capitolo 1

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ARTEM

San Diego – California

Oggi 22 anni

Calpesto i piedi nudi sul pavimento di cemento impregnato di sangue nella mia stanza del piacere. È così che chiamo il seminterrato ed è l'unica cosa in grado di placare l'animale che vive dentro di me. In genere ce ne sta una per ogni casa in cui sono costretto a spostarmi per portare a termine un incarico. Che sia Los Angeles o San Diego, non fa alcuna differenza per me, purché ci sia l'attrezzatura necessaria e si trovi lontano dalla baldoria. Non ho nessun autocontrollo quando si tratta di torturare un uomo per farlo parlare.

Mi ci sono voluti solamente tre giorni per scovare il covo di Arch Bennet, due ore per catturarlo e nemmeno mezz'ora per farlo cantare come un uccellino. Devo dire in tutta onestà che ne sono rimasto sorpreso. Pensavo cedesse prima.

L'aria è impregnata di sangue e violenza mentre il mio corpo sudato mezzo nudo è attraversato da una scarica di potere. Poso il palmo della mano sul ferro freddo del tavolo che ho affianco e afferro con l'indice e il pollice la quarta freccetta. Prendo la mira mentre la tengo ferma a mezz'aria e dopo qualche secondo... zac. Anche il mignolo di Arch si è piantato addosso alla parete. Manca solo il pollice e le cinque dita dell'altra mano ma sto iniziando ad annoiarmi, questo tipo non è più divertente come un'ora fa. L'ho incatenato in piedi sulla parete e non può muoversi, se lo fa muore all'istante e se fossi in lui non ci penserei su due volte.

Sento dei passi calpestare le assi di legno delle scale che conducono nel seminterrato e solamente una persona ha il permesso di venire qui.

La mia casa di due piani in stile gotico è situata sopra una collina che affaccia sul grande oceano di San Diego, le alte onde si infrangono addosso alla scogliera e ruggiscono sotto le finestre. Inspiro il profumo di questa brezza che entra dalle piccole aperture sbarrate in alto con le palpebre chiuse, mentre aspetto che la porta alle mie spalle si apra da un momento all'altro.

Un cigolio fa eco nella stanza e sento il suo profumo Dior insinuarmisi nelle narici.

«Sascia Roman Kovalenko, deve essere successo qualcosa di veramente importante per portare le tue scarpe Armani tirate a lucido su questo sudicio pavimento» sospiro e lancio la quinta freccetta. Anche il pollice di Arch si è piantato perfettamente addosso al muro.

«Così non c'è gusto, fratellino. Gli hai messo una fottuta pallina sex toy in bocca per non farlo strillare» sbuffa, si toglie la giacca del completo nero e sistema la valigetta d'avvocato altezzoso quale è, sulla sedia in ferro. Io e mio fratello sembriamo lo Yin e Yang per lo stile di vita che conduciamo «cento dollari che gliene pianto una nell'occhio» continua con aria di sfida.

«Solo se gliela pianti sul bulbo oculare, sulla palpebra non vale» mi affretto a rispondere.

«Affare fatto» mi dice, e poi si arrotola le maniche della camicia prima di prendere la sesta freccetta.

Tira un lungo sospiro e chiude gli occhi. Porta il braccio all'altezza del suo viso e lancia il dardo.

Sbemm! La freccia si infilza nell'occhio di Arch che inizia a vibrare e muoversi come se avesse appena preso la scossa elettrica. Una raffica di chiodi parte dai lati in fondo alla stanza e viene trafitto su tutto il corpo. Ormai credo sia morto.

«Fanculo bro» sbotto. È sempre così con lui, una continua competizione.

«Artem Roman Kovalenko, ti ho insegnato io questo gioco e... l'allievo ancora una volta non supera il maestro» si vanta.

«Ti batto in molte altre cose specialmente su una, e tu lo sai»

«Solamente di un centimetro»

𝖂𝖊 𝕬𝖗𝖊 𝕮𝖍𝖆𝖔𝖘 - 𝕬𝖗𝖙𝖊𝖒 - 𝖛𝖔𝖑. 1Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora