... but it's still too early for this!

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§

Minho restò silenzioso quasi tutto il tempo. Era passata forse un'ora da quando le truppe erano ripartite, ormai non c'era più alcun rumore intorno a loro.

Aveva meditato a lungo su cosa fare e dopo le parole del capitano Min, aveva ritrovato la volontà di provare a migliorare la sua situazione.

Jeongin lo notò.

Il suo sguardo era cambiato anche se in modo impercettibile: c'erano piccole tracce di determinazione nei suoi occhi, la stessa che, ogni volta che stava per mollare, riusciva a farlo andare avanti. Ma la luce che li illuminava fino a qualche ora prima era sparita del tutto purtroppo: ora erano due pozze opache e incolori; Jeongin sperava solo di poter rivedere le sue iridi brillare di speranza e felicità un giorno, anche se non sapeva quanto tempo ci sarebbe voluto dopo tutto quello che aveva affrontato.

<< Forse ci conviene spostarci in una provincia vicina almeno per un pò e aspettare che la situazione si calmi. Quella di Sichuan dovrebbe essere a pochi giorni da qui, no??>>

<<Si, ci vuole poco da qua, preparatevi però perché non abbiamo cibo con noi>> diede una pacca sulla spalla a Minho, per poi andare a sistemare le loro cose.

<<Minho... perché?>>

<<Perché non posso tornare a palazzo, ma forse nelle province c'è ancora un posto per me... sempre se non mi conoscono già>>

Minho annuì al capitano, scendendo da cavallo e guardando la valle dove poco prima avevano combattuto: per lui era incredibile come un posto fino a poco prima pieno di distruzione ora potesse essere così tranquillo. 

Piccoli puntini rossi erano disseminati nella vallata sottostante, insieme ad armi spezzate, cumuli di rocce frantumate, armature ormai sottratte ai loro proprietari dalla violenza della valanga e degli stessi nemici, stendardi di entrambe le fazioni ormai ridotti a fili sottilissimi di tessuto trascinati dal vento e assi di legno dei carri spezzate che emergevano tra un mucchietto di neve e l'altro: era come avere davanti uno scenario distopico.

Dall'alto gli sembrava di vedere un vasto campo di papaveri più che una valle di neve.

Era stupido, pensare ai papaveri vedendo una valle insanguinata. Non ci sono dubbi che lo fosse, anche Minho lo sapeva benissimo, eppure pensare che quelli fossero papaveri gli dava quel minimo di speranza che in quel momento non riusciva a trovare: come se tutti i soldati  morti lì, potessero esser rinati in qualche modo sotto la forma di quel fiore che in fondo la morte era proprio ciò che simboleggiava. Ma simboleggiava anche la pace, e sperava che l'avessero trovata. 

Improvvisamente sentì un rumore provenire proprio da sotto di loro: un rumore di ferro stridente.

Un rumore di armi pronte all'uso.

Intuitivamente fece cennò a Jeongin e gli altri di stare in guardia, pensando che ci fossero delle sentinelle che li stessero cercando.

Si accovacciò dietro la sporgenza in roccia, sporgendosi leggermente col viso per cercare di capire cosa stesse succedendo.

Poi li vide.

Delle figure scure che si trascinavano tentoni fuori dalla neve, alcune zoppicando, altre con le spalle cadenti, come se pesassero, che si dirigevano tutte in un unico punto: su una roccia al centro della valle, si trovava un uomo che non sembrava di questo mondo, con gli stessi capelli neri lunghi e ispidi, con gli stessi occhi gialli, simili a quelli di un rapace che poco prima aveva avuto la sfortuna di ritrovarsi piantato nei suoi e che lo avevano trapassato da parte a parte, come un pugnale seghettato e arrugginito.

In amore e in guerra-- MinsungDove le storie prendono vita. Scoprilo ora