"Alcune ferite sono fatte per non guarire mai. Possono sbiadire, diventare un po' meno dolorose, ma rimangono sempre lì come monito di ciò che le ha causate. Perché in alcune situazioni, il dolore è una risorsa importante. È l'unica cosa che ci perm...
Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.
Si precipitò nella folla con la spada sguainata; uccise tre seguaci senza quasi rendersene conto. Il loro sangue gli macchiò la camicia, schizzò sull'elsa dell'arma. Quasi non guardò i cittadini - poveri, visti gli abiti miseri e le mani consumate dal lavoro - che si inginocchiarono davanti a lui lodandolo per averli salvati.
«Andatevene», disse solo. «Qui è pericoloso.»
Li superò in fretta, raggiungendo cinque di quegli individui che stavano picchiando a morte un ragazzino: pareva avere non più di tredici anni.
«Fermatevi, bastardi!» urlò con il fiato che aveva in corpo.
I seguaci alzarono lo sguardo su di lui, poi si scambiarono qualche occhiata. Due di loro rimasero indietro, continuando a occuparsi dell'innocente, invece gli altri lo fronteggiarono.
«Ora scoprirete a cosa si va incontro sfidando il vostro re», ringhiò furioso.
Si gettò su di loro, pugnalando il più vicino al cuore. Il secondo cercò di ferirlo alla schiena, ma Erik lo colpì con un calcio e si voltò. Tirò una gomitata sul naso al terzo e, mentre quello barcollava all'indietro, cercò di trafiggere al collo con la spada il secondo. Quello, però, schivò il fendente con la propria arma. I due iniziarono una rapida successione di affondi e parate, ma quando il re stava per avere la meglio, il terzo uomo tornò all'attacco, colpendolo al fianco.
Erik si lasciò sfuggire un gemito, la pelle lacerata gli mozzò il respiro per un breve momento. Levò lo sguardo sui due, che lo guardavano soddisfatti. Strinse i denti, ignorò il dolore come sapeva fare bene e attaccò. La sua furia era tale da farlo muovere con velocità e precisione che non aveva mai mostrato prima. Tagliò la testa al secondo prima che quello potesse capire cosa stava succedendo e, schivando un fendente del terzo, lo ferì dietro la schiena. I due caddero a terra con pochi secondi di distanza.
Nel frattempo, i due seguaci avevano smesso di colpire il ragazzino. Avevano capito di averlo sottovalutato.
«Credevate davvero che il vostro re si sarebbe fatto sconfiggere così facilmente?» li derise. «Sulla mia spada c'è il sangue dei vostri compagni, e non mi darò pace fino a che non ci sarà quello del vostro capo.»
I due, volendo mostrarsi temerari, estrassero le spade e attaccarono in sincronia. Erik si abbassò e li fece inciampare l'uno sull'altro. I due batterono la testa e, confusi dall'impatto molto forte, non riuscirono a reagire in alcun modo mentre Erik li trapassava con la propria arma.
«E questi dovrebbero essere i soldati al servizio di Cassandra? Sono a malapena in grado di tenere in mano un'arma, figuriamoci usarla», osservò con tono sprezzante.
Aiutò il ragazzino a mettersi seduto e lui, timido, lo ringraziò con parole appena sussurrate.
«Dov'è la tua famiglia?» domandò con tono calmo.
Per un attimo il giovane non rispose. Poi, indicò con mano tremante il margine del bosco, dove i seguaci avevano accumulato i cadaveri. «Io ero l'ultimo che andava ucciso.»