12. War of hearts

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"Lui aveva il dono straordinario della speranza, una solitudine romantica come mai ho trovato in altri e molto probabilmente mai più troverò

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"Lui aveva il dono straordinario della speranza, una solitudine romantica come mai ho trovato in altri e molto probabilmente mai più troverò."




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Avevo sempre saputo che tutti pensavano che avessi un difetto in testa

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Avevo sempre saputo che tutti pensavano che avessi un difetto in testa.
Che fossi strana come il glicine in inverno, che resiste alla neve, che non secca i suoi rami e fiorisce contro stagione.
Me lo avevano ripetuto con gli occhi e gli sguardi fin dal primo istante in cui ero arrivata a Glastonbury.
Semplicemente col tempo avevo imparato a fregarmene.

La testa mi girava sulle scale demolendo il mio equilibrio e le gambe si affaticavano come se i gradini si rincorressero tra loro, perché ultimamente la mia vita aveva preso una piega ancora più illogica e la labirintite era solo uno dei tanti sintomi fisici di quella deriva.
Il bacio con Gremory, il trauma di Mallory, e l'omicidio che come un buco nero avrebbe risucchiato tutti noi, in un modo o nell'altro.

Draven e il modo in cui aveva aderito al mio corpo, e i battiti accelerati e quella sensazione di terrore che mi creava spasimi quasi dolorosi e che avrebbe dovuto mettermi in guardia.

Pensavo di aver dormito per un secolo intero, e invece erano passati solo due giorni e Wysteria Wood era ancora immutabile come duecento anni prima, anche se il clima diventava ogni giorno più umido e rigido e forse in realtà mentre io ero nell'impero mentale in cui andavo quando dormivo, attorno a me era cambiato proprio tutto.

Mi ero svegliata nello stesso luogo inospitale, ma con strane sensazioni riguardo i gemelli e Arden che non mi abbandonavano.
Per un attimo, da sola in quella cella, avevo davvero pensato che non li avrei mai più rivisti.

E mentre salivo per le scale di casa sapevo che Draven non mi avrebbe seguita, Draven non mi odiava nemmeno: a lui interessava solo che per qualche ragione restassi in quel luogo senza mettere i bastoni tra le ruote a nessuno.
Rendendomi invisibile come ero sempre stata.

Ma c'era un motivo per cui mi considerava fragile come il vetro, e non era il suo affetto nei miei confronti e nemmeno la mia narcolessia a renderlo così protettivo, asfissiante, impetuoso.
C'era qualcosa che qualcuno voleva da me.

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