XXXXII. LACRIME

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Dorina non riuscì a partecipare al rito. Kaas spalancò la porta proprio mentre finiva di prepararsi.

-Che ci fai qui?- Dorina si voltò verso di lui, il vestito bianco che frusciava.

-Non devi andare, è pericoloso- Kaas le andò incontro, il passo deciso. Dorina seppe che aveva saputo del rito. 

Dorina aveva già la bocca piena di insulti, ma...

Successe. Dorina non avrebbe mai ricordato chi avesse baciato chi. Forse fu lei, forse lui. La baciò, lo baciò, si baciarono. Il mondo evaporò come nebbia.

-Resta con me- gli sussurrò lui –ti prego, resta con me, non uscire-

E come poteva dire di no? Lei neppure sapeva come dirgli di no. Perché Kaas era il suo amore. Il suo solo amore. Lo sapeva. Lo sentiva. Un pungiglione nel cuore.

Kaas la spinse verso il muro, in quel loro continuo gioco d'alti e bassi.

Il vetro esplose. Tutto esplose in un uragano di frammenti. Dorina sobbalzò, una fitta al braccio. Un vetro forse o... no, non era un vetro.
-Ti hanno sparato- Kaas la fissò.

Dorina non comprese le sue parole. Cosa voleva dire che le avevano sparato? E seguì lo sguardo di Kaas che si appoggiava sul suo braccio destro. Una macchia rossa sopra il gomito. L'abito strappato. –Sono ferita- dichiarò.

Un'altra esplosione. Kaas la spinse sul pavimento. Rotolarono. Lui su di lei. Lei su di lui. L'uomo la cinse con un braccio, l'alto su di lei, come per proteggerla. Fino al muro. Sbatterono.
-Stanno sparando- Kaas ansimò, la voce rotta dall'ansia, il suo respiro contro il suo viso.

-Come? Chi?- tremava, il panico che la infettava come un veleno. E la vicinanza di lui. Quella sì che la stordiva.

-Non lo so- Kaas la guardò. Occhi negli occhi. Tempesta. Le sembrava di essere in mezzo a quelle iridi grigie. –Fai vedere la ferita- le prese il braccio e la studiò, il viso immobile del bravo soldato. Dorina attese, il cuore schizzato in gola. –Non sembra grave, ti ha presa solo di striscio-

-Beh, posso prenderla come una cosa buona-

-Molto buona- si spinse di lato e ridusse il peso su Dorina. Chissà perché provò un senso di gelido freddo. –Devo fasciartela, poi te la medicherò come si deve- afferrò un lembo della camicia e lo legò intorno alla ferita con movimenti rapidi ed eleganti. Lui riusciva a trasmettere sempre un senso d'eleganza. Non sembrava nemmeno umano. Dorina ripensò alle vecchie storie. Scacciò quei pensieri. –Fatto-

-Sembra che abbiano smesso di sparare- ma perché lei continuava a tremare? Non riusciva a stare ferma. Si sforzò senza risultati.

-Va tutto bene, Dori, ci sono io-

Dorina non si aspettava ciò che accadde dopo. Le braccia di Kaas scivolarono intorno al suo corpo esile. La strinsero. La ragazza appoggiò la fronte al suo petto. Inspirò il suo odore. Lui la cullò. Come se fosse stata una bambina. E in effetti così si sentiva tra le braccia di lui. Al sicuro. A casa. E nessuno come lei aveva bisogno di un rifugio.

 E nessuno come lei aveva bisogno di un rifugio

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