Mi sveglio intorpidita di felicità e per tutta la mattina, mentre aiuto la nonna a cucinare e riempire vasetti di calda confettura di pesche, non faccio che rivivere i momenti passati con Lavinia. Sono così impaziente di rivederla che dopo pranzo imito la nonna e salgo in camera a fare un riposino invece di fare zapping senza senso tra la pigra, diurna programmazione estiva. Abbasso le tapparelle, mi distendo sopra le lenzuola e cerco di rallentare il respiro e il pulsare veloce che sento fino in gola. Chiudo gli occhi e anche se con un po' di fatica
mi ritrovo là, in quel luogo magico che riesco a raggiungere quando sono felice, là dove il mio primo bacio è sbocciato sgargiante come i fiori nel prato immenso che mi circonda.
Mi alzo in volo con un sorriso idiota che non riesco a cancellare dal mio viso, e perlustro il circondario. Vedo una figura seduta sul pontile del lago sul quale si affaccia la casetta dal tetto rosso e mi precipito in volata. Lei è in costume, un due pezzi a quadretti bianchi e rosa pastello che scopre l'adorabile rotondità del ventre. Basta così poco per farmi andare a fuoco le guance e sospiro mentre plano verso di lei: è così bella, non ci credo che la mia immaginazione sia riuscita a fabbricare una creatura tanto perfetta.
«Non sei in abiti adatti», fa notare lei indicando i miei pantaloncini di jeans grigi e maglietta delle Hole quando la raggiungo.
«Hai ragione», dico; mi concentro e in un attimo i miei abiti scompaiono e mi lasciano in un bikini a triangolo nero, che si intona al bracciale con le borchie che ho al polso. «Speravo di trovarti», le dico poi sedendomi accanto a lei, e lei sorride, mi si avvicina e sfiora la mia punta del naso con la sua. Sento il suo respiro sulla mia pelle prima che si faccia ancora avanti e mi baci.
Il nostro secondo bacio.
Mi ricordo da quando ancora leggevo Cioè di un articolo che parlava di come il secondo bacio sia spesso più difficile del primo, ma immagino che non sia così per tutti. Intreccio le mie dita alle sue e con l'altra mano seguo alla cieca la linea che va dalla sua guancia piena, al collo, fino alla clavicola nuda.
«Anch'io ci speravo», dice quando si stacca. Appoggio la testa alla sua spalla e accarezzo con il pollice la mano che le tengo stretta. Sotto il pontile sul quale siamo sedute il lago è trasparente e la sabbia chiara del fondale si ombreggia delle leggere increspature in superficie. Calo un piede a sfiorare l'acqua.
«Raccontami di te», dico mentre guardo una miriade di minuscoli pesciolini argentati nuotare in banchi davanti a noi. «Che cosa ti piace fare? Che cosa ti interessa? Che cosa ti dà fastidio immotivato, quello che senti sottopelle e che ti informicola le dita?»
Lei ride.
«Aw, pensavo che avessimo stretto un tacito accordo di restare affascinanti e misteriose.»
«Certo che no», rispondo, indignata. «Ma non c'è stato molto tempo di raccontarci la vita a vicenda finora, no?»
«Giusto. Eravamo impegnate in attività decisamente più piacevoli.» Rido in silenzio e lei fa lo stesso. «Beh...che cosa mi piace fare.» Ci pensa un attimo: «Mi piace disegnare. È tipo la mia vita, senza mi sento persa.»
«Bello», sussurro, persa nelle sue parole e tra le sue dita morbide intrecciate alle mie. «Che cosa disegni di preciso?»
«Oh, un po' quello che mi capita. Cose che vedo, cose che vorrei vedere. Cose che sogno.»
«Tipo me?» Scherzo.
«Sì, tipo te.»
Mi blocco e mi schiarisco la voce, in leggero imbarazzo: «Umm, e in che stile disegni di solito?»
Socchiudo gli occhi. È così pacifico qui, e la vicinanza calda di Lavinia mi tranquillizza; quello stato di costante, lieve tristezza che accompagna le mie giornate scivola via piano quando sono con lei. Penso che vorrei poterla avere al mio fianco anche nella realtà e sento una piccola fitta incrinare la serenità di quel momento. La verità è che non potrò mai sentirmi così nella realtà, perché la sua esistenza è legata a questo luogo. Credo.
«Una cosa a metà tra il realistico e lo stile manga», risponde lei, ignara dei miei pensieri. «Sì, sai...fumetti giapponesi. Li conosci?»
«Guardo i cartoni», dico, «tipo Dragonball; ma non credo di averne mai letto uno.»
«Cartoni? Ooh, hai tanto da imparare», dice, l'entusiasmo palpabile tra le sue parole. «Lascia che ti introduca al meraviglioso mondo dei manga e degli anime», annuncia, pomposa, e comincia a raccontare. L'ascolto rapita mentre mi parla di quel manga e di quella rivista di cui non perde nemmeno un numero (Kappa Magazine?), di quel personaggio che adora e dei termini che indicano il pubblico per il quale sono scritti, di come in Giappone funzioni in modo diverso, che tutti là leggono manga, anche gli adulti, e non sono considerati cose da ragazzini come qua; io sorrido, affascinata: impossibile non essere contagiata dalla sua passione. Solo quando
mi sveglio, dopo aver parlato in sogno per quelle che sembrano ore di ciò che amiamo, di ciò che abbiamo in comune e delle nostre differenze, ci ripenso e mi chiedo come sia possibile, se Lavinia è una creazione della mia mente, che mi abbia raccontato con precisione di cose di cui io non avevo la minima idea.
![](https://img.wattpad.com/cover/347923068-288-k531694.jpg)
STAI LEGGENDO
Come uscita da un sogno
Teen FictionÈ l'estate del 1999, Francesca ha 16 anni ed è costretta a trasferirsi da sua nonna per un mese in uno sperduto paesino della campagna in provincia di Verona. Quello che si preannuncia l'agosto più noioso di sempre si rivelerà invece per lei, grazie...