3. L'Amor Fati

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Dopo una certa età, per essere veramente felici basta non avere rotture di coglioni. E piatti da lavare.
Io odio i piatti da lavare, anche se le idee migliori le ho partorite mentre lavavo i piatti. Ed ho una coinquilina che preferisce farsi sparare che non lavare i piatti durante il suo turno di pulizie.
Risultato?
Il lavabo è sempre pieno di piatti che, puntualmente, devo lavare io.


<< Fra! >>, chiamo nuovamente dalla cucina. Sono seduta a studiare, ricopio le annotazioni confuse su un secondo quaderno che cerco di tenere in ordine. La calligrafia è sempre pessima, ma almeno è più comprensibile l'ordine degli appunti.
La nuvola impalpabile di profumo allo zucchero filato la precede.


<< Come sto? >>, interroga pomposa Francesca. È ferma in una ridicola posa da fotomodella in passerella.
S'è truccata troppo, quasi faccio fatica a riconoscere i lineamenti sotto i chili di fondotinta, correttore ed illuminante. Il vestito striminzito nero lascia poco e niente all'immaginazione.


<< Ci sono dieci gradi fuori, vuoi farti venire la polmonite? >>.


<< Ti prego Ellie Ellie, dimmi cosa ne pensi? Ho conosciuto uno bono come il pane! Hai presente Spike il vampiro di Buffy? È pure ossigenato! >>. Abbiamo quasi la stessa età, lei ne ha ventisette, se le ricorda bene le serie tv di una volta, che poi prima si chiamavano telefilm.


Poggio la penna sul quaderno ad anelli, puntello il gomito sul tavolo e gravo la testa sul dorso della mano. Negli ultimi giorni non ho fatto altro che studiare e lavorare, lavorare e studiare, la stanchezza inizia a farsi sentire. Forse dovrei fare delle analisi del sangue, giusto per essere sicura che tutto vada bene.
<< Che fine ha fatto quello che assomigliava a Brad Pitt in Troy? >>. Francesca cambia fidanzato (o compagno di letto) almeno una volta a settimana, alla ricerca di un principe azzurro che non arriva.


<< Ho scoperto che oltre ad assomigliare a Brad Pitt in Troy aveva pure il tallone d'Achille. >>, confida melodrammaticamente sconsolata. << O tallone da killer, che tanto il risultato è lo stesso. >>.


<< E cioè? >>.


Si siede sul tavolo, poi ci si sdraia direttamente, rotolando su un fianco, per avermi faccia a faccia.
<< Pensava che il clitoride fosse un punto indefinito nell'utero. Ogni volta scavava a fondo con il pistolino e credeva che bastasse tanto per farmi venire. >>.


Rido confusa da una rivelazione così strampalata.
<< Cosa? Ma tutti tu li vai trovando questi intelligenti gentiluomini? >>.


<< È la maledizione del Grande Demone Celeste. >>.


Provo a tirare via il libro da sotto il suo sedere, per continuare a studiare. Fallisco.
<< Quale delle due Nana saresti tu? >>.


<< Sfigata in amore, un po' svampita, se c'è un meteorite diretto sulla terra, è me che colpisce in testa! Nana Komatsu, ovvio! >>.


<< Ed io che parte faccio in tutta questa tua storia romanzata? >>.


<< Capelli neri, un po' dark, tanti tatuaggi, carattere fortissimo. Tu non puoi essere altri che Nana Osaki. Siamo pure coinquiline in una città diversa da quella di nascita, direi che siamo proprio noi! >>.


<< Mancano giusto i bicchieri con le fragole. >>, specifico soprappensiero, alzandomi per prendere la borsa dell'università. È tra i nostri manga preferiti, entrambe abbiamo la collezione di tutti volumi fino al 2009, gelosamente custoditi nelle librerie delle nostre camere da letto in questo appartamento.


<< Quand'è che mi porti un Ren Honjo a casa? Stai lasciando che gli anni migliori delle tue tette passino senza che nessuno possa approfittarne. >>.


Riesco a sfilare via il quaderno ed il libro, lei mi facilita l'impresa.
<< Non esiste un Ren per me, Fra. E non lo sto cercando, davvero. >>.


<< Tu non cerchi lui, ma lui cerca te. Magari stasera, prima che vado a ballare con il bel vampiro, andiamo a cena fuori in qualche ristorante ed incontri il tuo bel principe gotico direttamente dal 1800, vestito di pizzi e merletti, ti va? >>. Torna seduta sul tavolo, mi osserva mentre riordino il materiale scolastico. << E non dirmi "no" perché devi studiare, pliz pliz pliz Ellie! >>.


<< Devo dare un esame la settimana prossima, e non ho finito il libro da studiare. >>.


Congiunge le mani a mo' di supplica.
<< Ti prego Elena, dai! Non ci vediamo quasi mai, ed io ho bisogno di fare gossip selvaggio tra amiche. E poi dobbiamo trovarti un uomo, non esiste che siamo tutte fidanzate ed accoppiate e tu, che sei la meglio, non hai nessuno! >>.
Francesca crede ancora che avere un uomo al suo fianco sia di importanza fondamentale. Alcune delle sue amiche lo usano come trofeo, per far sapere al mondo di non essere sole, ma io non ho paura della solitudine. Per me, la compagnia di un uomo non è un accessorio da mostrare, ma una scelta consapevole basata sulla connessione autentica, sulla complicità e sulla condivisione di un viaggio profondo.
Preferisco danzare da sola nella bellezza della vita piuttosto che stringere un'ombra al mio fianco. La vera ricchezza sta nell'essere completa da sola, nella scoperta e nell'amore per se stessa, senza dipendere da un altro per sentirsi completa.


Un pensiero fugace varca a tradimento le strade del cervello, mi fermo, voglio assaporare fino in fondo quegli occhi verde bosco, e non permettere loro di sfuggirmi via.
<< Posso farti una domanda? >>. Resto ferma con la borsa in mano. Necessito di un... consiglio, forse? Una visione esterna di una persona di cui mi fido.


<< Assolutamente yes! >>.


<< Che ne pensi delle relazioni tra persone di età molto diversa? >>. Sto tastando il campo, è ovvio che questa è solo una fantasia che non vedrà mai luce, però ho bisogno un po' di sostegno anche nelle immaginazioni. Di solito non vivo di creatività, ma ogni tanto un sogno non può poi farmi del male.


<< Ti sei presa una sbandata per un toy boy? >>, sbotta sconvolta, poi però comprende che non sarebbe proprio da me infatuarmi di un ragazzino. << Di quanto è più grande di te? >>. Teme il responso.


<< Una ventina d'anni o giù di lì. Ventidue per la precisione. Ha cinquantadue anni. >>.


Non pare sconvolta più di tanto, oserei dire che quasi se l'aspettava da me una cosa del genere.
<< Sposato? >>.


<< Non lo so. >>. Non sono riuscita a sapere niente di rilevante su di lui, solo che si chiama Andreas. Il professor Andreas Müller. Il mistero fa parte del pacchetto.


<< Gay? >>.


<< Spero di no. >>.


Strofina le labbra tra di loro, ci pensa su relativamente poco, una manciata di secondi.
<< Allora ha il cazzo grosso e le fa scappare tutte! >>, evince, sicurissima della sua teoria strampalata.


<< Fra! >>, esclamo, scoppiando a ridere. << A malapena ci siamo scambiati dieci parole in croce. >>.


<< Quindi niente cazzo grosso?! >>, ritenta, delusa dal fatto che sia ancora così in alto mare. << Ma allora qui dobbiamo attuare un piano di conquista. Non è possibile che, ti piace uno per miracolo, e non siete già in camera da letto a trombare! >>.


Mi siedo sconfitta sulla sedia, gravo la borsa pesante in grembo.
<< Non so come avvicinarmi Fra. >>. Ogni volta che ci provo, finisce sempre con un muro di freddezza sulla quale vado a sbattere. Quell'uomo è sul serio un enigma vivente, non è neppure sui social network, perlomeno non con il suo nome di battesimo, anche se non ce lo vedo ad usare un nickname tipo "professoresexy1972" o dare il "buongiornissimo" su Facebook, dispensando catene di Sant'Antonio a destra o a manca.


<< Ma dove l'hai conosciuto? >>.


Schiarisco impacciata la gola, so già la reazione che scatenerò.
<< È il mio professore di filosofia. >>. Le evito la storia che sia il supplente, non è questo il punto. È un professore, ed io una sua alunna, il problema è questo principalmente.


<< Cosa?! >>, deflagra affascinata, allungando a dismisura la "o". Salta giù dal tavolo, affetta da una fregola incontenibile. << Ti prego, ma questo è un cliché vecchio quanto il mondo. E ci sei caduta proprio tu! >>.


Copro la faccia con entrambe le mani e tiro indietro la testa.
<< Lo so! Mio Dio, faccio tanto quella che vuole rompere le regole, essere diversa e poi va a piacermi proprio un professore! >>.


Oramai si è scatenata, nessuno riuscirà più a contenerla adesso che è partita in quarta.
<< No ti prego, dobbiamo fare qualcosa! Prima cosa, domani vai in università vestita come una femme-fatale, rossetto rosso da vampira, metti in risalto 'ste tette e 'sto culo bello sodo. Tacchi vertiginosi, anzi no, stivali in latex alti, molto alti. Quando ti vede gli deve venire tutto duro, pure le orecchie! >>.


<< Sto andando in università, non a fare una sessione di bondage! >>.
Nemmeno le ascolta le mie lamentele. Non andrò mai in università abbigliata come vuole lei, sarebbe troppo palese il ridicolo tentativo di sedurre un uomo che non sono neanche certa possa ricambiare. L'ultima cosa che voglio è fare la figura della fessa.


<< Seconda cosa devi scoprire se è sposato o se è gay, quindi inventa qualsiasi cosa per capire se è una guerra persa in partenza. >>. D'un tratto, come se fosse impazzita, corre per il corridoio dell'appartamento e torna trafelata, indossando le scarpe in un precario equilibrio. << Ora usciamo a comprare qualcosa per domani! Devi essere sexy, bona, seducente, provocante, gliele devi sbattere in faccia le tette. Se non reagisce allora è gay, se reagisce, ma lo vedi esitante allora è sposato. Se ti stende sulla cattedra, ti prego voglio i dettagli piccanti! >>. Mi afferra per un braccio, non lascia il tempo neppure di respirare.


<< Dai Fra, devo studiare. >>.


<< Ah, niente studiare, adesso ti devi concentrare a far capitolare il professorino! >>.


Trascina prepotente fuori casa, per un intenso pomeriggio di shopping per le strade affollate di Roma, in cui la maggior parte delle cose acquistate non sono adatte per andare in università, è un ambiente di studio, non posso presentarmi con scollature profonde, minigonne e tacco da dodici.
Non sarebbe neppure da me, preferisco indumenti più comodi, neri e semplici.
Usciamo dall'ennesimo negozio, Francesca è arrivata perfino a farmi acquistare completi intimi sexy abbinati, di solito metto su il primo reggiseno che pesco dalla cassettiera e non è mai dello stesso colore degli slip. La mia macchina è piena di pacchetti, vestiti che probabilmente non avrò mai l'occasione di indossare.
Lei già mi vede all'altare con uno di cui so a malapena il nome e cognome.


<< Ma non hai una foto del bel professorino? >>, chiede ad un certo punto, intanto che guardiamo una vetrina allestita con la collezione della stagione, e riprendiamo il tragitto per il corso principale.


<< Fra eddai, fa tanto stalker 'sta cosa! >>. Senza contare che il professor Müller capta il mio sguardo tutte le volte che lo poggio su di lui, figuriamoci se provassi a fargli una foto.


Si stringe nelle spalle, è un uragano in piena eruzione, non fa altro che tempestarmi di domande, scollegate una dalle altre.
<< Comunque se non è sposato o gay, cerca di capire perché diavolo un uomo di cinquantadue anni -suppongo belloccio se ti piace- è solo. Cioè o non è normale oppure è un serial killer! >>.


Una delle cose che amo di meno nelle persone è che quando il mio cuore sta vibrando, a loro basta una sola parola per spegnermi. È ovvio che questi concetti mi abbiano abitato il cervello prima che Francesca gli desse voce, però sono così piena di speranza per una storia che, molto probabilmente, finirà ancor prima di iniziare, che basta un vocabolo fuori posto per rabbuiarmi. È per questo che parlo poco dei miei sentimenti.
Le parole, così potenti e fragili, sono la chiave che apre il cassetto segreto dei desideri, ma sono anche il martello che può rompere la cristallina bellezza di un sogno. Nelle pause silenziose dell'anima, cerco di tessere il mio mondo interiore con filamenti di speranza, è difficile confidarsi quando sai che basta poco per far sgretolare quel delicato equilibrio. Navigo tra le acque mutevoli dei miei sentimenti, custodendo gelosamente ciò che il cuore sussurra.
Non è detto che un uomo che non abbia una compagna o non sia sposato, debba a forza essere un soggetto pericoloso, trovo molto banale una visione di vita così puerile.


Assorta in un frammento intimo di turbe interiori, l'attenzione slitta inconscia oltre la vetrata di un ristorante dall'altra parte della strada. È il viso maschile familiare che ha chiamato a gran voce i miei occhi, come una calamita alla quale non posso sottrarmi.
Il professor Andreas Müller è qui.
Seduto a pranzo con un altro uomo, non pare per nulla felice di trovarsi lì, è scocciato, annoiato, si guarda spesso attorno, ed è in uno dei vani tentativi di evadere la realtà, che i suoi occhi mi mettono a fuoco.
I nostri sguardi s'intrecciano, e per un istante, il mondo intorno a noi si dissolve.
Tutte le cose fatte oggi con Francesca, i piani assemblati, i vestiti acquistati, le tecniche per sedurlo, le frasi stupide pronunciate, perdono vigore dinanzi a quell'uomo. Non sono queste le cose che mi servono per sorpassare indenne il muro che mi divide da lui.
Nel tumulto delle emozioni, la distanza per un singolo anelito sembra colmarsi, e una congiunzione silenziosa si instaura tra quegli occhi che raccontano storie inesplorate. E mentre lui cerca fughe nel paesaggio esterno, io mi ritrovo incatenata alla sua esistenza, desiderando di scoprire il significato di quegli sguardi che svelano tanto di più di quanto potrebbero mai esprimere le parole.


Sto camminando alla cieca, non mi accorgo neppure del palo della luce sul marciapiede che prendo in piena faccia.
Che figura di merda!
Possibile che, se c'è di mezzo il professor Müller, io debba sempre fare figure di merda?!
Porto una mano sul dolore pulsante che si irradia elettrico e dal naso una cascata di sangue sporca la pelle, le dita, le mani.


<< Oh Dio Elena! >>. La mia amica agitata cerca un fazzoletto nella borsa per soccorrermi. << Ti sei fatta male? >>, chiede stupidamente, presa dal panico.
I capillari fragili del cavolo, li ho ripresi da mio padre. A lui bastava che qualcuno sfiorasse il naso per farlo sanguinare, ed io ho l'identico problema.


<< Sicuro che bene non mi sono fatta. >>, ridacchio più calma. Sono abituata a situazioni del genere, non è la prima volta che il mio naso decide di dare spettacolo tra la gente. Premo il fazzoletto per arrestare il flusso, il colpo maggiore l'ha preso il mio orgoglio per la figuraccia pessima fatta davanti all'uomo che mi piace. Non ho il coraggio di constatare se mi stia osservando.
Il getto pare non arrestarsi come le volte precedenti, nell'arco di un paio di secondi il bianco del fazzoletto è trasmutato in rosso vivo. La vista si riempie di vistose macchie nere, sudo freddo, le gambe tremano: un senso di nausea sta risalendo dallo stomaco.


<< Elena, ma tutto questo sangue è normale? >>. Strabuzza gli occhi, fa per prendere un secondo fazzoletto, terrorizzata a morte. << Sei bianca come un cencio Elena, vuoi dell'acqua? >>.


Respiro profondamente per tenere a bada l'oscurità che sta scendendo sul cervello in un velo lattiginoso nero, ma più respiro e peggio è.
<< Fra, sto per... >>, faccio in tempo a farfugliare sconnessa, le ombre sbarcano spietate, le orecchie fischiano forte e prima che possa cadere per terra, un paio di braccia forti mi afferrano saldi in vita, poi nell'incavo delle ginocchia e mi sollevano di slancio.
Nella nebbia che circonda, vedo chiare un paio di iridi verdi rassicuranti, una voce agitata chiamare a vuoto il mio nome, riempiendolo d'angoscia crescente.
Poi il niente.


Tra le pagine di Te // (Alunna-Professore)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora