7.

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Siamo a lezione insieme e oggi Harry è strano. Sta scrivendo dei messaggi a qualcuno e sembra nervoso. La sua gamba non smette di trottare sotto al tavolo e fa tremare tutto. Mi sta dando fastidio, lo guardo male, ma sembra non accorgersene.

Inoltre, da quando sono arrivata in aula mi sta il più lontano possibile, ha la schiena appiccicata al muro, non presta neanche attenzione alla lezione, ha la testa da un'altra parte e la cosa mi urta il sistema nervoso. Spero abbia in mente un buon progetto perché sennò potrei incazzarmi sul serio.

«È successo qualcosa?» sussurro avvicinandomi leggermente.

Scuote la testa e mette via il telefono. Sbadiglio, anche stanotte ho fatto le ore piccole a causa dell'ennesimo incubo.
Gli lancio ancora un'occhiata, poi cerco di concentrarmi sulla lezione e prender qualche appunto. Ho così sonno che avrei bisogno di una caraffa di caffè per svegliarmi. Prendo in mano la penna per mettere un punto interrogativo accanto alle ultime cose che ho scritto, ma il dolore alla mano arriva di botto, automaticamente lascio andare la stilo e mi lascio scappare un verso di dolore che non riesco a reprimere in gola.

«Scusa».
Passa in quel preciso istante.
Ci guardiamo. Io incredula non so che dire, lui si sistema i capelli e guarda il foglio bianco sotto al suo naso.

«Scusa di cosa?» chiedo osservandomi la mano. La massaggio.

«Scusa se sono così agitato, stai bene?».

«No, ho avuto una fitta alla mano...».

«Ah, mi dispiace» mi guarda e poi mi ignora di nuovo guardandosi intorno. Fissa qualcosa alla finestra, ma non capisco cosa o chi.

«È quella mano» insisto.

«Fammi concentrare per favore, devi lasciarmi concentrare» supplica iniziando a scrivere qualcosa sul quaderno. Ma che cavolo ha oggi? Provo a sbirciare, ma scrive velocemente e mi risulta tutto incomprensibile.

«C'è qualcosa che devi dirmi?». È così strano che mi abbia chiesto scusa e che nello stesso istante il dolore sia cessato.
In realtà è strano anche il fatto che mi abbia chiesto scusa.
Non so se sono farneticazioni o se quello che sento è tutto vero. Sto impazzendo a forza di mettere in dubbio le mie capacità cognitive e dormire 2 ore a notte non sta aiutanto affatto.
Scuote la testa.
Lo dico? Apro bocca, ma ci ripenso. La lezione va avanti, ma la stessa domanda mi rimbomba nel cervello più e più volte.
«Cosa mi hai fatto alla mano?».
Ho il cuore che batte all'impazzata e ogni secondo che passa dura un'eternità.

«Lo sai cosa ti ho fatto...».

«Lo so?».
Non risponde continua a scrivere su quel foglio di merda.

Stanotte ho fatto un altro incubo, venivo uccisa, mi tagliavano la gola, i polsi e venivo lasciata dissanguare nella vasca, a testa in giù, appesa al soffitto con un serpente. Il mio sangue versato in ampolle che i fratelli usavano per uccidere Nervina. La sogno spesso ultimamente. E forse c'era anche lui nel sogno.

Appoggio le braccia sul tavolo e mi sorreggo la testa con la mano destra.
Comincio a grattarmi il braccio, perché lo sento pizzicare, abbasso la manica della felpa e gratto insistentemente. Sento la pelle bruciare, ma continuo a grattare finché non è Harry a fermarmi afferrandomi il polso. Ho le unghie insanguinate e mi sono grattata fino a far uscire il sangue. Sono così strana negli ultimi tempi che potrei non riconoscermi più, prima il dolore alla mano, gli incubi, e adesso questo strano prurito.

Forse sto sognando anche adesso, data la qualità del sonno di stanotte, non mi sorprenderebbe essermi addormentata. Sono davvero esausta.
Tiro su la manica e mi guardo le mani. Il sangue si è insinuato sotto le unghie, cerco di grattarlo via, ma è difficile. Ho davvero troppo sonno e la lezione è noiosa, sono slide con immagini di grafici, uno dietro l'altro. Basta.
Chiudo gli occhi un attimo, giusto per riposare le palpebre e, proprio quando il mio cervello comincia a viaggiare, arriva un'altra fitta alla mano.
Harry mi sta guardando e si è appena tirato una pellicina del labbro, sanguina. Si è creata una goccia di sangue e ci passa sopra la lingua.
Come mi guarda, le sue mani, la sua bocca, mi viene la malsana voglia di baciarlo qui, davanti a tutti. Mi avvicino, ma mi blocco quando vedo i suoi occhi, il naso, le orecchie sanguinare a fiotti. Potrei vomitare.

Finisce la lezione e mi risveglio dal letargo della mia coscienza. Ho un gran mal di testa e mi sento spaesata.
Tiro su la testa e stacco la pagina dalla guancia.
Sono quasi sicura di non essermi addormentata, ma è come se il mio cervello fosse andato in tilt.

«Che hai? Sei strana oggi».

«Tu sei strano» controbatto.

«Come mai ti sei addormentata?».

«Ho solo chiuso gli occhi un attimo».

«Per quasi tutta la lezione, ho tentato di svegliarti perché il professore se ne è accorto, ma non mi hai considerato molto».

Che figura di merda, non ci voglio credere.

«Ultimamente dormo poche ore a notte, faccio degli incubi... serpenti, streghe...».

Strizza gli occhi, «Mi ero quasi dimenticato della tua fobia per i serpenti».

«Tutta colpa tua, stronzo».

«Era morto quel serpente!».

«Ero piccola, e tu sei sempre stato inquietante».

«Ha parlato la santa... senti, mi serve il tuo numero».

«Hai detto che non saremo mai amici» farfuglio.

«Rilassati bella addormentata, è solo per il seminario» mi porge il suo telefono.
Lo guardo negli occhi, l'immagine del suo volto insanguinato è ancora vivida nella mia memoria. Stropiccio le palpebre. Prendo il telefono, scrivo il mio numero e mi salvo tra i contatti.

Si riprende il telefono e riordino le mie cose.

«Deva».
Mi chiama, indica la maglia, abbasso lo sguardo su qualsiasi cosa stia indicando e mi colpisce il naso con l'indice.
Non ci posso credere.

«Ciao vespertilio» ridacchia.

Come mi ha chiamata? Gli sorrido a labbra strette mentre va via. Mio padre non mi faceva più questo scherzo dalle elementari, chi se lo ricordava.

Quindi stavo dormendo? Sto ancora cercando di capire se ho sognato metà di ciò che è successo durante la lezione. Esamino il braccio e sembra sano e salvo, controllo anche l'altro per sicurezza, ma non ho niente, le unghie delle mani sono pulite. Non mi sono grattata fino a sanguinare, non ho quasi baciato Harry e lui non ha sanguinato da tutti i pori.
Forse dovrei farmi prescrivere un sonnifero, sto iniziando ad avere le allucinazioni.

Prendo le mie cose, indosso il cappotto e mi avvio per i corridoi.
Harry è appoggiato al portone sul cortile e osservarlo mentre gli cammino accanto mi fa ricordare un particolare non banale.

«Non mi hai detto del progetto» dico mangiandomi qualche ciuffo scappato dalla coda. C'è un po' di vento.

Solo quando gli rivolgo parola mi rendo conto che sta parlando al telefono. Gli sorrido e lui chiaramente non fa altrettanto.

«Sì, hai ragione. Ma ho un problema adesso, dovremo riparlarne. Per questo ti ho chiesto il numero, ti scrivo dopo, o ti chiamo. Ok?» accarezzando la guancia sposta delicatamente uno dei due ciuffi incastrato tra le mie labbra.
Faccio un passo indietro imbarazzata.

«Ok, va bene».

«Prenditi un caffè, mi raccomando».
Va via verso il cortile e mi incammino dalla parte opposta perché mi sembra la cosa più logica da fare.

Quando torno a casa nel tardo pomeriggio finalmente dormo, senza incubi o sogni di alcun genere. Mi risveglio la sera tardi e noto qualcosa di strano in controluce nella cucina. Sembra che ci sia un serpente che si arrampica sul mio lampadario, mi vengono i brividi mentre avanzo nell'oscurità, lo vedo muoversi in contro luce e non ci sono altre parole per descriverlo se non inquietante. Arrivo all'interruttore e quando accendo la luce del lampadario non c'è più.

Il cuore mi batte all'impazzata, mi sento stranissima. Non ci posso credere, non riesco a credere ai miei occhi. Mi do uno schiaffo in faccia per assicurarmi di essere sveglia, ma con l'anello colpisco il sopracciglio e mi faccio un gran male.
Sento il telefono vibrare nella tasca della felpa, mi spavento, è Harry che mi chiama.

Blood And Dust [Harry Styles] La Fiaba Della Strega Sanguinaria (In Pausa)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora