Arrivò in cucina e si ritrovò subito coinvolto.
«Tieni, ci sono da preparare le tortillas, tu oggi sei il fornaio. D'accordo, non è proprio pane, ma...»
Gabriela gli mise tra le mani un sacchetto di farina e ad Alejandro brillarono gli occhi. Era tantissimo tempo che non faceva una cosa del genere e non vedeva l'ora di sentire nuovamente la sensazione appiccicaticcia dell'impasto tra le mani.
«E ora, mia cara abuela, approfittane e siediti. Oggi verrai servita come se fossi una regina in un ristorante.»
Si alla nonna e la portò a sedersi a capotavola.
Julieta non protestò affatto; non perché amasse stare seduta, ma perché aveva visto che loro si sarebbero divertiti insieme. Non sapeva con esattezza da dove quel ragazzo tanto carino e timido fosse saltato fuori, ma sapeva, dall'alto della sua perspicacia, che quei due si piacevano. Solo che ancora non lo sapevano, o comunque non lo avevano capito del tutto.
Li osservò mentre quel giovane impastava e lei gli versava l'acqua necessaria, lo vide che la guardava mentre, indaffarata ai fornelli, non gli prestava attenzione. Vide la nipote osservarlo, senza essere notata, non appena la sua attenzione fu calamitata dalla rovente padella in cui rapidamente andava piazzando i dischi di pasta.
E quando il ragazzo si distrasse un momento, lei in maniera repentina tolse via la tortillas ormai bruciacchiata, scottandosi appena un dito.
«Ti sei fatta male, mi vida?» disse Alejandro senza nemmeno riflettere sul fatto che non fossero soli.
Julieta per un'attimo restò interdetta. Quelle parole... Le stesse del suo amato Felipe. Poi sorrise e si perse nei ricordi. Quanto somigliavano a lei e suo marito. Fu come essere portata indietro nel tempo. Quella festa sembrava avere davvero uno strano potere sulle donne di casa Flores.
Ben presto la tavola fu apparecchiata e una fumante zuppa di fagioli neri comparve al centro della tavola. Al lato della pentola in terracotta si trovava un piatto, contenente le dorate tortillas che Alejandro aveva fatto.
Gabriela riempì il piatto della nonna, poi il piatto del giovane di fronte a lei e infine il suo.
Era il pranzo più incredibile di sempre per Alejandro. Non solo era stato accolto come uno di famiglia, aveva anche cucinato e, in quel momento, mentre con un pezzo di tortilla in mano ripuliva il piatto, fu colpito da un moto di tristezza a pensare che sarebbe stata un'esperienza che non si sarebbe mai più ripetuta.
«E dimmi Alejandro, cosa farai una volta finita la festa?» chiese Julieta per la seconda volta, non avendo ottenuto risposta la prima.
Alejandro fu distolto dai suoi pensieri da un calcio sotto al tavolo, così all'improvviso che urlò un deciso "Ahi!" e la guardò con aria di sfida.
«Chiedo scusa signora, ero distratto. Ma sua nipote mi picchia! Mi ha appena dato un calcio sotto al tavolo! È sempre così manesca? Eppure non si direbbe, è così carina» sorrise sornione.
La faccia di Gabriela mentre rischiava di strozzarsi con l'acqua che stava bevendo per fingere indifferenza fu impagabile. Si girò verso la nonna già pronta a dire che non era vero e Julieta rise divertita.
«Sai, Alejandro, mi ricordi tanto una persona. Ma proprio tanto. Spero vorrai tornare a pranzo qualche volta. E per rispondere alla tua domanda, sì, è molto carina, ma fossi in te starei comunque attento. Peccato non ci sia più il mio amato, avresti trovato in lui piena solidarietà.»
Si alzò, dicendo che quella vecchia sarebbe andata a riposare, ma in realtà, voleva semplicemente lasciarli soli.
Si avvicinò a Gabriela, le diede un bacio sulla guancia e sottovoce le disse di non maltrattarlo troppo. Poi si avvicinò da Alejandro, gli diede un altro buffetto sulla guancia e sparì dalla cucina canticchiando un motivetto che le cantava sempre il suo sposo.
«Io ti picchio... Non ci credo che lo hai detto davvero» Gabriela si portò una mano sul viso fissandolo severa.
«Sì però ho detto anche che sei carina.» Sorrise sarcastico, cosciente che era stato un colpo basso, ma trovava così divertente provocarla, che non si sarebbe lasciato scappare nemmeno un'occasione.
«Non ti picchio di nuovo solo perché non ti posso maltrattare troppo» gli puntò un dito contro.
Si alzò per sparecchiare e lui, subito, si alzò per aiutarla. Sembrava fossero sempre stati lì. Insieme.
Era quello, che faceva una famiglia? Si chiedeva Alejandro. Condividere un pasto, la sua preparazione, il riassettare subito dopo. Senza nessuno che rimanesse con le mani in mano. E farlo, non perché ti obbligavano, ma perché si aveva cura uno dell'altro.
Stette in silenzio per un momento e chiuse gli occhi concentrandosi sui rumori intorno.
Una leggera risata, un motivetto canticchiato sottovoce, il suono dell'acqua che scorreva, il rumore dei piatti che venivano poggiati uno sull'altro. Riaprì gli occhi e c'era lei.
Lei che si spostava per la cucina, rapida e leggera come una farfalla, che gli sorrideva quando, maldestro, non sapeva dove mettere le cose, come a volergli dire: non preoccuparti, va tutto bene.
Era ormai quasi pomeriggio. Così tante emozioni da scoprire e così poco tempo per imprimersi tutto nei ricordi. Non immaginava che lei stesse pensando le medesime cose.
Perché si sentiva come se fosse sempre stata lì? Perché il fato o chi per lui, le aveva mandato quella presenza, diventata persona e che comunque non poteva tenere con sé? Era davvero strana la vita. Avrebbe voluto più tempo, per conoscerlo di più. Avrebbe voluto che non se ne andasse così presto.
Finirono di riordinare e decisero di uscire ancora. Il tempo era troppo fuggevole per sprecarlo dentro le pareti di una casa. Tornarono in piazza, a vedere le ultime bancarelle residue, si incantarono a vedere le stoffe e i loro colori, annusarono profumi provenienti da altri paesi.
«Sai, Alejandro, è un peccato che tu non abbia imparato a nuotare, non saresti mai morto. Ci pensi mai?» gli chiese dando voce ai suoi pensieri.
«Sì, ci ho pensato spesso. Ma sai cosa ti dico? Che se lo avessi fatto sarei vivo, ma non sarei qui. Non ti avrei mai conosciuta, e vuoi mettere il divertimento del farti innervosire, mi vida? La faccia che hai fatto la prima volta che mi hai visto in camera tua, valeva tutto il resto, avresti dovuto vederti» cominciò a ridere, e allontanandosi, a riprodurre una comica imitazione della sua espressione.
«Ti darò il pugno più grosso della tua esistenza, ti farò supplicare pietà appena ti avrò preso!» lo minacciò incrociando le braccia. Non ci fu bisogno di inseguirlo, si consegnò in modo del tutto spontaneo e la buffa espressione che aveva dipinta in volto bastò a far desistere Gabriela da qualsiasi idea vendicativa.
Arrivarono anche i bambini in piazza e pretesero a gran voce che lei raccontasse loro una nuova storia. Lui sorrise, si sedette da una parte e attese. L'immagine di lei che raccontava una storia era un altro dei ricordi che avrebbe voluto portare con sé.
Così Gabriela guardò i bambini, poi puntò lo sguardo su di lui. E raccontò loro una storia. Una storia tutta nuova che non avevano ancora mai sentito.
Narrò loro la storia di un ragazzo che tornava dal mondo dei morti grazie ad un errore sull'ofrenda. E questo ragazzo conobbe così una ragazza e passarono due giorni meravigliosi insieme diventando molto amici. Erano felici di essersi conosciuti, ma tristi perché si sarebbero dovuti dire addio a breve.
Alejandro era incredulo mentre lei parlava. Mentre narrava, lo sguardo di Gabriela oscillava tra lui e i bambini. Era abilissima nel rendere vive le emozioni, e sembrava quasi che le dispiacesse davvero.
«E non c'è un modo per farli restare insieme, per sempre?» domandò una delle bambine.
«Sì, ci deve essere un modo» incalzò un'altra.
I bambini cominciarono a suggerire fantasiose soluzioni. C'era chi suggeriva che dovesse morire anche lei. Chi, ipotizzava che si sarebbero visti ogni anno. Chi, che, come il fiore e il colibrì, sarebbero rimasti per sempre insieme.
«Non c'è sempre una soluzione, bambini. Se è destino che debbano rivedersi, si rivedranno. In ogni caso, si vorranno bene per sempre,» concluse saltando giù dalla fontana.
Si era fatta ormai ora di rientrare. Tornò verso Alejandro e lo prese sottobraccio.
«Visto? Stavolta non gli ho raccontato nessuna storia spaventosa! Andiamo a casa?» gli sorrise.
A casa... Riecheggiò nella testa di Alejandro. Annuì e si incamminarono. Erano le loro ultime ore.
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Fiori nell'aldilà - una storia d'amore trascendentale
FantasyUn villaggio colorato nel cuore del Messico. Una festa, due giovani che si conoscono, Gabriela ed Alejandro, due anime che si trovano pur venendo da mondi diversi. Ma niente è come sembra e il loro legame si trasforma in un amore impossibile. © Oper...
