La macchina di Bill si spense di colpo con un agonizzante pulsare di spie e dopo un attimo l'abitacolo fu inglobato dal buio. Bill non imprecò nemmeno: era successo tutto così inaspettatamente e improvvisamente che per un paio di secondi fu incapace di fare nulla. Poi un fulmine balenò oltre la scheletrica volta arborea e il tuono lo fece sussultare sul sedile. Imprecò fra i denti, il cuore in gola. La pioggia era fortissima: scrosciava sonora sul tettuccio e scivolava lungo il parabrezza, rendendolo una lastra di vetro smerigliato oltre al quale non si scorgeva niente, se non il buio nebuloso della notte.
Bill ridacchiò nervosamente e poi provò a mettere in moto: il motore emise un verso strozzato e non si accese. L'uomo provò ancora, nervoso e arrabbiato, interrogandosi sul perchè la sua Toyota comprata neanche tre mesi prima avesse deciso di morire senza una valida ragione. Provò ad accedere la luce sul tettuccio ma neanche quella rispose al suo appello. Ancora troppo incredulo per imprecare, estrasse l'iPhone dalla tasca: l'abitacolo si colorò di una luce azzurrina e spettrale che non lo rassicurava per niente, ma perlomeno l'oggetto dava segni di vita, sebbene, come un po' si aspettava, non ricevesse segnale. Del resto si trovava in mezzo al bosco, a non meno di quindici chilometri dalla cittadina.
Cominciando a preoccuparsi, provò ancora a girare la chiave nel cruscotto, incitando l'auto a denti stretti, ma mentre si arrendeva all'evidenza che no, non sarebbe partita, le note della suoneria del suo iPhone riempirono il veicolo. Svelto, Bill tuffò la mano in tasca e senza controllare chi fosse se lo portò all'orecchio:
"Monica? La linea è disturbata! Se mi senti..."
Udì una voce emergere da quel coro di crepitii e sibili schioccanti. "Sono a quindici chilometri da te. Sto venendo a prenderti, Bill". La voce era troppo distorta perchè Bill potesse capire se apparteneva a un uomo o a una donna, ma di una cosa era sicuro: non si trattava di Monica, la sua ragazza.
"Pronto? Chi parla? Pronto!"
Ma la chiama era stata interrotta. Interdetto, Bill andò a controllare il registro delle chiamate ricevute. Lesse:
00.23 Sconosciuto.
Notò che l'iPhone non aveva campo; come era riuscito quel tipo a chiamarlo? Eppure si sentiva più a disagio che arrabbiato. Quella voce gli aveva dato una sensazione sgradevolissima, al punto che gli venne istintivo grattarsi l'orecchio destro. Sospirando, guardò fuori dal parabrezza, ma tra i rivoli d'acqua che vi scorrevano sopra, il buio e la condensa del suo respiro non riusciva a distinguere niente, eccetto le contorto forme degli alberi spogli fra i quali sfilava la strada, quando il lampo brillava nel cielo tempestoso.
Di nuovo, l'iPhone si mise a suonare. Bill lo sollevò.
"Pronto?"
Stavolta il rumore fu talmente alto da strappargli un grido, costringendolo ad allontanare l'oggetto dal proprio orecchio. La voce di prima tornò a farsi udire, fra scariche e schiocchi e fischi.
"Sono a dieci chilometri, Bill ... vengo per te ..."
Come prima, la chiamata si interruppe da sola. Con le mani che tremavano leggermente, anche per via del freddo che stava lentamente permeando la Toyota, l'uomo controllò il registro.
00.49 Sconosciuto.
Bill compose con il pollice il numero di casa: evidentemente, se poteva ricevere chiamate, allora forse poteva anche inoltrarle. Attese con l'agitazione che gli vibrava nel petto, sperando di sentire il suono della cornetta che si sollevava e udire la voce di Monica, ma invece ascoltò solo un messaggio registrato che gli faceva notare che non c'era campo. Deluso riagganciò e non fece in tempo a riporre in tasca l'iPhone che questo si accese.
"Pronto, Mon ..."
"Sono a cinque chilometri" gracchiò quella voce tetra e agghiacciante, risuonando fra mille distorsioni che parevano ululati e risate diaboliche. "Sto arrivando, Bill ... sto arrivando ..."
"Basta!" urlò Bill, il panico che gli riverberava nella voce. "Chi sei? Come conosci il mio numero, come sai il mio nome? Chi sei?!"
"Vengo, Bill ... so dove ti trovi ... arrivo."
Il misterioso interlocutore riagganciò, lasciando BIll in un indescrivibile stato di ansia, terrore e agitazione. In preda alla frenesia, guardò oltre il finestrino, provò a chiamare ancora Monica, senza risultato. Si impose di stare calmo: era uno scherzo, uno scherzo idiota di qualche cretino. La pioggia stava cadendo con maggiore forza e le foglie degli alberi si appiccicavano ai finestrini come strane creature vogliose di godersi lo spettacolo della sua agitazione, assetate della sua evidente crisi. Con il cuore in gola, decise di spegnere il telefono. Non appena se lo mise in tasca, la suoneria si fece sentire.
"Questo è impossibile!" urlò. Fissò lo schermo, dove la scritta "SCONOSCIUTO" pareva sorridergli con gioia maligna. Affannato, rifiurò la chiamata e il display si fece scuro. Pochi secondi dopo si accese: lo sconosciuto lo stava chiamando ancora. Disperato, Bill si portò l'oggetto all'orecchio.
"CHE COSA VUOI??!!"
La distorsione era fortissima, ma adesso udiva anche una canzone in sottofondo. Poi la voce dello sconosciuto si fece sentire, sinistra come sempre, senza emozioni, non umana.
"Voglio venirti a prendere. Ormai sono a tre chilometri da te ..."
"Non voglio! Lasciami stare! NON CHIAMARE MAI PIU'!"
Bill interruppe la chiamata e si gettò fuori dalla Toyota, mettendosi a correre sotto la pioggia, nel buio impenetrabile. Corse con il cuore che gli rimbalzava nel petto e con un rombo sordo che gli intasava i timpani; non ricordava di aver mai avuto tanta paura come in quel momento, era sconvolto, folle di un terrore tanto profondo da dargli la nausea. Non aveva idea di dove si trovava, di dove stava andando. I fulmini erano abbastanza frequenti da illuminargli la via: la strada scivolva dritta e apparentemente infinita fra due file di alberi che intersecavano i rami sopra di essa. Da un lato e dall'altro il bosco intrappolava l'oscurità umida di quella notte tremenda.
Dalla tasca emerse la suoneria. Bill emise un gemito lamentoso, estraendo il cellulare.
"Due chilometri" disse la voce gracchiante e distorta.
Bill gettò via l'iPhone e riprese a correre: non voleva farsi trovare da quel pazzo, chiunque fosse, qualunque cosa volesse da lui. Un dolore pungente lo colse alla milza, costringendolo a rallentare l'andatura. Bill singhiozzava sommessamente, scosso dai brividi, indolenzito. Non avere più l'iPhone lo faceva sentire meglio, ma era ancora solo, al buio, in mezzo a un bosco ...
I fari di un'auto scintillarono di fronte a lui come grandi occhi giallo sporco. Con un tuffo al cuore, Bill si pose in mezzo alla carreggiata, aprendo e chiudendo le braccia.
"Aiuto!" urlò supplichevole. "Vi prego!"
L'auto - una Ford nera e vecchiotta - rallentò e sterzò, prima di fermarsi. Il finestrino del guidatore si abbassò con un sibilo e la testa di un uomo dall'espressione perplessa si sporse.
"Per favore! La mia auto ... voglio andare via ..." Bill non riusciva neanche a parlare tanto era terrorizzato. L'uomo annuì e gli disse di salire. L'abitacolo della Ford era polveroso, odorava di sigaretta.
"Grazie" gemette Bill, tremante, ponendo le mani vicino alle grate del cruscotto, che gettavano aria calda. "Ho avuto un guasto alla mia auto ... e poi ... so che è pazzesco, ma un pazzo ha iniziato a chiamarmi!"
"Sì, lo so" rispose l'uomo, impassibile, prima di girare la manopola della vecchia radiotrasmittente, che iniziò a emettere scariche e sibili, fra i quali si distinguevano le note di Sleepwaker. Bill fissava il guidatore senza riuscire a proferire parola, sentendosi sconfitto, impotente. L'uomo non diceva nulla, non lo guardava, continuando a guidare sotto la pioggia battente, fino a che i suoi fari non illuminarono una Toyota che giaceva sul bordo della strada, il muso accartocciato contro un faggio. Bill restò a bocca aperta nel vedere se stesso riverso sul volante, immobile, chiaramente privo di vita.
Il guidatore estrasse un vecchio modello di cellulare e senza comporre il numero se lo portò all'orecchio. Poi, disse, con una voce inumana e senza sentimenti: "Sto arrivando, Peter. Sono a sedici chilometri da te. Vengo a prenderti."