I.

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Aprile si apre con le peggiori notizie che potessimo ricevere. Nonostante il nuovo farmaco sperimentale, purtroppo, la chemioterapia non sta andando molto bene. Dai risultati della P.E.T Scan, purtroppo, si denotano nuove metastasi e la situazione precipita.

Gianni sta sempre peggio, dorme più a lungo e dimagrisce a vista d'occhio. Sono sempre più terrorizzato e gli oncologi non sembrano essere tanto positivi sulla situazione del mio amico.

Un pomeriggio, accompagno Gianni alla visita oncologica. Aspettiamo il nostro turno e, poi, entriamo. La Dottoressa Marieli che ci ha sempre accolti col sorriso, questa volta è molto seria e ha il viso tirato.

"Buonasera." Ci saluta cordialmente. "Salve." Ricambiano noi il saluto. Lei prende dei fogli di carta e la vediamo sospirare.

"Purtroppo, devo darvi delle cattive notizie." Ci anticipa, molto triste. "I risultati della P.E.T non sono quelli che speravamo e le cellule tumorali stanno facendo molto più danno di quello che pensavamo. Nemmeno il farmaco nuovo è riuscito a bloccarne gli effetti." Ci spiega. "La situazione è diventata più grave. Mi spiace che non abbia notizie migliori da darvi."

Rimango seduto sulla sedia e sento le gambe molli. Cosa sta cercando di dirci? Non c'è altro da fare? Guardo Gianni e lo vedo annuire, come se gli avessero detto che hanno rovinato il suo maglione preferito.

"Quindi che dobbiamo fare adesso?" Chiedo, provando a trovare uno spiraglio di luce in questa situazione.

"Purtroppo, non molto. Inizieremo un nuovo ciclo di chemioterapia, ma sarà un palliativo e non un curativo." Parla molto chiaramente. "Palliativo? Nel senso che..." Non voglio finire la frase. "Nel senso che cercheranno di limitare i dolori, ma il mio destino è già segnato." Conclude Gianni. Mi viene da vomitare. Che sta succedendo? Pensavo che ce l'avrebbe fatta. Credevo che avevamo superato il peggio. Perché siamo in questa situazione?

Gianni giocherella con le dita. Chissà come debba sentirsi povero piccolo. "Quanto pensa mi resti da vivere?" Azzarda lui, come fanno nei film americani che trattano il tema del cancro.

Lei fa spallucce. "E' difficile fare una stima. La chemioterapia potrebbe rallentare di poco l'aggravarsi delle condizioni, ma il ritmo con cui si diffondono le cellule, purtroppo, è molto veloce. Influisce il fatto che sei molto giovane." Ci spiega. "Voglio essere molto chiara. Non sei un anziano e nemmeno un bambino ed è il tuo corpo e la tua vita, quindi devi sapere che sta succedendo." Dice la Marieli bruscamente. "Sono d'accordo." Risponde Gianni in maniera pacata.

"In ogni caso, possiamo fare una stima approssimativa. Di solito direi da sei mesi ad un anno, ma nel tuo caso, probabilmente, meno." Sentenzia. Meno di sei mesi? E' troppo poco. Mi sento come se vivessi in un incubo dal quale non riesco a svegliarmi.

"La chemioterapia allungherà le mie aspettative di vita, ma anche la qualità?" Chiede Gianni, come se si fosse già preparato quelle domande.

"Purtroppo, sappiamo tutti gli effetti collaterali che ha la chemioterapia e se da un lato aiuta, dall'altro, purtroppo, fa molto male. Ti eviterà dolori lancinanti, ma ti terrà anche in uno stato catatonico." Lo mette in guardia lei. "Invece, se non la facessi, potrei godermi un periodo più lungo sentendomi me stesso?" Si informa il mio amico.

"Probabilmente. Io non ti voglio obbligare ad accettare le cure, ma ti voglio mettere in guardia sul fatto che, qualora tu non volessi procedere con la chemioterapia, alla fine, potresti soffrire parecchio." La Marieli parla con fare materno, come se stesse spiegando a suo figlio la differenza tra bene e male. Io non riesco a formulare neanche un banale pensiero, sono troppo sconvolto. Vorrei prendere un aereo è fuggire via da tutta questa situazione. Forse, vorrei anche dimenticare tutto quanto, una sorta di amnesia totale per dimenticarmi il dolore emotivo che sto avvertendo in questo momento.

"Io non voglio più fare la chemioterapia. Voglio sentire il mio corpo al cento per cento, fino a quando lo posso fare. Non voglio sprecare ciò che mi resta da vivere, facendo entra ed esci dall'ospedale. Voglio godermi a pieno le ultime sensazioni ed emozioni che mi rimangono. Ha senso?" Chiede alla dottoressa. Lei lo guarda e annuisce.

"Certo che ha senso. La medicina, purtroppo, ancora non è riuscita a trovare un modo per sconfiggere questo male e quando vedo casi come il tuo, di giovanissimi che stanno lottando contro questa malattia, mi sento morire. Prende una fotografia e ce la passa. Vediamo una bellissima ragazza con i capelli rossi e un sorriso bellissimo. La giovane ha gli occhi azzurri e ha un'aria così spensierata. "Lei è Lidia." Ci dice, anche se non capiamo dove voglia arrivare. "E' mia figlia. ERA mia figlia. Una giovane ragazza piena di forza e di vita. Ha avuto un tumore al cervello e, alla fine, non ce l'ha fatta. Aveva solo ventisei anni quando se n'è andata." La voce della dottoressa si spezza. "L'ho vista soffrire tantissimo e non lo augurerei a nessuno. Quando è morta, mi sono ripromessa che avrei fatto di tutto per cercare di salvare giovani vite come la sua, ma questo male è furbo e continua a prendersi ancora troppi ragazzi. So che non ci conosciamo bene e che io, una volta uscita da questo ospedale, tornerò alla mia vita e che il dolore sarà solamente tuo, ma voglio che tu sappia che ci sto male davvero e che mi sento terribilmente in colpa perché sono inutile. E' come se stessi perdendo Lidia un'altra volta." Lei si avvicina al mio amico e lo abbraccia. "Mi dispiace tanto." Lui la stringe. Io scoppio a piangere e vado via dall'ufficio della dottoressa.

Entro in un bagno e inizio a singhiozzare. Piango perché la vita è ingiusta, perché il mio amico non si merita nulla di tutto ciò. Odio che non sia forte abbastanza da riuscire a consolarlo e vorrei picchiare qualcuno. Inizio a dare calci alla porta del bagno per sfogarmi. Non può essere vero. E' tutto un brutto sogno, ma non riesco a svegliarmi.

Ad un certo punto, vedo Gianni accanto a me e quando lo vedo, lo abbraccio. "Non può essere. Vedremo altri medici e ti salveremo."

"Calmati, Daniele. Va tutto bene. Sapevo già che non stava andando bene la terapia e che, probabilmente, era solo questione di tempo." Mi spiega. "Sono mesi che sto provando a fare i conti con la morte."

Ci stacchiamo e vedo che il suo volto è rigato dalle lacrime. "Non pensare che non abbia paura, perché ne ho una fottuta, ma non è la morte che mi spaventa di più, è il fatto di lasciarvi per sempre. Odio il pensiero che voi andrete avanti, che crescerete, vi innamorare, invecchierete e io non sarò li per voi e con voi. Questo è quello che mi fa più paura."

"Ma come faremo ad andare avanti senza di te? Tu sei il nostro pilastro. Non.." Mi blocco. "Non ce la posso fare."

Lui torna ad abbracciarmi. "Ce la farai, invece. Solo, promettimi che non mi dimenticherai mai. Promettimelo."

Io chiudo gli occhi e respiro l'odore della sua pelle, come se volessi imprimerlo nella mia testa.

"Non ti dimenticherò mai, Gianni. Farai sempre per parte di me. Vivrai attraverso di me." E' una promessa che intendo mantenere. "Mi prometti che, se ci saranno momento in cui crollerò, tu sarai lì a supportarmi e a darmi la forza per poter superarlo?" Io annuisco. "Sarai forte per me? Giuramelo!" Non so se riuscirò ad essere all'altezza di tale compito, ma devo cercare di esserlo per lui. Perché si merita gente che lo supporterà sempre fino alla fine.

"Io non voglio morire, Dany. Non voglio lasciarvi. Sto provando ad essere forte, ma non mi riesce bene. Sto morendo dentro. LETTERALMENTE." E appoggia la testa sulla mia spalla.

Io lo accarezzo e lo bacio sulla testa. "Lo so. Lo so." Rimaniamo in quel bagno per quelle che mi sembrano ore.

Quando usciamo e già l'ora di cena e l'ospedale sembra deserto. Saliamo in macchina e metto in moto. "Non mi va di tornare ancora a casa. So che passerei tutta la serata a pensare alla mia morte e non voglio. Che ne diresti se andassimo in qualche fast food a strafogarci di cibo spazzatura? So che fa sentire meglio."

Ci guardiamo e scoppiamo a ridere. "Beh, allora mi sa che dovremo ordinare tutto il menù completo." Dico." Più volte!" Non so perché ma ridiamo come scemi. Sono grato che ci siano momenti come questo. Momenti in cui sembra che il dolore si attenui e che torni il sole. Peccato che durino poco.

Quando torno a casa, trovo Alessio che guarda lo sport in tv. Si alza e mi abbraccia. Io scoppio a piangere. Ho bisogno di sfogarmi per essere forte per Gianni. Devo esserlo per entrambi.

Quando Il Sole TramontaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora