Capitolo ventidue

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«Allora, chi si offre?»

Dopo essersi a lungo osservati a vicenda, fu Yaca ad alzarsi dal trono. In fondo, Pilli era il meno adatto della situazione. Lo consideravano troppo emotivo, e questo avrebbe potuto mettere pressione in Julieta, impedendole così di scegliere in autonomia.

(***) «Non andremo di persona Felipe. Non possiamo apparire così in cucina come se niente fosse. È rischioso, non tutti hanno nervi saldi. Vieni con me.»

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Alejandro rimase così, vicinissimo a Gabriela, finché non sentii il respiro farsi regolare, le guance passare da un rosso acceso a un rosa tenue e pensò che forse, oltre che della pezza fresca, poteva prendere un pochino di merito anche lui.

Quando Gabriela si svegliò, si girò e trovandolo accanto a sé gli sorrise.

«Come stai, mi Vida?»

«Bene. Ho fame.»

In quel momento il batuffolo peloso si insinuò in mezzo ai due regalando fusa a profusione.

«E tu chi sei? Da dove salti fuori?»
Gabriela gli fece una carezza rendendolo ancora più elettrizzato di quanto già non fosse.

«Mi ha seguito fino a qui» confessò Alejandro tra l’imbarazzato e il colpevole.

«Ti ha seguito? Aspetta. Vuoi dire che...?»

«Sì, mi Vida, non so per quale motivo, ma lui mi vede! Guarda.» iniziò a richiamare l'attenzione del felino con piccoli versi.

La creatura attirata da quel suono, si voltò verso Alejandro e cercò in maniera ripetuta di strusciarsi contro il suo corpo, finendo sempre col cascare di lato sul letto e provocando in Gabriela stupore e risate.

«Oh, bene bene, vedo che stai meglio. Che sia merito del tuo nuovo piccolo amico?» Julieta sulla soglia sorrideva con tenerezza.

«Anche.» rispose la nipote. Poi, più veloce della luce aggiunse: «Possiamo tenerlo? Ti prego abuela, guardalo, è così carino.»

Lei si avvicinò, lo prese con la sua mano rugosa, se lo avvicinò al volto. Poi gli fece una carezza, lo rimise sul letto dove cominciò a saltellare come se stesse cacciando qualcosa e Julieta diede il suo benestare.

«È troppo carino per mandarlo via. Se è arrivato qui un motivo ci sarà. Se nessuno lo sta cercando può rimanere, tesoro. Ora mangia qualcosa e riposati.»

Le portò sù una tazza di brodo caldo che Gabriela non mancò di apprezzare e del pollo per il piccolo amico ancora senza nome.

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Felipe lo seguì, con lo sguardo torvo , per niente convinto di quella situazione. Uscirono dalla grossa sala, e presero un ascensore. Un grosso ascensore, circolare come una sfera. Le sue pareti trasparenti rivelavano il mondo esterno, mentre l'interno risplendeva di luce soffusa. Entrando, Felipe ebbe la sensazione di fluttuare nell'aria avvolto dall'incanto del vetro.

Mentre si sollevava, poteva vedere la sala degli dèi sottostante. La cabina in vetro offriva una visione panoramica, facendolo sentire come se galleggiasse in un mondo onirico, in bilico tra cielo e terra.

Il percorso verso quell'ambiente era accompagnato da un leggero cullare, mentre il vetro si faceva più sfumato, creando una sensazione di intimità. Le pareti sembravano trasformarsi in un caleidoscopio di colori e forme, riflettendo i sogni che attendevano di essere fatti.

Con un'ultima salita, l'ascensore si apriva sulla Sala dei sogni. Qui, il vetro si fondeva con una luce calda e dorata, creando un ambiente accogliente. Pareti adornate da dipinti di mondi fantastici circondavano uno spazio dove ogni sogno attendeva.

Fiori nell'aldilà - una storia d'amore trascendentale Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora