Da ragazzo, quando pensava al giorno in cui avrebbe finalmente sperimentato che cos'è l'amore, si immaginava felicità, dolcezza, abbracci e baci, parole dolci; sognava il senso di libertà, il nodo allo stomaco della paura che si scioglieva, l'arrendevolezza di mostrare anche le parti vulnerabili di sé. Mai e poi mai avrebbe indovinato quanto dolore porta l'amore. Tutti lo descrivono come la salvezza dell'animo, la rinascita, il risollevarsi di una vita stagna. Dunque perché lui soffriva in quel modo?
Era lui il problema? Forse era sempre stato lui. Fin dalla nascita, era scritto nel destino che lui non potesse sperimentare quel sentimento tanto agognato. Fin da quando sua madre, stringendolo ancora tra le braccia, aveva esalato il suo ultimo respiro, gli era stato inciso addosso un marchio indelebile. Era un errore, era difettato, proprio come aveva sempre detto suo padre.
Arrivò fino alla sua camera quasi per miracolo, si accasciò a terra e richiamò le domestiche urlando. Ordinò che venissero tirate le tende, che non un solo spiraglio di luce filtrasse nella stanza, e che se ne andassero poi senza il minimo rumore. Le donne, spaventate dal suo comportamento, si affrettarono a obbedire e lo lasciarono solo.
Il buio l'aveva sempre confortato. A molti faceva paura, ma Erik non solo era attratto da quell'ignoto, lo sfruttava anche per nascondersi e fingere di non esistere, fingere che il dolore non fosse suo, che lui avesse solo assistito; poteva mentire a sè stesso dicendo che sarebbe andato tutto bene, raggomitolarsi in un angolo e singhiozzare inascoltato, essere debole e sfogare la sofferenza senza nessuno a guardarlo.
Aveva sempre avuto più paura della luce, perché è più difficile rifugiarsi, mentire, immaginare una realtà diversa; aveva sempre temuto la chiarezza del giorno, del sole che illuminava i corridoi di quel palazzo, perché non si capacitava di come tutto il mondo procedesse al solito modo mentre lui sentiva la sua vita appesa a un filo.
Era sempre stata la luce a fargli paura, perché temeva che tutti si sarebbero accorti, come suo padre, di cos'era davvero: uno sbaglio. E allora nessuno si sarebbe più avvicinato, tutti l'avrebbero guardato con disgusto. Le madri non avrebbero mai avvicinato a lui i propri figli per farli benedire dal tocco del loro re, ma li avrebbero tenuti a distanza. Avrebbe perso ciò per cui viveva, l'ultima cosa che gli era rimasta: il suo futuro.
Poteva aver fatto credere a Cassandra che potesse farcela a resistere, che non si sentiva morire a rinunciare a quell'amore, che fingere che quello che era accaduto tra di loro non fosse nulla non lo distruggesse, ma non si era mai sentito così vulnerabile.
La felicità era a un bacio di distanza, ma non poteva afferrarla. Non poteva amare Cassandra, non poteva sposarla. Poco importava quanto lo desiderasse e quanto ferirla lo distruggesse: aveva dei doveri che non poteva ignorare. Si stese a terra e, senza quasi accorgersene, si addormentò.
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The cursed love
Romance"Alcune ferite sono fatte per non guarire mai. Possono sbiadire, diventare un po' meno dolorose, ma rimangono sempre lì come monito di ciò che le ha causate. Perché in alcune situazioni, il dolore è una risorsa importante. È l'unica cosa che ci perm...