Quando salgo in camera quella sera mi addormento quasi subito, cullata dal canto delle cicale che entra dalla finestra aperta, e⸺
mi trovo subito nel mio prato, onde di verde che si muovono con il vento. Le lame d'erba sono pesanti di gocce d'acqua che sembrano contenere mondi interi al loro interno. Alzo il viso verso il cielo lasciando che la pioggia lieve si accumuli sulle lenti dei miei occhiali e lavi via qualsiasi pensiero che non appartenga a questo luogo, poi apro la bocca: la pioggia sa di tè verde e di succo di mela. Rido dalla sorpresa, estendo le mani a coppa e bevo fresca felicità liquida. Solo quando sento la pioggia iniziare a gocciolarmi dai capelli mi muovo per raggiungere la casetta, passi lievi su terra umida. La immagino confortevole, con un caminetto acceso davanti al quale asciugare i vestiti, una vasca con le zampe di leone piena di acqua calda con cui lavarmi, un grande letto coperto di cuscini sul quale distendermi e alla parete un telo bianco tipo cinema privato dove vengono proiettati i miei film preferiti: Dracula di Bram Stoker, Breakfast Club, The Nightmare before Christmas, Intervista col vampiro, Edward mani di forbice. Erica mi ha preso sempre un po' in giro per Breakfast Club, che secondo lei non ha nulla a che fare con il resto e non è abbastanza figo e dark per lei, ma che devo farci? Lo adoro.
Arrivo alla casetta e cerco di scrollarmi un po' di pioggia di dosso, poi entro: l'interno è esattamente come l'avevo immaginato. Il fuoco crepita nel camino e Dracula di Bram Stoker è appena iniziato; mi tolgo subito i vestiti zuppi di dosso, appendo tutto davanti al caminetto e mi immergo nella vasca. L'acqua tiepida è esattamente ciò che ci vuole dopo quella passeggiata nella pioggia. Mi lavo anche i capelli, poi esco, mi asciugo e mi infilo in una maglietta enorme per me e in un paio di pantaloncini di spugna appoggiati a una sedia lì vicino; mi lancio subito sul letto, ridacchiando dalla gioia come una bambina quando sprofondo tra i cuscini morbidissimi. Mi sono appena messa comoda supina, il mento sostenuto da entrambe le mani, quando la porta si spalanca.
«Ooh, mi piace cosa ne hai fatto del posto», dice una voce conosciuta, e sorrido.
«Ciao, Lavinia. Fai pure come fossi a casa tua», rispondo sporgendomi per guardarla. La maglietta bianca con la scritta "Hard Rock Café- London" e la gonna nera a fiorellini gialli le si sono appiccicate così tanto al corpo dalla pioggia che riesco a intravedere il reggiseno e ogni curva generosa del suo corpo. Distolgo veloce lo sguardo.
«Grazie dell'invito a mettermi comoda nel mio sogno», dice lei, sarcastica. «Credo che farò un bagno, visto che c'è la possibilità.»
«Umm, certo, fai pure. Io...io guardo il film. Non sbircio, promesso.»
Mi sistemo gli occhiali, nervosa, e mi concentro sulla storia, anche se la conosco a memoria: Dracula ha appena riconosciuto in Mina la reincarnazione della sua amata Elisabeta e sta per partire alla volta di Londra, dopo aver lasciato Harker nel suo castello. Alzo pure un po' il volume per non sentire lo sciabordio lieve dell'acqua mentre, presumo, Lavinia entra in vasca e inizia a lavarsi.
«Ho sempre pensato che la relazione tra Mina e Lucy fosse...un po' sospetta», la sento dire alle mie spalle. Sul telo sono proprio ora proiettate loro due, vestite di rosa e azzurro mentre ridacchiano complici e sfogliano un libro dalle illustrazioni spinte, vicine e intime come amanti. Deglutisco. Lavinia esce dalla vasca, fa il giro del letto e si distende accanto a me, anche lei in maglietta e pantaloncini. Le nostre spalle si toccano.
«Sarà per questo che amo questo film», scherzo. Lei, però, resta seria; si appoggia invece solo su una mano, inclinando il busto verso di me.
«Francesca, non hai mai pensato al primo sogno in cui ci siamo incontrate?» Abbassa lo sguardo. «A...quello che stavamo facendo mentre ti sei svegliata?»
Sento le guance che cominciano ad arrossarsi e spero che non si noti troppo. Certo che ci ho pensato. Quasi ogni giorno da allora.
«Sì, ci ho pensato», ammetto anche a voce alta.
«Hai mai...baciato qualcuno? Nella vita reale?»
Improvvisamente fa molto caldo.
«No», dico. «Tu?»
«Sì.»
«Una ragazza?»
«No. Un ragazzo che mi piaceva.»
«Ah.» Quelle poche parole pesano per un attimo, poi ripenso alla donna in rosso che dice "fiol (figlio, NdA) mio, la bisessualità esiste" durante l'incontro a Verona. Deglutisco.
«Ti...ti piacerebbe provare a baciare una ragazza, allora?» Chiedo sottovoce, e per un attimo temo che la mia domanda si sia persa nell'audio del film e tra i battiti del mio cuore, tanto chiassosi da riuscire a sovrastarla.
«Sì, mi piacerebbe», dice, e mi sfila gli occhiali ancora un po' bagnati; non me lo faccio ripetere due volte: mi avvicino e allungo una mano verso i suoi capelli ancora umidi. Si stanno asciugando all'aria in boccoli deliziosi. Ne porto uno alle labbra. Sa dello shampoo che ho usato anch'io in vasca. Di vaniglia. Dolce quanto lei.
Inspiro a fondo, lascio andare la ciocca, le infilo la mano tra i capelli ancora bagnati alla base del collo e muovo gentilmente in avanti la sua testa. Ora tra le mie labbra e le sue ci passerebbe a malapena un mignolo. Da questa distanza riesco a sentirla trattenere il respiro. Sorrido, socchiudo gli occhi e finalmente la bacio. Le sue labbra si schiudono sulle mie, calde e soffici. Non solo profumano di ciliegia ma anche il sapore è quello, e non riesco a pensare ad altro, è come se tutto ciò che ci circonda non esistesse più. Persino Dracula sembra essersi silenziato, e prima il volume mi sembrava fin troppo alto.
Quando il bacio diventa più profondo, intenso tanto da cancellare qualsiasi pensiero che non sia su di lei e su quanto mi senta bruciare dal desiderio di toccarla, sento una forza tirare verso l'alto; mi blocco e apro gli occhi: ci stiamo sollevando in aria. Se questo fosse un film, la canzone che ci accompagnerebbe ora non potrebbe essere altra che Kiss me dei Sixpence None The Richer.
Anche Lavinia si si rende conto che stiamo galleggiando: si ferma, poi ride e aggancia la sua gamba nuda alla mia. Sussulto e le afferro la vita e la bacio ancora e cancello qualsiasi distanza rimasta tra di noi. Continuiamo a baciarci a mezz'aria, le mani che accarezzano e tracciano rotte sui nostri corpi coperti da una stoffa che mi sembra sempre più spessa e ingombrante.
«Dovremmo fermarci», dico prendendo aria, divisa tra il desiderio di andare oltre e il timore per qualcosa che non conosco e non mi sento ancora pronta a fare: anche se siamo in un sogno, anche se credo che lei sia frutto della mia immaginazione, anche non ci sono conseguenze.
«Va bene», dice lei con un sorriso, e come se ci fossimo lette nel pensiero discendiamo piano sul materasso. Mi prende la mano e la bacia e io la abbraccio e restiamo così per un po', le teste appoggiate l'una all'altra e i cuori che battono ancora fragorosi, come se volessero uscire dalla prigione dei nostri petti e incontrarsi.
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Come uscita da un sogno
Novela JuvenilÈ l'estate del 1999, Francesca ha 16 anni ed è costretta a trasferirsi da sua nonna per un mese in uno sperduto paesino della campagna in provincia di Verona. Quello che si preannuncia l'agosto più noioso di sempre si rivelerà invece per lei, grazie...