capitolo 6

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ARTEM

Oggi

Voleva davvero togliersi la vita? Che cazzo gli ha detto il cervello? Provvederò a buttare via tutte le scatole di quella merda che ha ingoiato e che l'ha ridotta in quello stato catatonico. Poi andrò a cercare il medico che gliel'ha prescritta e mi prenderò cura di lui.

Ho finito ora di rovistare tra gli scaffali del monolocale in cui vive Bea in cerca di qualche indizio che possa placare la mia rabbia nei suoi confronti. Ho rivoltato questo posto da cima a fondo e sistemato tutto come stava prima, senza trovare uno straccio di prova.

Picchietto la gamba sul pavimento di legno seduto sul divano. Mi giro una canna e me la porto tra le labbra. Ho bisogno di calmarmi perché mi sto scervellando per capire cos'è potuto succedere cinque anni fa. Mi basterebbe qualsiasi indizio pur di allontanare l'impulso di ucciderla con un morso sulla gola.

L'ho seguita. Sono giorni che la seguo e le lascio post-it bianchi ovunque per farla impazzire, e solamente stanotte ho voluto farle capire che sono io quello che la sta perseguitando. Voglio tornare a leggere il terrore nei suoi occhi. Quei cazzo di occhi neri che mi hanno fatto diventare drogato di lei.

L'ho vista nel suo locale mentre preparava cocktail a surfisti allupati che la divoravano con gli occhi e ho dovuto ingoiare l'istinto di fare una carneficina.

Calma Artem. Mi sono detto. Arriverà il momento, prima pensa.

È la prima volta che non sono impulsivo. In genere non ci penso più di tre secondi ad ammazzare qualcuno che mi ha preso per il culo come ha fatto lei e ad annientarlo solo perché ha provato a prendersi ciò che è mio. Proprio come vuole fare Jacob.

Stringo i pugni e continuo a pensare. Non mi viene in mente nemmeno un cazzo di motivo per cui possa aver inscenato il suo funerale se non quello di essere scappata da me. Ma perché?

D'accordo, ero eccessivamente possessivo con lei e maniacale soprattutto quando si trattava di terrorizzarla, ma le piaceva cazzo, e non me lo toglie nessuno dalla testa. Lei ha ceduto a me. Quello che c'era tra noi era folle e psicotico ma eccitante, qualcosa che nessuno può capire, tranne noi. Quando hai una mente deviata e trovi qualcuno che ce l'ha quanto la tua non lo lasci andare facilmente.

C'è qualcosa che mi sfugge in tutta questa faccenda.

I club motociclistici ci tengono alla loro gente, sono una famiglia e sono attaccati gli uni con gli altri. Perché mandarla via?

A volte invidio la loro morbosità perché a mio padre non gliene frega un cazzo in quale buco del mondo io mi sia ficcato, l'importante è che faccia il lavoro sporco per lui e ogni tanto mi presenti a qualche stupido evento di famiglia in mezzo ai suoi fottuti amici ricconi della Bratva.

Anche Elyas ha lasciato il campus in fretta quell'estate ed è questa la cosa che mi fa più impazzire. Era ossessionato da mia sorella, e Alys nonostante cercava di sfuggirgli ne è rimasta devastata quando ha scoperto che lui se ne era andato. Non mi ha mai voluto parlare di quello che è successo tra loro.

Più metto insieme i pezzi e più non mi capacito delle loro azioni.

Qualche mese dopo la fine del campus sono andato a riprendermela fino ai confini con il Messico, in quel fottuto buco del culo di Tijuana. Stavo per entrare nella loro clubhouse piena di gente che mi avrebbe ammazzato all'istante se non fossi stato abbastanza intelligente, ma lo avrei fatto per lei. Avrei fatto qualsiasi cosa. Solo che al mio arrivo ho assistito a una delle scene più devastanti della mia vita che mi ha tolto l'ossigeno dai polmoni.

Marmitte incandescenti e rombi di motociclette tuonavano in aria assieme a ripetuti colpi di pistole che puntavano le canne in alto. C'erano almeno duecento persone.

𝖂𝖊 𝕬𝖗𝖊 𝕮𝖍𝖆𝖔𝖘 - 𝕬𝖗𝖙𝖊𝖒 - 𝖛𝖔𝖑. 1Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora