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I soldati vedendo il loro capitano immobile nel mezzo della vasta distesa innevata gli andarono incontro, solo per ritrovarsi davanti una valanga di pessime notizie.
Dal lato opposto del valico, esattamente da dove erano arrivati, si era eretta un'alta nube di fumo provocata dai botti di poco prima, che lentamente si stava dissolvendo.
Al suo posto iniziarono a comparire delle losche figure vestite interamente di nero, che cavalcavano esseri più simili a bestie infernali che cavalli; con la pelle grigia come fossero morti, i capelli ispidi e neri, gli sguardi affilati come rasoi e gli occhi gialli, terrificanti. I visi scuri, infossati, e ricoperti di sangue. Armati fino ai denti, alti e robusti.
Inizialmente ne intravidero forse una decina ma presto iniziarono ad avanzare, lentamente, e da dieci diventarono cinquanta, poi un centinaio, fino ad arrivare a numeri che non riuscivano più a calcolare. Erano così tanti che non riuscivano a schierarsi ordinatamente e anzi formavano un ammasso casuale e confusionario di guerrieri.
<<Cazzo...>>
Tutti i soldati restarono pietrificati.
<<Soldati, sfoderate le spade. Difendetevi con tutte le vostre forze, proteggete l'artiglieria e i cavalli, se dovessimo fuggire sarebbero la nostra unica ancora di salvezza.>>
Minho restò in silenzio, sfoderando inconsciamente la spada ed eseguendo gli ordini. Si guardò in torno più e più volte, osservando, cercando, provando a trovare anche una singola soluzione per una situazione come quella.
Alcuni soldati tremavano terrorizzati, altri davano per scontato da tempo che sarebbero morti e semplicemente stavano aspettando il loro momento senza alcuna energia; altri ancora piangevano, consapevoli che non sarebbero mai tornati e che avevano ancora tanto da vivere.
Ormai era il capolinea.
<<Minho...>>
Il ragazzo si voltò verso la voce di quello che ormai poteva considerare davvero il suo primo amico.
<<Posso portarti via se vuoi... insomma, non è semplice ma posso riuscirci. Magari puoi ancora tornare a casa e fare finta che nulla sia mai successo->>
<<Jeongin, che stai dicendo?>>
<<Potrei portarti via, al sicuro, lontano da qui! Faresti in tempo ad avvertire tuo padre, gli salveresti la vita e->>
La voce gli divenne stridula e non riuscì a finire la frase che le parole gli morirono in gola.
<<Jeongin, lo sai che non voglio...>>
<<Ma...>>
<<Davvero, me la caverò. Posso trovare una soluzione, ma quella sicuramente non è scappare>>
Il ragazzo albino gli diede le spalle, chiudendosi in se stesso e lasciando Minho fuori dal suo mondo.
<<Jeongin...>>
Il ragazzo non si voltò, ignorando completamente l'altro, abbassando gli occhi su un punto della neve indefinito sotto i suoi piedi. Un calore improvviso lo avvolse, riscaldandolo dopo quei lunghi giorni passati nel gelo. Le mani gli tremavano e non riuscì nemmeno più a trattenere le lacrime dopo quel gesto da parte di Minho. Sentiva la pelle delle sue guance tirare sotto quelle goccioline d'acqua salate che il freddo asciugava così velocemente. Erano secoli che non si sentiva così male per qualcuno.
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In amore e in guerra-- Minsung
Fiksi PenggemarMolto tempo fa, durante l'antico periodo dei Tre Regni, sotto il secondo imperatore della dinastia Lee, la Cina era da poco entrata in un periodo di grande splendore, e di grande vulnerabilità: da ormai mesi, subiva attacchi recenti nei piccoli vill...