«Quindi mi vida, dove mi porti oggi?»
«Dove vorresti andare?» gli domandò mentre sistemava il letto, cercando nello stesso tempo di soffiar via la solita ciocca di capelli che le calava ribelle davanti al viso.
«Qualsiasi cosa sceglierai andrà bene. Non te ne preoccupare troppo.» le sorrise. Gli piaceva tanto quel gesto ripetuto che lei faceva senza nemmeno rendersi conto di quanto fosse carino.
Alla fine, Alejandro, aveva considerato che non gli interessava tanto la festa, il divertimento, la musica. Quelle cose le aveva già vissute. Nella sua breve vita non si era certo fatto mancare il divertimento. Quello che gli mancava era un posto da poter chiamare casa. E voleva vedere la sua vita per capire le cose che gliela rendevano tale.
Gabriela lo fissò così a lungo che stavolta fu lui, guardandosi rapido addosso e non trovando niente di strano, a dire:
«Che c'è? Che ho?»
«Scusa, niente. Consideravo che, ora che sei visibile, per fortuna non indossi niente di strano da dover costringermi a rubare qualcosa dal primo balcone utile» ridacchiò.
A dire il vero, non aveva affatto considerato quella cosa. In effetti, non ricordava in maniera precisa a quanto tempo prima risalisse la sua dipartita e, per quanto ne sapeva, poteva persino essere vestito da giullare di corte. Per fortuna, indossava un semplice pantalone nero e una maglia anch'essa nera.
Chissà quale anima pietosa gli aveva donato quegli indumenti quando ne aveva avuto bisogno.
«Avrei potuto mettere uno dei tuoi vestiti e mi avresti fatto passare per tua cugina Ermengarda, venuta da un paese molto lontano». Mimò un inchino da dama di altri tempi e sbatté le ciglia in rapida successione.
«Sì, la mia cugina muscolosa che di mestiere fa il boscaiolo.»
Si misero entrambi a ridere immaginando quella buffa situazione. Non era muscoloso Alejandro, non nel vero senso della parola, ma di certo non sarebbe potuto passare per una donna con quel torace e quei bicipiti che si intravedevano dalla maglia un po' aderente.
Riuscirono a sgattaiolare fuori di casa nel momento esatto in cui Julieta, rivolta verso il lavello, dava le spalle alla porta. Gabriela lo fece passare avanti, spingendolo decisa per la schiena con entrambe le mani e, subito dopo, entrò alle spalle della sua amata abuela e l'abbracciò come faceva spesso; le schioccò un bacio sulla guancia prima di dirle che sarebbe uscita, ma che sarebbe tornata per aiutarla col pranzo.
Poi, con rapidità, sparì trascinando il povero Alejandro per la mano, in una corsa sfrenata fuori da lì e lontano da casa per le vie del paese, che ancora restava silenzioso per i bagordi della nottata precedente.
Arrivarono correndo fino ai campi, verdi distese coltivate, poco distanti dalle case.
«Tu... sei... pazza... fermati.» Senza quasi più fiato in corpo la supplicò e lei rallentò fino a fermarsi del tutto. Alejandro affannava, con le mani sulle ginocchia, come se avesse corso per sfuggire a chissà quale mostro malvagio, con l'unico risultato di farsi guardare di traverso e prendere in giro.
«Ah, ah! Cos'è, non puoi più battermi con l'imbroglio? Oh poverino. Sei un chupacabra, lo sapevo.» Gli diede un pugno sulla spalla scoppiando a ridere.
«Aiuto! Mi picchia! È una donna sadica e violenta! Ti prego pietà!»
Si buttò a peso morto sul prato inscenando un'aggressione e trascinando Gabriela appresso a lui sul terreno.
Per un momento rimasero così, lui steso sull'erba e lei sopra il suo torace. I loro visi erano a così poca distanza... e quei maledetti occhi neri erano una calamita che lei non riusciva a smettere di fissare.
Poi, si buttò anche lei con la schiena sull'erba, interrompendo così quella situazione imbarazzante.
Alejandro fissò il cielo terso, di un azzurro splendente, trovò così bello il sole mattutino sulla pelle, il vento leggero tra i capelli che portava alle narici il suo profumo. Il suono della sua risata sincera e averla avuta tanto vicina, ad un millimetro dal cuore che, per un momento, aveva persino accelerato. Chiuse gli occhi e respirò a fondo con lentezza. Ecco, quello era uno dei momenti che Alejandro voleva portare via con sé.
Fu lei a rompere il silenzio:
«Se non fossi morto, cosa avresti voluto fare nella tua vita?»
«Avrei voluto fare il fornaio! Non ridere! Il fornaio ha sempre un buon profumo, ha l'arte nelle mani e non muore mai di fame. E ha i gattini. Dove c'è cibo ci sono i topi e dove ci sono i topi servono i gattini! E forse... Sì, avrei voluto avere una famiglia tutta mia, quella che non ho mai avuto. Innamorarmi come un folle ed essere amato a mia volta. E tu?»
Lei si fermò per un momento a riflettere su quella domanda.
«Io adoro fare un sacco di cose e a dire il vero non ho ancora scelto quale strada intraprendere, ma una cosa la so. Voglio un amore come quello dei miei nonni. Loro erano perfetti insieme, avresti dovuto vederli! Sai cosa mi fa ridere? Che lui la chiamava—»
Non fece in tempo a completare la frase, che sentirono rumore di zoccoli sul selciato e un musetto focato apparve in mezzo alle loro teste, giocando con le sue buffe labbra prensili a prendere i capelli di Alejandro creandogli così delle buffe, bavose acconciature e interrompendo ciò che stava per dire.
Gabriela riconobbe subito che quello era l'ultimo nato in casa di Fernando.
«Gli piaci! E a lui non piace nessuno! Ma tu, cosa ci fai in giro da solo?» si rivolse al puledro e gli accarezzò il collo.
«Gli piaccio? Sì, gli piaccio così tanto che sta cercando di mangiarmi, guardalo!» disse indicandolo col dito della mano destra, mentre quello, imperterrito, gli tirava di nuovo e con grazia i capelli verso l'alto.
Gabriela non poté fare a meno di ridere per quella comica scena a cui stava assistendo. Si guardò intorno per vedere se Fernando fosse nei paraggi, ma non vedendo nessuno, dedusse che il piccolo stilista delle acconciature, fosse scappato ancora una volta.
«Dobbiamo riportarlo a casa sua» disse alzandosi in piedi.
«Direi di sì, prima che cominci sul serio a divorarmi. E che io cominci a puzzare di bava di puledro. E casa sua è?»
Le si dipinse sul viso un sorriso di circostanza. Era certa che le avrebbe iniziato a vibrare l'occhio e si preparò mentalmente a ciò che la aspettava.
«Lo vedrai. Ma ti prego, ti supplico, fai parlare me. Resta muto.»
E così richiamando l'attenzione del piccolo fuggitivo, cominciarono a percorrere il viale che li avrebbe portati alle tenute di Fernando. E lui era lì, all'ingresso della proprietà e li guardò avvicinarsi. Il piccolo fuggiasco corse subito dentro, rispondendo al richiamo della madre nel recinto di fronte.
«Ciao Fernando, ti ho riportato un fuggitivo!» Gli sorrise, cosciente che da lì a breve si sarebbe creata senza alcun dubbio una situazione imbarazzante.
«Gabriela!» Il sorriso gli morì in volto appena vide che era in compagnia di uno sconosciuto.
«Mister Perfetto!» bofonchiò sottovoce Alejandro, che tutti avrebbe gradito vedere tranne che lui. Fernando inarcò un sopracciglio mentre lei lo incenerì con lo sguardo.
«No, dicevo… Mi sembra perfetto che abbiamo riportato il piccolo a casa sua.»
Lei sollevò, non vista, gli occhi al cielo e pregò che qualcuno la facesse sparire all'istante.
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Fiori nell'aldilà - una storia d'amore trascendentale
FantasyUn villaggio colorato nel cuore del Messico. Una festa, due giovani che si conoscono, Gabriela ed Alejandro, due anime che si trovano pur venendo da mondi diversi. Ma niente è come sembra e il loro legame si trasforma in un amore impossibile. © Oper...
