Il cucchiaio

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Sara e Giulia se ne stavano a fissarsi l'un l'altra in cucina. Sara, con i lunghi capelli rossi morbidamente appoggiati alle spalle e i seni gonfi di latte, con sua figlia Giulia, di pochi mesi, dallo sguardo vispo, i capelli arruffati, intenta a succhiare un cucchiaio. Sara rideva.

Erano sole nella vecchia casa. Era così difficile vivere lì: un appartamento troppo in alto, in una zona troppo brutta per viverci da soli.

Ora Giulia sbatacchiava il cucchiaio sul muro, i grandi occhi scuri osservavano il loro riflesso distorto e le orecchie erano ipnotizzate dal rumore metallico. Poi si fermò, e qualcuno, dall'altra parte del muro, le rispose con un ritmo identico.

Sara si pietrificò e corse nell'altra stanza con un mattarello in mano, ma quando accese la luce non vi trovò nessuno.

Quando tornò da sua figlia, lo strano fenomeno si ripeté:

tac, tac, tac, tac.

Sara cercò di capire se quello che le sembrava provenire dalla stanza accanto non venisse in realtà dall'appartamento vicino: in effetti, i muri di quella casa trasportavano moltissimo le vibrazioni. Sentiva spesso l'inquilino del piano di sopra prepararsi, al mattino.

Ma quando il battito si ripeté per la terza volta, Sara non ebbe più dubbi: c'era qualcuno in casa.

Terrorizzata, strinse a sè Giulia, chiedendosi chi mai potesse introdursi in un appartamento, di notte, per sbattacchiare con un cucchiaio sul muro seguendo il ritmo di sua figlia.

Quello che Sara avrebbe presto scoperto è che a fare quel rumore, dall'altra parte del muro, non era affatto un cucchiaio.

Era un coltello.

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