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«Domani terrò un ballo qui al castello

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«Domani terrò un ballo qui al castello.»

Cassandra quasi inciampò nei suoi stessi piedi mentre si dirigeva nel letto. Si sistemò, benché riluttante, al fianco di Javier, e cercò il modo giusto per esporgli i propri dubbi.

«Credete sia appropriato?» domandò infine.

«Perchè non dovrebbe esserlo?»

Si trattenne dall'alzare gli occhi al cielo. «Il regno sta per soccombere a causa di una forza oscura e sconosciuta. Non è sufficiente?»

Non venne degnata di ulteriori risposte e decise di non insistere. Non voleva rischiare di scatenare una sua reazione.

Come ogni notte da quando Javier si era appropriato della corona, non dormì quasi per nulla. Il giorno seguente fu costretta a occuparsi dei preparativi di un ballo cui nemmeno desiderava partecipare, e la sera arrivò prima che potesse accorgersene.

Nella camera, con la sola compagnia delle cameriere, prese una decisione. Javier si sarebbe arrabbiato, ma poco importava. Doveva farlo; per sé stessa, per Erik. Perché non aveva idea di quanto tempo ancora le rimanesse.

Javier l'attendeva nel corridoio. Quando la vide indossare quell'abito si irrigidì un poco, come sapendo che nascondesse un significato importante, ma non disse nulla. La attirò a sé, come al solito con poca delicatezza. Cassandra guardò dietro di sé e vide Leyla osservarla. Anche se la donna le rivolse un piccolo sorriso di incoraggiamento, vedeva il velo di tristezza calato su di lei. Non sapeva se sarebbe mai potuta guarire.

Si lasciò condurre al piano di sotto, ignorando - come ormai aveva imparato a fare - le mani di Javier che la violavano. La sala da ballo era già gremita di persone che chiacchieravano e ridevano; a un occhio poco attento sarebbero potuti sembrare felici. Cassandra, però, riconosceva la loro finzione: i sorrisi tirati, le risate forzate, le occhiate preoccupate che si rivolgevano l'un l'altro quando credevano di non essere visti.

Erano tutti terrorizzati, ma non potevano darlo a vedere.

L'uomo la trascinò per la sala a parlare con diversi nobili; nessuno la considerò mai, neppure le altre mogli. Tutti la ritenevano una traditrice, un pericolo, e non poteva biasimarli.

Finalmente, Javier si diresse verso il loro tavolo e si sedettero. Tirò un sospiro di sollievo e si rilassò, iniziando a far scorrere lo sguardo per la sala. Sorrise nel vedere Leyla che, nascostasi tra i camerieri adibiti al servizio, la osservava. Subito dopo, però, si rese conto del perché lo stava facendo. Il suo sguardo sembrava dire: "Non posso perdere anche te". Perciò era lì, perciò non voleva lasciarla sola: se avesse perso anche Cassandra, Leyla non avrebbe avuto più nulla. Era terrorizzata all'idea di rimanere sola.

Le sorrise appena, per farle capire che era lì e che non se ne sarebbe andata. Non avrebbe permesso che l'amica sprofondasse in un vortice di dolore; lei c'era passata ed era stato terribile: non voleva che subisse la medesima cosa.

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