Capitolo tre

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Quella notte, Gabriela sognò di essere in compagnia di Fernando, ma poi questi cambiò aspetto e divenne quel giovane sconosciuto.
Si trovavano sempre lì, al cimitero, e nonostante lei gli rivolgesse la parola, lui continuava imperterrito a non risponderle. Allora gli si avvicinò e lo fissò, occhi negli occhi.
Si svegliò nel preciso istante in cui, contrariata dalle mancate risposte, decise che gli avrebbe voluto dare un pugno.
Fissò il soffitto e rise perché aveva ancora la mano chiusa, pronta a sferrare il colpo.
«Giuro che se ti rivedo, questo non te lo leva nessuno.»

Pensò a Fernando e si sentì ancora una volta in colpa per come lo aveva trattato. Perché lui, da che erano piccoli, era sempre stato premuroso e gentile, mentre lei, invece, si sentiva una brutta strega perché non ricambiava quello che sentiva lui.
Non glielo aveva mai detto in maniera chiara, ma lei aveva notato che, crescendo, lui era cambiato. Così preferiva averci poco a che fare, perché non riusciva nemmeno più ad abbracciarlo con affetto senza pensare che lo avrebbe illuso.
Guardò il soffitto e sbuffò.

«Perché non si può restare piccoli? Era tutto meno complicato», pensò sospirando.

Si alzò e prese una cartella con dei fogli e delle matite. Quando era pensierosa o triste, riusciva a scaricare tutto quello che provava, disegnando senza sosta.
Così, senza nemmeno rendersene conto, cominciò a disegnare il suo amato nonno. Lui la capiva sempre al volo e la viziava tremendamente essendo la piccola di casa.
Il suo abuelo: colui che aveva eletto a esempio d'amore perfetto. Mai un litigio, mai una parola di troppo, mai arrabbiato. Non seriamente perlomeno e non con sua moglie. Battibeccavano certo, tantissimo; tuttavia, sapeva sempre come farsi perdonare.

«Questo te lo metto sull'ofrenda come dono appena lo avrò terminato, nonnino» concluse guardando la sua opera ancora incompleta, ma orgogliosa perché trovò che le stesse venendo davvero somigliante. Poi prese in maniera fulminea un altro foglio e cominciò a disegnare quegli occhi neri che tanto l'avevano colpita la sera prima. Più neri del nero della notte, color del carbone e dei corvi; occhi grandi e dalle lunghe ciglia. Ma a un certo punto si ricordò che avrebbe dovuto iniziare a cucinare per la festa, per la quale mancavano solo due giorni e aveva ancora da portare le candele sulle sepolture.

«Oh, mio dio è tardissimo!»

Ritirò i disegni nella cartella, si alzò sbattendo l'alluce del letto e si morse appena una mano.
«Non dire parolacce, non dire parolacce!»  ripeté saltellando su un piede solo.

Si preparò in maniera frettolosa e scese al piano di sotto. Sarebbe stata una lunga giornata in cucina e stavolta la sorpresa la ricevette lei trovando la sua abuela già in cucina, nel suo vestito colorato, con i capelli legati stretti sulla nuca e armata di grembiule.

«Nessuno può battere Julieta quando c'è da preparare il pan de muertos», disse l'anziana divertita, mentre le agitava contro il dito indice appena la vide scendere dalla scala. Le porse una tazza di caffè, che Gabriela accettò immediatamente.
«Mentre aspettiamo tua madre, controlliamo se mi sono ricordata tutti gli ingredienti, che ne dici?»

Nessuno avrebbe mai insinuato una cosa simile, non di Julieta. Ma l'età avanzava e così, lei stessa, nonostante fosse più che in gamba, preferiva avere la conferma che ancora ci fosse del tutto con la testa.
Gabriela la guardò sollevando un sopracciglio e, sfoderando tutta la sua teatralità, si alzò in piedi. Con atteggiamento militare e le mani dietro la schiena cominciò a camminare avanti e indietro davanti al piano della cucina.
«Allora... Mmm... Mmm... Farina», annotò nella sua lista invisibile, «Zucchero, uova, latte, burro e aromi. Direi che c'è tutto. Ottimo lavoro soldato Julieta.»

In tutto questo, l'anziana donna ridacchiava divertita e soddisfatta.
Gabriela sapeva che la nonna stava invecchiando, tuttavia non voleva pensare al fatto che prima o poi avrebbe dovuto salutarla.

Fiori nell'aldilà - una storia d'amore trascendentale Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora