Si svegliò all'improvviso.
Un raggio di sole che filtrava dalle tende non tirate la colpì in pieno visto, costringendola ad aprire gli occhi. Si mise seduta, cercando di capire cosa fosse accaduto; rimase in attesa, in ascolto, e riuscì a sentire qualcosa: delle grida.
Scostò con poca grazia le coperte e si alzò. Si coprì con il mantello e uscì, cercando la fonte di tanto rumore. Nel castello tutto sembrava tranquillo, eppure le urla continuavano a riecheggiare. Passando davanti a una delle numerose stanze, sentì che i rumori si erano fatti più forti. Entrò nello spazio che aveva uno scopo decorativo, in cui erano conservate alcune opere d'arte, e si diresse alla finestra aperta. Si sporse e quello che vide le fece venire i brividi: centinaia di cittadini urlavano in direzione del palazzo, i più temerari si arrampicavano sui cancelli e sulle mura.
Avrebbe dovuto essere felice di tutto quello, perché poteva concretizzare la speranza che Javier facesse qualcosa. Tuttavia, conoscendo l'uomo, azzardò l'ipotesi che quella sommossa non l'avrebbe convinto ad agire contro l'imminente minaccia. Poi realizzò una cosa ancora peggiore: qualcuno sarebbe stato punito per quello.
Mosse qualche passo indietro, desiderando tornare a letto e fingere di non aver visto nulla, ma mentre procedeva ancora di schiena andò a sbattere contro qualcosa. O meglio, qualcuno.
«Siete sveglia, finalmente.»
Al suono della sua voce si irrigidì, ma si impose di restare calma. Non aveva fatto nulla di male, lei. Doveva respirare e pregare che Javier non volesse sfogare la propria frustrazione su di lei. Si voltò e tentò di rivolgergli un lieve sorriso. «Ho sentito gli schiamazzi, mi sono svegliata e così sono venuta a controllare che cosa stesse succedendo.»
Javier la soppesò, come cercando di capire se stesse dicendo la verità. «Preparatevi.»
«C-come dite?»
«Tra dieci minuti vi voglio davanti al portone principale. Stroncheremo la ribellione sul nascere», dichiarò deciso.
Quelle parole potevano significare solo una cosa, lo sapeva: morte. Deglutì, sentendo all'improvviso la gola secca.
«Muovetevi!» la riprese non appena vide che era ancora lì.
Si riscosse, lo guardò e fece per parlare, ma lui la precedette.
«Non costringetemi a farlo con la forza, perché se dovrò arrivare a quel punto stasera sconterete i vostri errori.» Il suo sguardo era freddo, imperturbabile.
Cassandra non perse tempo nemmeno ad annuire e uscì. Si vestì, senza riuscire a smettere di pensare a quanto stava per accadere. Non appena si presentò al portone principale, Javier la prese per il polso e la trascinò fuori.
La situazione era degenerata. Chissà come i ribelli avevano superato i cancelli e stavano avanzando. Le guardie del palazzo e gli uomini di Javier erano già nel mezzo della folla e tentavano di calmarli o almeno di respingerli, ma nulla pareva funzionare. Era certa che qualcuno avesse già perso la vita.
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The cursed love
Romansa"Alcune ferite sono fatte per non guarire mai. Possono sbiadire, diventare un po' meno dolorose, ma rimangono sempre lì come monito di ciò che le ha causate. Perché in alcune situazioni, il dolore è una risorsa importante. È l'unica cosa che ci perm...