33. Sweet dreams are made of this

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«Con un profondo gemito di piacere o di dolore, capitolò senza condizioni, calandosi finalmente nel ruolo che la vita aveva studiato per lui: quello dell'angelo martirizzato, fragile nel fisico e mansueto nel carattere, da accarezzare e picchiare,...

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«Con un profondo gemito di piacere o di dolore, capitolò senza condizioni, calandosi finalmente nel ruolo che la vita aveva studiato per lui: quello dell'angelo martirizzato, fragile nel fisico e mansueto nel carattere, da accarezzare e picchiare, da cullare e insultare, capace di ispirare, in chi era attratto da lui e in chi lo attraeva, il desiderio di proteggere, e allo stesso tempo di profanare, l'innocenza che all'inizio era parsa tanto seducente.»




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Il mio nome era Avalon Mariposa Wingrave, avevo da poco compiuto vent'anni ed ero morta da tempo.

Ero morta da quando avevo compreso che Wingrave non fosse il mio vero cognome, perché a me il lusso di un'identità che mi definiva non era mai stato concesso.

Ero morta poi, seppellita viva, marcendo tra le mura di quella casa in cui un senso di famiglia non era mai esistito.
Ero morta perché avevo provato a spingermi tra le braccia di un uomo per sfuggire al mio destino, solo per vibrare per qualche istante del gusto dolcissimo e inebriante della libertà.

Ero morta nei sotterranei di Wysteria Wood, e in ogni angolo di quella gabbia, quando avevo desiderato ogni parte del suo corpo infame e non avevo ottenuto altro che una bestia, che avevo acceso senza pietà gettando cherosene sul fuoco.
C'era da dire che quel corvo tatuato era più impresso sulla mia pelle e sulla sua.

E il momento peggiore di cercare il tuo posto nel mondo è quando capisci che il mondo un posto per te non lo prevedeva affatto.
Non lo avevano previsto le persone che ti hanno messa al mondo, al punto che non puoi nemmeno chiamarle genitori perché non sai che suono abbia la loro voce e puoi solo immaginare che almeno uno dei due avesse i capelli rossi.

E non puoi chiamare genitori nemmeno quelli che per legge dovrebbero chiamarsi tali, perché la legge non prevede tra gli obblighi dell'adozione che gli adottanti si affezionassero all'adottato.
L'amore, per quelli come me, è una chimera.

«Andiamo, bella addormentata

Il cielo fuori dalla finestra pioveva gocce di mercurio.
Annuii facendo sì con il naso e seguii Draven con una strana fiducia complice, mentre lui osservava ogni lentiggine che scompariva sul mio volto accaldato.

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