Alejandro al grido di: «Vado a vedere se posso morire di nuovo!» attraversò le mura della casa di Julieta, ritrovandosi fuori, all'aperto. Mentre parlava, gesticolava, come se farlo lo aiutasse a scaricare la tensione.
«Vado a vedere se posso morire di nuovo! Sì, sono arrabbiato. Molto!»Era così triste la sera prima, quando steso accanto a lei nel letto, vedeva svanire il corpo che gli era stato donato per due giorni. Due giorni contro il resto di quello che era durata la sua vita.
E quei due giorni erano stati i più meravigliosi che avesse mai vissuto! Per un attimo si era persino dimenticato che sarebbe durata poco e aveva pensato che sì, sarebbe voluto stare con lei per sempre.L'aveva osservata mentre si addormentava e l'aveva trovata così bella da levargli il fiato. Da sveglia poi, era così buffa, così divertente e viva. Non avrebbe più voluto lasciarla e aveva desiderato di restare.
Si era chiesto se non fosse quello il senso di famiglia e l'amore che aveva tanto cercato in vita, in ogni persona che aveva incontrato. Si stava innamorando di lei? Forse. Non sapeva rispondere a quella domanda, non era sicuro di sapere nemmeno cosa volesse dire amare davvero. Tuttavia andava bene così, sapeva che sarebbe sparito, ed era rassegnato.Poi aveva visto che era arrivata l'alba ed era ancora lì. Quando il sole era diventato alto, era ancora lì. Così aveva cominciato ad avere paura, perché essere morti e giovani faceva schifo, rimanere soli faceva schifo. Gli altri quando morivano, con ogni probabilità si ritrovavano con i loro cari, ma lui non aveva nessuno. Né prima né dopo. Il nulla cosmico. E rimanere a metà, né qui né lì, quello faceva ancora più schifo!
Il pensiero di restare così e doverla vedere per sempre senza nemmeno poterla abbracciare faceva schifo.Magari un giorno avrebbe sposato mister perfetto e lui avrebbe finito per fare il paggetto invisibile! “Come no. Lo farei cadere ad ogni passo! Gli infesterei la casa, mi butterei un lenzuolo sopra e lo spaventerei a morte ogni giorno!” pensò.
Continuò a camminare per le strade del paese, gesticolando e parlando a voce alta, da solo. Tanto, nessuno lo avrebbe mai notato. Arrivò fino alla piazza, illuminata dal sole, dove le persone passavano, intente a farsi gli affari loro, proseguì e si sedette lì, sopra il muretto dove lei era andata a cercarlo quella sera della festa. Pensò a come si era comportato pochi istanti prima. Le aveva riversato tutta la sua frustrazione addosso, sapendo in fin dei conti che non era colpa di nessuno. Sì, d'accordo, lei era responsabile della sua presenza. Ma poi? Lui aveva desiderato di restare.
«Sono uno stupido! Bravo Alejandro, mi congratulo, trattala pure male dopo averti regalato i due giorni più meravigliosi di sempre. Stupido da vivo e stupido da morto! Stupido, stupido, stupido!»~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~
«Certo, adesso è tutta colpa mia, vai, vai pure a svolazzare da qualche altra parte»
Gabriela, ancora in cucina, brontolò mescolando il contenuto della pentola.«Io non svolazzo, ah, ah, ah» si esibì in una buffa imitazione rimanendo col mestolo a mezz'aria.
Continuò così a parlare da sola con sé stessa.
«Prima mi fai spaventare, poi mi torturi, poi sparisci e io ti vengo a cercare. Lo sono andata a cercare, ma posso essere stupida? Come se potesse succedergli qualcosa!
Lui e i suoi stupidi occhi neri! Dovevo farglieli io gli occhi neri.
Non è colpa mia se non è sparito, se non è tornato a fare il morto! Oppure no? »
Smise di mescolare la pentola in maniera frenetica e spense il fuoco.Si lasciò andare a un sospiro sconsolato. Si sentiva svuotata, come se ogni sua energia fosse andata via insieme a lui.
«Ho desiderato che non sparisse. Ho desiderato che rimanesse con me. Ma io non ho questo potere, altrimenti sarebbe rimasto… vivo. E adesso se ne è andato chissà dove a vagare da solo e mi sento pure in colpa! Al diavolo, Alejandro nonsocosa! Ti meriteresti un pugno!»
Si precipitò fuori di casa, correndo per le strade, cercandolo con lo sguardo in ogni luogo dove erano stati la sera della festa finché non lo vide, seduto al solito posto, e lo raggiunse in tempo per sentirgli dire queste parole:
«Stupido da vivo e stupido da morto. Stupido, stupido, stupido!»Non l'aveva vista, così gli arrivò, silenziosa, alle spalle.
«Non sei stupido.»Alejandro si voltò e lei era lì. In piedi, nel suo vestito nero, una ciocca di capelli fuori posto, e si mordeva il labbro inferiore in un gesto di nervosismo.
«Sì che lo sono. Ti chiedo scusa mi vida. Posso chiamarti così, vero? Non volevo trattarti male. È solo che… sono felice e nello stesso tempo arrabbiato. Riesci a capirmi?» sospirò a lungo.
«Sì. Certo che ti capisco. Credo di provare le stesse cose che provi tu. Cioè sono felice che ci sei ma... nello stesso tempo sono molto triste. Ti chiedo scusa anche io. Non volevo farti soffrire, è tutta colpa mia.»
«Non dire così, non è vero, è colpa mia.»
Rimasero in silenzio per qualche istante, gli occhi puntati a terra, poi li alzarono e si fissarono, confessando nello stesso istante:
«Ho desiderato che restassi per sempre!»
«Ho desiderato di restare per sempre!»
Lo stupore nei loro occhi si trasformò presto in un sorriso, un sorriso dolce e comprensivo. Gabriela si avvicinò e si sedette sopra il muretto.
«Siamo due stupidi» esordì lui.
«Parla per te! Ringrazia che non posso picchiarti!» Gli mostrò il pugno chiuso regalandogli un sorriso.
«Ringrazia che non posso baciarti mi Vida, così la smetteresti di dire sciocchezze» replicò ammiccando con fare tra il comico e il seducente.
Lei sgranò gli occhi e diventò rossa, pensando che in realtà avrebbe voluto fare la stessa cosa e pensò che ormai aveva davvero perso il senno.
Poi lui andò avanti: «Comunque hai ragione, un po' sono nonsocosa dato che non ho famiglia. Perché non mi trovi un cognome tu, con la tua immensa fantasia?»
«Adesso andiamo a casa. Poi ci pensiamo.»
«A casa?» domandò aspettando che aggiungesse 'mia' al resto della frase.
Ma lei fece finta di non capire, saltò giù dal muretto e cominciò a correre al grido di:
«Chi arriva ultimo è un chupacabra.»~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~
(...) Nel frattempo, in un altro luogo fuori dal tempo e dallo spazio…
«Awww, non sono carini Xochi?»
La figura variopinta si agitò, seduta sul suo trono.«Oh, sì che lo sono Pilli, ma non dovrebbero esserlo. Questa cosa è del tutto fuori posto. Mi scoppia la testa!» disse costei avvicinando le mani alle tempie e spostando piume colorate dal viso.
Una terza grossa figura si unì a loro:
«Voi due trovate tutto carino! Non sono carini. Sono fuori posto. Tu che ne dici T?»La quarta figura, su cui aveva appena posato lo sguardo, incrociò le braccia con fare contrariato.
«Non chiamarmi T! Non dico niente. Io ne ho abbastanza Yaca, ho già dato. Non guardate me.»
E girandosi di spalle, fece intendere che non ne avrebbe più parlato.
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Fiori nell'aldilà - una storia d'amore trascendentale
FantasiUn villaggio colorato nel cuore del Messico. Una festa, due giovani che si conoscono, Gabriela ed Alejandro, due anime che si trovano pur venendo da mondi diversi. Ma niente è come sembra e il loro legame si trasforma in un amore impossibile. © Oper...