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Si sentiva umiliata, sciocca, sporca, sbagliata

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Si sentiva umiliata, sciocca, sporca, sbagliata. Non portava tracce del sangue di quel pover'uomo innocente, ma avrebbe tanto voluto che quello le macchiasse la pelle, l'abito, il viso. Avrebbe voluto poter grattare via quel sangue, strofinare la pelle fino a scorticarsi. Sarebbe stato un sollievo, certamente più di sapere che a essere contaminata era stata la sua anima, e che non c'era cura né soluzione per questo.

Un'altra vittima della sua Dote, un altro essere umano piegato dal suo spaventoso potere, un altro innocente che aveva visto contorcersi per terra, piangere, senza la forza di urlare o supplicare. Quegli occhi serrati, quei pugni tanto stretti da far scendere qualche rivolo di sangue tra le dita, le sarebbero rimasti in mente per sempre. L'avrebbero accompagnata per lungo tempo, un ricordo immortale insieme a tanti altri.

Corse per i corridoi, sentiva i passi delle guardie dietro di lei. Per loro era una criminale, un abominio da rinchiudere lontano cosicché smettesse di creare problemi alle persone normali. Forse era la stessa cosa che pensava Erik di lei. Come aveva potuto usarla così? Era stato gentile, le aveva fatto dei regali, l'aveva baciata e poi abbandonata, eppure aveva avuto la faccia tosta di esibirla per l'intera serata, di baciarla di nuovo davanti agli invitati e persino di togliere le manette con un semplice gesto, un movimento rapido, lasciando che scatenasse il caos.

Per lui non era altro che un oggetto, un giocattolino, un mezzo da sfruttare per giungere ai suoi obiettivi. Si era illusa che l'amore che provava nei suoi confronti fosse troppo forte per non essere ricambiato e aveva imparato un'amara lezione: le persone sono disposte a tutto per usarti, possono mostrare parti del loro carattere che non gli appartengono al solo scopo di ammansirti, così che tu possa portarli al successo e poi essere scaricato come nulla fosse.

Arrivò finalmente alla propria camera, vi entrò e sprofondò nel letto. Strinse le ginocchia al petto, provando ribrezzo per il tessuto che l'avvolgeva ma senza avere la forza di strapparselo via. I singhiozzi cominciarono a scuoterla senza che riuscisse a fermarli, non sapeva neppure come era riuscita a trattenersi fino ad allora. Pianse con la vergogna che le bruciava la gola, pianse con il cuore dolorante per un amore che, in quella precisa sera, aveva perso per sempre, pianse per la speranza che ancora una volta l'aveva fatta vivere felice per qualche tempo per poi farla ripiombare nello sconforto.

Pianse fino a non avere più lacrime, poi si ricompose. Si tirò a sedere, si asciugò il volto e si guardò allo specchio. Osservò gli occhi gonfi, il viso arrossato, ma nessuna traccia delle terribili azioni che aveva compiuto; di nuovo, questo la fece stare ancora peggio.

Non sapeva più chi era, forse non l'aveva mai saputo. Era sempre stato il suo potere a definirla, a scegliere per lei, anche se non aveva dubbi che tutto il male causato dalla sua Dote non fosse una sua volontà, perché se lo fosse stato non avrebbe percepito il pentimento che invece la perseguitava. Come poteva ricominciare se non aveva mai vissuto davvero? Come poteva amare se per tutti quegli anni aveva vissuto un amore falso?

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