Capitolo otto

122 45 219
                                    

Fu così che Gabriela si trovò al centro della piazza, trascinata dalla piccola mano di Dante. 

Si guardò intorno; era tutto così meraviglioso, colorato, pieno di profumi, di cibo speciale, pieno di gente, di cui la maggior parte truccati come lei. C'era chi guardava i dolci finemente lavorati, chi i gioielli accattivanti, chi si godeva la musica dei suonatori di strada.

Tante piccole maschere la guardavano, accanto alla fontana, in attesa che cominciasse a raccontare loro qualcosa. Anche Alejandro la guardava con la stessa espressione di grande aspettativa dei bambini. 

Lei si schiarì la voce, radunò le idee e cominciò a raccontare:

«C'era una volta, Quetzalcoatl. Lui era un dio buono e bello, figlio del dio azteco del cielo e della dea della terra.

A quel tempo la terra era così generosa, che crescevano fiori e frutti senza faticare, le pannocchie di mais erano così grandi», allargò le braccia più che poté fare, «che un uomo poteva portarne una sola e il cotone crescendo, diventava colorato secondo i desideri.» Gabriela si muoveva mentre raccontava, accompagnando ogni passaggio con la gestualità, calamitando l'attenzione di tutti i bimbi, Alejandro incluso.

«Un giorno, Quetzalcoatl dovette partire, affidando alla bellissima principessa, sua sposa, il grandioso tesoro che era composto di tutte le ricchezze del mondo. In sua assenza la città fu assalita dai nemici, i quali volevano costringere la principessa ad indicare loro dove fosse nascosto questo tesoro per portarlo via. Tuttavia non ci riuscirono perché lei non parlò mai. 

Allora…», fece una pausa strategica, poi proseguì, «…fu uccisa e dal sangue versato nacque la pianta del cacao, il cui frutto nasconde un tesoro di semi amari come le sofferenze dell'amore, forti come il suo coraggio e rossi come il suo sangue.»

«Quindi il cacao è il sangue della principessa?» disse uno dei bambini in una smorfia schifata.

«Ma no! È solo il colore. Vero, Gabriela?» gli rispose un'altro.

«Sì, è solo il colore. Fu il suo regalo per ricordarci di lei e», sorrise prima di esortarli,  «ora andate a divertirvi, forza!»

Si alzarono da terra e si sparpagliarono rapidamente tra le varie bancarelle; tutti tranne Alejandro, che la guardava con uno stupido sorrisetto.

«Che c'è?» disse lei a denti stretti e sottovoce.

«Niente mi vida. Ero incantato dalla tua narrazione, però, permettimi una domanda. Racconti sempre storie così allegre ai bambini?»

Si guardò attorno per essere certa che nessuno la stesse osservando, poi gli rispose in un sussurro:

«È cultura! Non sono solo storie. Ma se vuoi la prossima volta gli racconto di un ragazzo fantasma» arricciò il naso.

«Sarebbe davvero divertente! Secondo me gli piacerebbe un sacco e…». Non fece in tempo a terminare il suo discorso che una voce maschile lo fece ammutolire.

«Gabriela!»

Tra tutte le persone che Gabriela avrebbe voluto evitare quella sera, lui era in prima posizione nella sua classifica immaginaria. 

«E questo chi è?» indicò Alejandro facendosi passare l'indice davanti al volto. La sua espressione stava a metà tra il contrariato e lo sfinito per quelle continue interruzioni.

«Fernando!»rispose lei praticamente rivolta ad entrambi, con un sorriso rigido e innaturale.

«Non ti avevo vista prima» disse il giovane.

«Non potevi continuare a non vederla?» Alejandro cominciò così un battibecco, invisibile quanto la sua figura, con Fernando. 

«Poi ho visto i bambini e ho capito.»

Fiori nell'aldilà - una storia d'amore trascendentale Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora