Il gatto

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Ho una passione sfrenata per i gatti. Appena ne vedo uno non riesco a trattenermi dal corrergli incontro. La maggior parte di loro scappa, vedendomi arrivare come un uragano, ma le eccezioni mi fanno sentire davvero felice. Provo qualcosa d'indescrivibile, mi sento in pace con me stessa e chi mi sta intorno quando accarezzo il loro pelo morbido. Ne ho sempre voluto uno tutto mio da accudire, ma mia madre cova un odio primordiale nei loro confronti. Le ho chiesto più volte il motivo, ma non mi ha mai risposto. Penso che sia allergica, dal momento che si vergogna di far sapere agli altri quali siano le sue debolezze.

Ho continuato con questa cantilena fino a tre settimane fa, quando mi sono finalmente trasferita qui, nella mia nuova casetta. Mia madre, come suo solito, non ha ancora accettato il fatto che sia andata a vivere da sola. Non lo accetterà comunque, quindi tanto vale mettersi il cuore in pace. È molto piccola come abitazione, e più volte ho temuto di avere un attacco di claustrofobia. Quando succedeva correvo nel balcone a prendere boccate d'aria o sulle scale, impegnata a scacciare via la crisi di panico. Adesso mi basta strofinare la mano sul musetto del mio piccolo amore. È la cosa più tenera e dolce che io abbia mai visto. L'ho trovato per strada, vicino a casa mia, intento a miagolare ai passanti. Era una di quelle eccezioni che mi fanno sentire al settimo cielo, e non ho resistito dal portarlo a casa con me. Abbiamo subito instaurato un legame speciale, io e Niki, e adesso non mi lascia più. Lo stesso vale per me.

Il veterinario, dopo averlo vaccinato per precauzione, ha detto che è a posto. Una volta tornati a casa ci siamo fiondati sul divano e siamo rimasti in quella posizione per ore, quando controvoglia mi sono decisa a mettere qualcosa sotto ai denti di tutti e due. Le prime due settimane sono passate da Dio. Mi sembrava di star vivendo una favola, il mio sogno più grande si era avverato. Avevo un gatto, diamine! L'incubo è iniziato due giorni fa. A dire la verità, non me ne sono nemmeno accorta. Ero distesa con Niki nell'oscurità confortante della notte, a fissare la luce che brillava nei suoi occhi, incantata dal musetto irresistibile, quando ha iniziato a miagolare. Attesi con pazienza che smettesse, e invece continuò per minuti interminabili, fino a che, all'improvviso, la luce nei suoi occhi si spense. Sì, spense, come se qualcuno avesse schiacciato un interruttore. Sono rimasta a fissarlo intontita e confusa. E ho quasi avuto un infarto quando ha lanciato quel grido. Oh Dio!

Un grido che non aveva nulla a che fare con un gatto, un fottutissimo grido umano. Ho buttato sul letto l'animale e sono corsa ad accendere la luce, trovandolo poi rintanato sotto al letto. Avevo per caso avuto un'allucinazione? Uno stupido gioco della mia mente?

Oh, no. Per niente. Le cose si sono fatte più strane, più sinistre, fino a diventare spaventose. Mi attacca senza motivo, miagola e lancia gridolini tutto il giorno. Non vedo più la bellissima luce brillare nei suoi occhi durante la notte. Non vedo più il mio gatto. Provo sempre un brivido lungo la schiena quando mi fissa con quelle palline rotonde. Ho la netta sensazione di essere studiata da qualcosa, non un semplice gatto.

Ho preso l'abitudine di chiudermi a chiave nella mia stanza, lasciando che graffi sulla porta quanto cazzo gli pare. Sembra che voglia entrare a tutti i costi.

Anche adesso lo sta facendo, da troppo tempo. Dannazione, non vuole più smetterla!

Mi alzo in preda ad una crisi isterica e raggiungo la porta, decisa ad aprirgli la strada.

E mi fermo con la mano a mezz'aria, il respiro ridotto ad un rantolo e le orecchie in allerta. Le avvicino ancora di più alla superficie fredda e smetto di aspirare aria, concentrandomi su quello che sento.

Unghie che strisciano accanto alla maniglia.

Troppo in alto per un gatto.

CREEPYPASTADove le storie prendono vita. Scoprilo ora