Capitolo 7

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Laura non riusciva a smettere di pensare a Niall mentre guardava fuori dal finestrino di quel jet. Sapeva che non sarebbe riuscito a reggere tutto quel dolore. Lei si era abituata ormai a farsi forza in momenti simili, ma Niall no, e sapeva benissimo che il dolore l'avrebbe ucciso, sperava solo che la presenza di Abigail in casa lo mantenesse lucido abbastanza da trovare un modo per ricongiungere la loro famiglia.

Nicholas passò invece le ore di volo a giocare a Monopoli insieme ad Andrea e altri due uomini che Laura non conosceva. Aveva provato ad avvicinarsi più volte a suo figlio per potergli parlare, ma Nick continuava a rifiutarla, rifugiandosi tra le braccia di Andrea, il quale, visto da un estraneo, si comportava come un padre perfetto. Coccolava e viziava il piccolo Nicholas in modo così naturale e il bambino sembrava davvero apprezzare la sua compagnia. A Laura si contorse lo stomaco, nel vedere quel mostro recitare così bene quella parte.

Stavano quasi per atterrare; Nicholas era seduto a cavalcioni su Andrea e stava esaminando il suo viso, alla ricerca di qualche tratto comune.

"Abbiamo gli stessi occhi."

Appena sentì quella frase, Laura percepì uno strano dolore alla pancia che mai aveva provato, una specie di fitta, molto forte. Si portò una mano sullo stomaco e si lamentò per il dolore, attirando l'attenzione su di sé. Andrea fece scendere Nicholas dalle sue gambe e si precipitò preoccupato dalla ragazza.

"Laura, che hai?"

La ragazza si era piegata su se stessa per cercare di calmare quel dolore atroce, continuando a urlare e piangere.

"Cazzo, stai sanguinando!"

Quella frase di Andrea fu l'ultima cosa che la ragazza sentì. Poi il vuoto.

Quando riaprì gli occhi si trovava sdraiata in un letto a lei sconosciuto. Per qualche secondo, credette di aver fatto solo un brutto sogno, ma quando si voltò e vide Andrea addormentato su una poltrona accanto al letto, si rese conto che era successo davvero tutto.
Balzò per aria spaventata alla vista del ragazzo, ma un'altra fitta allo stomaco la fece lamentare dal dolore, svegliando il ragazzo.

"Ti sei svegliata".

"Che...che è successo?"

Andrea sospirò e, guardandola negli occhi, le chiese: "sapevi di essere incinta?"
Laura iniziò ad allarmarsi, ricordandosi del sangue che aveva iniziato a perdere in aereo.

"L'ho perso?", chiese infatti, iniziando già a piangere.

"Mi dispiace Lau...hai avuto un aborto spontaneo."

La ragazza rimase in silenzio qualche secondo, per elaborare la notizia. Si alzò poi di scatto, precipitandosi addosso al ragazzo e picchiandolo più forte che poteva, nonostante il dolore che ancora provava.

"Vaffanculo brutto bastardo! Sei stato tu! È colpa tua! Hai ucciso il mio bambino lurido stronzo!"
Andrea si difese, ma non voleva farle del male, non quella volta, così chiamò aiuto.

"Marco!"

Un altro ragazzo entrò in stanza, afferrò una siringa con del calmante e la iniettò nel braccio della ragazza, la quale crollò pochi attimi dopo.
Andrea la prese in braccio e la stese sotto le coperte, per poi stendersi accanto a lei e accarezzarle il viso.

"Mi dispiace, davvero."

Rimase insieme a lei fino a quando non si risvegliò, due ore più tardi.
La ragazza sospirò e iniziò a piangere, notando il ragazzo ancora accanto a sé e sapendo di essere del tutto indifesa.

"Mi dispiace davvero per il bambino Laura. Non lo sapevo."
Ed era sincero.

"Niall lo sapeva?"

Laura scosse solo la testa, incapace di dire qualsiasi cosa e di guardarlo in faccia.

"Quindi neanche Nicholas?"

Un altro no.

Non riusciva a credere di aver perso il bambino, di aver perso quel pezzo di Niall che si portava dentro e che la faceva stare così bene, che le faceva sentire la presenza di suoi marito anche a chilometri di distanza. Come avrebbe potuto affrontare quel dolore, senza il suo Niall accanto? 

"Senti Lau...non voglio fare del male né a te né a Nicholas, quindi cerca di non renderlo difficile, va bene?"

"Mi stai dicendo che devo giocare alla famiglia felice insieme a te?"

"Beh, una volta ti piaceva passare il tempo con me, no?"

"Prima che tentassi di uccidermi."

"Penso che a Nicholas possa fare bene vederci uniti, comportarci come due normali genitori."

Laura si sistemò meglio sul letto per mettersi seduta e guardò finalmente il ragazzo negli occhi.

"Sottovaluti Niall. Ha più soldi e fama di te, sono certa che ha già mosso mari e monti per cercarci e questa volta si assicurerà che gettano la chiave della tua cella."

"Vedremo, se è davvero l'uomo che dici. Io ho i miei dubbi tesoro. Nel frattempo, la cena è pronta e nostro figlio ci aspetta. E mi raccomando: non vuoi spaventarlo, giusto?"

Laura avrebbe voluto sputare su quel sorrisetto minaccioso, ma si trattenne. Andrea aveva ragione, le conveniva stare al gioco.

Dall'altra parte dell'oceano, suo marito non se la stava passando affatto meglio.

"Niall. Mi senti? Puoi rispondermi?"

Tutti i suoi amici erano dentro quella stanza d'ospedale e fissavano l'irlandese steso nel letto, con gli occhi fissi sul soffitto, mentre un medico gli puntava una luce negli occhi.

"Sai dirmi dove ti trovi?"

Il medico continuava a porgli domande, ma Niall non muoveva un muscolo, non rispondeva. Rimaneva immobile e con lo sguardo fisso.

"Che gli prende?", domandò Harry, asciugandosi velocemente una lacrima.

La dottoressa sospirò, poi fece cenno ai ragazzi di seguirla in corridoio, dove anche degli agenti dell'FBI aspettavano notizie.

"Sembra proprio essere un disturbo dissociativo causato dal trauma psicologico che ha provato. Fisicamente sta bene, ma il suo corpo non percepisce gli stimoli esterni e non riesce più a comunicare con la realtà."

"Quindi...non può sentirci?", domandò confuso e preoccupato Louis.

"I disturbi psichici non sono facili da comprendere. In alcuni casi il paziente sente, ma non riesce a elaborare una risposta, in altri casi non sente proprio. Non saprei dire quale sia il caso di Niall."

"E può tornare in sé...giusto?", chiese Liam.

"Si, ma non vi so dire ne come ne quando. Gli faccio iniziare subito una cura con psicofarmaci."

I ragazzi non riuscivano più a trattenere le lacrime, che avevano quindi iniziato a scorrere sui loro volti stanchi e terrorizzati. Ancora non riuscivano a realizzare cosa era accaduto in quello studio, ma non potevano permettersi anche loro di crollare, come aveva fatto Niall. Dovevano rimanere lucidi e prendere in mano la situazione, lo dovevano al loro amico, lo dovevano a Laura.

"C'è qualcosa che possiamo fare per aiutarlo?", domandò infatti Harry.

La dottoressa sospirò e si guardò attorno prima di rispondere. "Non dovrei, ma io vi consiglio di portarlo a casa."

Gli sguardi perplessi e confusi dei cantanti la fecero continuare. "Un ambiente famigliare lo può aiutare e qui è troppo esposto. Possiamo limitare gli accessi al piano ma ci sono già troppi curiosi in giro."

"La mia ragazza è infermiera", intervenne Louis.

"Ottimo, può somministrargli lei i farmaci e alimentarlo?"

"Si, penso di sì."

"Allora vi preparo tutto il necessario e domani mattina potete portarlo via. Non mi fido a lasciarlo qui..."

Appena la dottoressa se ne andò, Harry, Liam e Louis non poterono tirare il fiato che già gli agenti dell'FBI si erano avvicinati.

"Sappiamo che è un momento delicato", disse uno di loro, "ma dobbiamo farvi delle domande."
Annuirono, per poi iniziare una lunga e pesante chiacchierata.

If you leave me | Sequel di If I could flyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora