Prologo

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La notte è calda, esattamente come quella di un anno fa. Le luci dei lampioni festeggiano l'arrivo dell'estate. Ci sono dei chiari segnali che, da lì a poco, anche andato via il sole, ci sarà quel caldo soffocante che non ci darà tregua per più di tre mesi.

Dopo una giornata estenuante a lavoro, mi avvio nel luogo dell'appuntamento. Lo abbiamo stabilito già con un anno di anticipo: Ogni anno ci riuniremo per celebrare La Gianna.

Mi avvio a piedi, in questa giornata in cui tutto il dolore si è ripresentato come un pugno in faccia, non ho voglia di muovermi con l'auto, ma di fare due passi a piedi, per schiarirmi le idee e, sopratutto, per assaporare l'arrivo dell'estate. Quel lieve tepore che non ti fa sudare, ma che ti permette di rimanere in giro a maniche corte.

Scendo lungo via Garibaldi e arrivo al centro. Passo il Duomo di Catania, saluto con un sorriso il monumento più bello della città. Quante volte sono passato per di lì senza far caso a quanto quel luogo abbia segnato la mia vita? Mi fermo a riflettere sulle cose succede da un anno a questa parte e devo dire che mi sento più maturo.

Finalmente raggiungo la via giusta e guardo il palazzo che ho di fronte a me. Un pò decadente, con molte crepature, ma ancora con quell'aria signorile che lo contraddistingue. Ce ne sono molti di palazzi simili in tutta Catania e, nonostante non abbia vissuto tutta la mia vita qui, mi sento un pò parte della storia di questa città. Un granello di sabbia in una spiaggia immensa.

Vedo un gruppo di ragazzini attraversare, ridendo e scherzando tra loro e la mia mente ritorna indietro di quasi due anni quando eravamo un gruppo di appena trentenni spensierati (o meglio, cercando di esserlo) che provavano a trovare un posto nel mondo.

Il palazzo ha il portone che non funziona bene, quindi basta spingerlo con un pò di forza e si apre facilmente. Lo so molto bene.

Aspetto che nessuno mi guardi, poi, mi avvicino al portone verde e lo spingo. Il gioco è fatto! Entro dentro il palazzo, un pò ridotto male anche quello e mi avvio alle scale. Dopo tre rampe di scale, mi ritrovo davanti ad una porta, cerco di non fare rumore e la apro.

Mi ritrovo sul terrazzo e chiudo gli occhi. Respiro l'aria della sera e chiudo gli occhi. Mi sento un pò più in pace con me stesso.

"Ce l'hai fatta!" Mi volto di scatto e mi ritrovo due volti sorridenti, anche se non completamente felici. Uno è alto e con i capelli neri lunghi, una barba incolta che gli da un'aria sexy, vestito con una camicia color cachi e un paio di pantaloni quadrettati verdi; L'altro è un pò più semplice, con i suoi capelli neri e pieni di gel per tenerli su. Ha un fisico ben definito anche se parecchio magro. Indossa dei jeans e un maglietta nera.

"Scusate, ma a lavoro non volevano farmi andar via. Mi son dovuto inventare un mal di testa." Confesso il mio peccato.

"Come state?" Chiedo, emulando il loro sorriso.

Alessio e Paolo sono stati e sono parte importante della mia vita. Forse, nemmeno noi siamo consapevoli di quanto siamo legati indissolubilmente. "Beh, anche io a lavoro un casino." Dice Paolo. Lavora come magazziniere in un negozio di abbigliamento e lo odia profondamente. Non ha avuto una grande istruzione e questo è il primo lavoro decente che trova.

"Io, invece, sto una favola." Puntualizza Alessio. "Ma se hai parlato al telefono con un cliente rompiscatole fino a pochi minuti fa." Lo stuzzica Paolo. Se non fossero entrambi così amici, sarebbero una vecchia coppia che si punzecchia.

"Mi ero semplicemente dimenticato di dire una cosa ad un cliente. Che vuoi?" S'infastidisce Alessio.

"Niente! Dico solo che nemmeno a te va tutto benissimo."

Alessio è pronto a ribattere, ma io lo fermo.

"Cominciamo?" Dico, cercando di rimetterli al posto. I due mi guardano e poi annuiscono. Dal mio zainetto esco una candela all'aroma di lavanda e l'accendo. "Che ne dite se ci sediamo?" Suggerisco. Paolo annuisce, Alessio si guarda in torno.

"E' possibile che debba sempre sporcarmi quando veniamo qui?" Si lamenta. "Potresti ,per una volta , non fare la principessa Elsa?"

"Ragazzi, possiamo essere seri almeno per un minuto?"

Loro si zittiscono. Ci sediamo tutti a terra, formando un cerchio e poggio la candela al centro.

"Qualcuno non dovrebbe dire qualcosa?" Suggerisce Paolo. Alessio sembra, per una volta, d'accordo con lui. Quando, però, nessuno apre bocca, capisco che debba essere io a parlare.

"Siamo qui, stasera, per ricordare una persona speciale. Un amico, un confidente..."

"Una star!" Aggiunge Paolo.

Ridacchiamo.

"Una star." Ripeto io. " Una persona che ci ha dato tanto e che non scorderemo mai. L'unico e solo: La Gianna!" Alzo la candela in alto, come se stessi tenendo un calice e stessi brindando. "Ci manchi tantissimo e vorremmo che fossi qui con noi. Anche se so che lo sei, pur non in forma fisica."

Alessio si rattrista e Paolo sospira.

"Ci manchi tanto Gianni e vorrei che non te ne fossi mai andato." Chiudo gli occhi e sento che sto parlando direttamente a lui.

Gianni, un ragazzo originario di Palermo, un pò pazzerello e pieno di energia, la persona che ci ha uniti tutti e che ci ha regalato momenti bellissimi. "Non posso credere che sia già passato un anno da quando non c'è più." Dice Alessio.

Rimaniamo in silenzio a guardare la candela.

"E' tutto qui?" Chiedo. "Il nostro rito annuale prevede solo due parole e una candela?"

Paolo sorride, questa volta un pò maliziosamente. Si alza e tira fuori una bustina trasparente con dentro della roba verde dalla tasca dei jeans.

"Mi sono permesso di portare anche io qualcosa per ricordare Gianni."

Sventola il pacchettino davanti ai nostri occhi.

Io e Alessio scoppiamo a ridere. "Non ci credo! Ma dove l'hai presa?" Gli domando.

"Ho semplicemente chiesto a mio nipote. Non potete capire che brutta figura ho fatto con il pusher." Ovviamente, lui tende sempre ad esagera. Il pusher sarà un ragazzetto che coltiva erba dentro camera sua.

"Quando ci siamo visti, mi sono ritrovato un tizio che pareva avere tredici anni. Gli ho chiesto l'età e per poco non è fuggito via spaventato pensando che fossi uno sbirro in borghese." Ci racconta lui. Rido immaginando la scena surreale.

"Allora, ce la rolliamo?" Chiede Alessio, imitando uno di quei giovani che vediamo sempre in strada quando fumano una "sigaretta allegra".

Non siamo granché pratici. Io non ho mai girato una sigaretta simile,Alessio è troppo altolocato per aver mai fumato erba in età adolescenziale e Paolo, ormai, ha perso il suo tocco. Ci mettiamo dieci minuti buoni a completarla e il risultato non è nemmeno un granchè.

Paolo si porta la sigaretta in bocca e poi afferra la candela per accenderla. Ce la passiamo e ci godiamo quella serata. Il tepore di inizio estate, la luce dei lampioni e i rumori della città mi rilassano tantissimo. Forse è merito della sigaretta allegra, chi può dirlo.

Socchiudo gli occhi e torno indietro con la mente. Torno al giorno in cui tutto è iniziato. Torno ad un periodo felice, anche se non lo sapevo. 

Quando Il Sole TramontaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora