Fu svegliata da un raggio di sole sul viso, e la sua attenzione, una volta aperti gli occhi e messa a fuoco la stanza, fu catturata da un uccellino di un bel verde brillante, con la coda blu, che volteggiava davanti alla sua finestra aperta. Non andava né avanti né indietro, non entrava e non andava via.
Che diamine ci faceva un colibrì davanti alla sua finestra? Non appena fece cenno di alzarsi, si spaventò e volò via.
Poi si guardò intorno. La stanza era vuota, tuttavia tutto parlava di lui. La poltrona su cui era comparso la prima volta, l'armadio dove si era nascosto. Il letto su cui avevano condiviso il cibo dell’ofrenda. Invece non c'era più, era davvero andato via. Si sentì sola e triste. Portò le ginocchia al petto, si abbracciò le gambe e ci poggiò il viso sopra.
Emise un sonoro sospiro. Non le restava che alzarsi, farsi una doccia e tornare a quella che era la sua quotidianità. Mise i piedi scalzi giù dal letto e si recò al bagno.
Con lentezza e senza nessun entusiasmo si lavò e si vestì, con la mente presa a elaborare ricordi e sensazioni. Sospirò, sistemando la solita ciocca ribelle di capelli.
Rassettò il letto e guardandolo ormai vuoto ripensò che Alejandro era lì con lei fino a poche ore prima e adesso non c'era più. Ci sarebbe voluto un anno perché fosse di nuovo Los Dias e non era nemmeno detto che sarebbe tornato. Quanto avrebbe voluto poterne parlarne con qualcuno.
Ma come avrebbe potuto farlo senza passare per pazza?
Cominciò a scendere le scale, stampandosi in volto un'espressione sorridente, affinché la sua abuela non le facesse troppe domande appena si fossero state nella stessa stanza. Quella mattina era davvero tardi rispetto al solito e il rumore delle stoviglie le arrivava fino al gradino dove si era fermata. Respirò a fondo, pronta a fingere di essere felice e a passo deciso entrò nella cucina.
Nello stesso momento in cui ne varcava la soglia, sentì una voce familiare.
«...E magari tu lo sai. Tu la hai una risposta. Se solo potessi parlare con me...»
Julieta, di spalle, mescolava qualcosa in una pentola col suo fedele cucchiaio di legno.
A Gabriela saltò il cuore nel petto, quando lo vide seduto a tavola e, senza riflettere, parlò a voce alta.
«SEI QUI!»
Entrambi i presenti si voltarono verso di lei.
«Gabriela, mi vuoi far morire di paura? Perché strilli?» le domandò Julieta fingendo di minacciare la nipote con il mestolo.
«Perdonami, abuela, è che… ho fatto un brutto incubo in cui tu sparivi, sì, sparivi per sempre, ed era così reale e io così tanto triste... Così quando sono scesa pensavo che non ti avrei trovata. E invece… sei qui.»
Queste parole, pronunciate in apparenza per Julieta, in realtà erano dirette a lui, ad Alejandro. Era su di lui che lo sguardo di Gabriela si era posato all'istante, nel momento in cui aveva superato la porta della cucina. Stava lì, in piedi accanto all'anziana figura, trasparente, con quella solita espressione irriverente, data dal vederla giustificarsi come nei giorni più precedenti, e le sorrideva.
«Sono qui,» le sorrise la nonna rassicurandola.
«Sono qui,» rispose Alejandro nello stesso istante.
«Sono così felice che sei qui, anche se in realtà non dovresti essere qui...» Gabriela non riusciva a smettere di parlare a voce alta incurante di ciò che avrebbe potuto pensare la nonna se il suo discorso non si fosse adattato alla situazione.
«Lo so mi vida, non dovrei, ma–» Lo sguardo di Alejandro si fece dolce mentre si soffermava su di lei.
«Perché non dovrei esserlo?» rispose Julieta che non aveva affatto notato niente di strano in quella mattina.
«Perché… non dovresti cucinare, tocca a me!» La risposta pronta di Gabriela risultò, per sua fortuna, ancora una volta credibile.
«Smetti di parlare con me, o ti prenderà per matta» le sussurrò Alejandro all'orecchio facendola innervosire.
Gabriela era stranita da tutto quello. Non voleva che andasse più via, è vero, tuttavia non pensava che il suo desiderio sarebbe diventato realtà lasciandolo lì, nelle vesti di spirito. Non era quello il suo posto.
«Su, coraggio abuela, vai a oziare sul divano, io per oggi ho poltrito abbastanza» e spingendola con delicatezza per le spalle la accompagnò fuori dalla cucina, non prima di averle sottratto il mestolo dalle mani.
Julieta si arrese alla buffa prepotenza della nipote e andò ad accomodarsi sul divano, prese un libro dal tavolino accanto e si immerse nella lettura.
«Perché sei ancora qui?»gli sibilò non appena fu rientrata in cucina.
«Bella domanda. Tu lo sai?»
«No! Certo che no. Sono felice che sei qui, tanto. Ma c'è qualcosa di sbagliato in tutto ciò» era triste e felice nello stesso tempo, confusa per quelle emozioni così contrastanti tra loro.
«Io invece sono molto arrabbiato!» Alejandro non si trattenne più e diede sfogo alla sua frustrazione: «Davvero tanto! Non dovevo essere qui dall'inizio, invece mi ci sono ritrovato. Stavo bene nel mio niente. Niente avevo e niente avrei avuto!» Camminava avanti e indietro, gesticolando e tenendo un tono di voce elevato. Tanto nessuno lo avrebbe comunque udito, così proseguì a ruota libera: «Invece adesso sono qui, dove potrei avere, ma non posso. Imprigionato qui con te. Che stupido scherzo del destino è mai questo? Lasciatemi tornare a fare il morto!» concluse guardando in alto, come se avesse potuto scorgere una qualche divinità in grado di aiutarlo.
Gabriela fu profondamente colpita da quell’impeto. Molto colpita. Vedeva la rabbia autentica negli occhi di Alejandro, ma non riusciva a comprenderne appieno la ragione.
«Scusami,»mormorò, sentendo gli occhi inumidirsi.
«Ti si sta bruciando la pentola» le fece notare lui con indifferenza.
Lei fu lesta a mescolare il contenuto e ad aggiungere un po' d'acqua evitando così che il pranzo andasse perduto.
Alejandro attese che lei finisse e ricominciò, per niente appagato:
«Sono arrabbiato! Sono bloccato qui con te per quanto? Per sempre? Finché non muori anche tu?»
Lei decise che aveva sentito abbastanza.
«Non pensavo che passare del tempo con me fosse così orribile. E io che… no, niente, lascia perdere!" Sbuffò e i capelli fecero quel movimento che a lui piaceva tanto.
«Tu non capisci!» esplose Alejandro con ancora più frustrazione, «Io non voglio stare qui! Non voglio stare qui con te! A fare cosa? A vederti giorno e notte? Magari vederti sposare “mister perfetto"? Orribile non è passare del tempo con te,» il tono di voce si fece più basso, «orribile è il fatto che sono stato bene con te, che passerei tutta la vita con te se ne avessi una, orribile è che probabilmente ti voglio più che bene, ma c'è un piccolissimo dettaglio che ti sfugge.» Alejandro non le diede il tempo di intervenire ed esplose ancora: «Sono morto! Posso essere felice? Dimmelo!» Era così arrabbiato che ormai aveva vuotato il sacco senza riflettere, incurante di ciò che poteva provare lei.
«Pensi che per me sia diverso?» Gabriela non tacque, si sfogò, cercando solo di non strillare: «Mi chiami come il mio amato nonno chiamava la nonna e dovrei essere arrabbiata già solo per questo! Lui era per me l'esempio dell'amore perfetto e io con te sono stata felice; mai come prima d'ora mi ero sentita viva. Con te, capisci? Io dovrei essere arrabbiata, volevo una favola, ma qui si è andati oltre. Le divinità ce l'hanno con me, è evidente. E ora vattene se è quello che vuoi. Vai pure a ferire qualcun'altra!»
«Ci puoi scommettere che me ne andrò. Vado a vedere se posso morire di nuovo!»
Camminò con passo nervoso e deciso, passò attraverso la cucina e sparì dalla sua vista.
Lei ricominciò a mescolare il contenuto della pentola con foga, guardandolo attraverso gli occhi ormai offuscati dalla tristezza.
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Fiori nell'aldilà - una storia d'amore trascendentale
FantasyUn villaggio colorato nel cuore del Messico. Una festa, due giovani che si conoscono, Gabriela ed Alejandro, due anime che si trovano pur venendo da mondi diversi. Ma niente è come sembra e il loro legame si trasforma in un amore impossibile. © Oper...
