17: Festival delle lanterne

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Il viso della donna era rosso di rabbia, mentre l'uomo al suo fianco aveva uno sguardo gelido. Non si capacitavano come, Atid, si sia messo in mezzo per prendere le parti del loro figlio. Yeliz (mamma di Koray) fece alcuni passi avanti. Fu allora che il maggiore, rimasto ad ascoltare il suo ragazzino, riprese coscienza e spostò ancora una volta il più piccolo di lato. Conosceva bene i pensieri e i modi di fare dei propri genitori e lo sguardo della madre non prometteva nulla di buono. Sapeva che se Atid avesse interferito oltre, per difenderlo, non sarebbe stato più al sicuro. Ma, in quel momento, nessuno dei due era più al sicuro.

Yeliz alzò la mano verso l'alto, pronta a schiaffeggiare il figlio per l'umiliazione subita. Koray non si mosse, l'avrebbe lasciata fare e avrebbe incassato lo schiaffo ma non avrebbe dato, loro, la soddisfazione di vincere. Come risarcimento, gli avrebbe portato via tutto ciò a cui loro tenevano: il denaro. Chiuse gli occhi. Il viso era rilassato, non mostrava alcun segno di paura ma, al contrario, un angolo delle sue labbra era ricurvo verso l'alto. Attese a lungo lo schiaffo, ma non arrivò.

Quando aprì gli occhi vide, ancora una volta, Atid davanti a sé. La mano della madre non lo aveva raggiunto perché fermata dalla presa ferrea del minore. Yeliz fece una smorfia di dolore e ritirò la mano. Il polso ero rosso a causa della stretta. Koray girò a sé il più piccolo e controllo che non avesse segni di schiaffi. Tirò un sospiro di sollievo quando constatò che stesse bene. Lo rimproverò dolcemente.

- "Non farlo più, so quello che faccio ragazzino."

- "Anche io so ciò che faccio e non avrei permesso che ti schiaffeggiassero inutilmente. Se non hai altro da dirgli meglio tornare a casa. Non ti fa bene stare in quest'aria tesa."

Il minore prese le redini della situazione. Koray aveva fatto molto per lui, era giunto il momento di ricambiare il favore. Lo prese per mano e senza attendere la sua risposta lo portò fuori dalla sala, ignorando i moniti della donna. Il maggiore non disse nulla. Non aveva mai visto questo lato del suo ragazzino, ma non gli dispiaceva affatto. In quella situazione tesa e per nulla piacevole sorrise. Si lasciò portare fino alla macchina poi, i passi di Atid si arrestarono.

- "Le chiavi, guido io."

- "Sai guidare la macchina? Ma tu hai una moto."

- "So guidarla, porto la moto perché è più comoda nel traffico."

Anche se titubante, Koray gli diede le chiavi dell'auto e andò a sedersi al lato del passeggero. Se non avesse mai avuto paura di nulla, ora avrebbe iniziato ad averne. Per la sua sicurezza, mise la cintura e si tenne ad essa. Atid lo guardò confuso mentre saliva in auto.

- "Esagerato, guarda che so guidare bene. Non è la prima volta che guido una macchina."

Mise anche lui la cintura, sistemò lo specchietto e mise in moto. Come aveva detto, non era la prima guida che faceva con una macchina. Quando il maggiore constatò che, sapeva davvero guidare, si tranquillizzò e lasciò la presa sulla cintura. Girò lo sguardo verso il guidatore, concentrato sulla strada. Fece scorrere lo sguardo su tutta la sua figura e allungò una mano verso la sua testa che accarezzò. Il viso, fino a quel momento serio, di Atid si ammorbidì in un sorriso.

- "Che ragazzino coraggioso."

- "Visto? Sono capace, anche io, di difendere il mio ragazzo. Ammetto, però, che i tuoi genitori fanno davvero paura. La prossima volta non fare cose così avventate."

- "Non ci sarà una prossima volta, puoi starne certo."

- "Hm...mi dispiace."

- "Non devi, non è colpa tua."

- "In parte lo è."

Strinse le mani sul volante. Le parole di Yeliz gli risuonavano nelle orecchie e un senso di colpa prese possesso del suo corpo: <<hai rovinato una famiglia.>>

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