13: Posso essere egoista?

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I giorni passarono in fretta e i due giovani amanti avevano trovato una buona stabilità nella convivenza: facevano colazione assieme, facevano a turni per le faccende in casa (che Koray aveva imparato a svolgere), andavano insieme in azienda dove erano molto impegnati con il lavoro e passavano il resto della loro giornata l'uno appiccicato all'altro. Koray era perfino entrato in confidenza con gli amici del più piccolo.

Con lo scorrere dei giorni, però, si avvicinava anche il momento del termine del tirocinio il che significava che Atid avrebbe ripreso i corsi universitari e non avrebbe più messo piede in quell'enorme edificio. In quel momento di realizzazione, il ragazzo dai capelli rossi, decise di impegnarsi il doppio su quel grande progetto a cui stava lavorando insieme a tutti gli altri dipendenti. Andava da una sede all'atra per aiutare i meccanici e aggiornare il capo sulla situazione, avendo sempre poco tempo per prendersi cura di sé e passare del tempo in ufficio con il maggiore. Per fortuna, però, Koray era sempre pronto a far ricaricare Atid comprandogli numerosi spuntini e facendolo fermare molto spesso.

Quella mattina era diversa dalle altre. Il viso di Atid era pallido e faceva fatica a camminare per raggiungere la zona da pranzo per consumare il primo pasto della giornata preparato dal maggiore. Appena Koray alzò lo sguardo verso il suo ragazzino, per dargli il buongiorno, cambiò subito espressione.

- "Stai bene?"

- "Hm Mh."

- "Sei pallido, non dire bugie."

- "Sto bene, dico davvero."

- "Atid."

Il tono con cui Koray lo aveva chiamato non ammetteva repliche o bugie. Gli si avvicinò e posò il dorso della mano sulla fronte di Atid, l'altra mano la mise sulla propria per comparare la differenza di temperatura. Sentendo la fronte bollente del suo ragazzino, sospirò e lo fece sedere. Per qualche secondo scomparì al piano superiore e quando fece ritorno, aveva una coperta tra le braccia che, poi, mise sulle spalle del malato. Prese la colazione e si sedette al suo fianco aiutandolo a mangiare.

- "Oggi resta a casa, non ti farò uscire con la febbre."

- "Ma voglio venire anche io. C'è tanto da fare e non voglio mancare."

- "No. Tu resti a casa, deve abbassarsi la febbre."

- "Ti prego, manca poco all'uscita della macchina e alla fine del mio tirocinio. Fammi venire a finire il lavoro."

- "Basta così. Ho detto che oggi resti a casa. Cosa farai se peggiorasse la febbre? Sono giorni che ti ammazzi di lavoro, non hai ascoltato ciò che dicevo e ora subisci le conseguenze. Non sei come me Atid, il tuo corpo è più fragile e di conseguenza se ti affatichi più del dovuto ti ammali. Hai fatto, già, abbastanza per il progetto. Ora devi solo stare buono e ascoltarmi e non voglio sentire né ma, né però."

Atid sospirò. Ormai sapeva che, quando il più grande era arrabbiato e lo sgridava, non c'era verso di convincerlo del contrario. Se diceva che sarebbe rimasto a casa, allora, doveva ascoltarlo e fare come gli era stato detto. Inoltre, in quello stato febbricitante non riusciva a contraddirlo oltre. Poteva solo guardarlo con gli occhietti lucidi e gli angoli delle labbra curvi verso il basso, stringendo il tessuto dei pantaloni tra i pugni. Koray alla vista del più piccolo in quello stato, non poté fare altro che addolcire lo sguardo e accarezzargli le guance rosse.

- "Lo dico per il tuo bene. Ora ti porto su, ti lavo e poi torni a dormire ok?"

- "Ok..."

Si lasciò prendere in braccio dal maggiore e portato al piano superiore. Mentre salivano le scale allacciò, strettamente, le gambe attorno al bacino del più grande e si strinse al suo corpo per non cadere. Appena la sua schiena toccò il materasso, Koray andò a prendere una tinozza che riempì d'acqua calda, prese anche un piccolo asciugamani e tornò nella stanza di Atid. Lo aiutò a spogliarsi e passò la tovaglietta zuppa d'acqua su tutto il corpo caldo del minore che, al contatto, ebbe la pelle d'oca. Lo rivestì con abiti puliti e lo rimise sotto le coperte.

Where the sun risesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora