella mia macchina c'era anche Jeremy, e Yesus e Thom. Altri fidati più stretti di G. Loro erano anche parte della mia famiglia. Ovviamente nella gang in generale ci saranno state più di 300 persone, e non potevo considerare tutti cosi vicini, però loro tre erano nella lista dei fratelli.
Yesus era un clandestino cubano che ho conosciuto in un rifugio quando ero scappata di casa tipo la quinta volta, invece Thom era americano, ma aveva i genitori venivano dalla Guinea Bissau, quindi era nero anche lui.

Come previsto, mi portarono a casa alle cinque e mezza, e quando arrivai trovai Lip e Ian sul divano, ancora svegli, mentre Carl dormiva su un sacco a pelo (tutto ciò perchè Frank ha deciso si appropiarsi del piano di sopra, quindi dormiamo in salotto), con una birra in mano e un film sulla TV.
"Che cazzo ci fate ancora svegli?" Gli chiesi.
"Eravamo preoccupati" Disse Lip sospirando.
A me scappò una risatina. "Ero con degli amici. Non dovevate restare svegli per una cazzata del genere"
"Becks, le tue ferite sono gravi, non saresti dovuta andare in giro" Commentò Ian.
"Uff...Sto benone, qualche giorno e torno come nuova" Sbuffai. Subito dopo sentimmo un tonfo, quindi ci girammo. Un fottuto procione ci osservava, forse caduto dal soffitto. Ian e Lip si alzarono subito, dando una botta a Carl per farlo svegliare.
"Cazzo!"
"Che c'è?" Chiese Carl sopraffatto.
"Quello!" Indicai l'animale, e questo balzò in piedi allontanandosi il più possibile, mentre Lip raggiungeva la mazza da baseball attaccata al muro.
"E non dite che papà non vi ha mai regalato un animaletto!" Disse Frank, sbucando dal buco sul soffitto da cui aveva fatto cadere il procione, e io gli mandai un terzo dito molto fiero.

La mattina dopo decidemmo di riappropriarci del piano di sopra, che Frank aveva barricato con dei mattoni. Quindi presimo, pale, martelli, picconi; di tutto, insomma, per distruggere i due muri. Io presi il martello.
"Io avevo degli esplosivi in camera..." Dissi mentre cercavo di riprendere fiato dopo aver spaccato il primo strato di cemento, e Fiona mi guardò male.

Il pomeriggio lo passai al solito angolo, vendendo droga, fumando erba e facendo dei turni al Patsy. Solita merda, tranne che ricevetti una chiamata da G Dogg, che mi disse di raggiungerlo immediatamente. "Lo stronzo polacco è qui" Queste furono le sue esatte parole, quindi io non spesi un secondo in più e mi precipitai da lui.

Rebecca Gallagher. SHAMELESS STORYDove le storie prendono vita. Scoprilo ora