capitolo 7

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BEATRIZ

Oggi



Me lo ricordo ancora il giorno in cui l'ho visto per la prima volta. È sbucato fuori dai cespugli del laghetto del campus a Los Angeles e si è scagliato contro Rufus per difendermi. Ma non mi stava affatto difendendo, mi stava reclamando. Mentre lo colpiva in faccia il sangue schizzava sul suo viso pulito e tingeva i suoi capelli biondi di rosso. Dai suoi occhi di ghiaccio fuoriuscivano fiamme roventi in grado di radere al suolo l'intero campus. Mi brillavano gli occhi nel vedere tutta quella rabbia scaraventarsi contro un altro essere umano, ne ero affascinata. Lo sono sempre stata.

Lo chiamavano il piccolo Lord per via del suo aspetto. Sembrava un damerino inglese dai capelli di un biondo intenso quasi bianco e dagli occhi azzurri nei quali mi ci sarei tuffata dentro senza pensarci due volte. Se non fosse stato per i suoi tatuaggi che spuntavano dalle braccia e dal collo, lo si poteva scambiare davvero per un reale inglese. Era bello da mozzare il fiato e terrificante nello stesso momento. Una combo che faceva vacillare tutte le mie sicurezze. Fino a quel momento nessun ragazzo era mai stato in grado di toccarmi, la verginella della clubhouse mi chiamavano a scuola. Nessuno di loro capiva il perché odiassi così tanto gli uomini e le loro occhiate. Avevo giurato a me stessa che non mi sarei mai lasciata andare con un ragazzo perché ogni volta che qualcuno ci provava con me, inevitabilmente pensavo allo stupro di mia mamma.

Non che mi piacessero le donne, ero sicura della mia sessualità e lo sono tuttora. Sognavo ogni notte di essere presa da un uomo in tutti i modi possibili e mi passavano per la testa pensieri sconci un giorno sì e l'altro pure. Solo che quando quei ragazzi ci provavano con me, io impallidivo e diventavo frigida.

Sono rimasta al campus per un mese e non c'è stata una sola sera in cui lui non si sia infilato nella mia camera, nel mio letto, a dormire con me. Si è insinuato prima nella mia mente con la tortura e il terrore, poi si è infilato nelle mie ossa e infine si è fatto strada nel mio cuore. Ero sua e lui mio. Ma questo è accaduto verso la fine di quel mese, quando purtroppo sono dovuta scappare da quella trappola mortale del campus insieme a Elyas, per poi precipitare dritta di nuovo tra le fiamme dell'inferno.

Da quel giorno ho dovuto rinunciare ad Artem e a tutta la mia famiglia. Artem non sa cosa sia successo e non dovrà mai scoprirlo. Al solo pensiero mi si contorce lo stomaco e preferisco subire la sua furia piuttosto che dargli un dolore di quella portata. Non mi guarderebbe più con gli stessi occhi e non lo sopporterei.

Elyas era lì con me quella mattina ed è stato difficile anche per lui prendere la decisione di lasciarmi andare via. Devo chiamarlo, devo dirgli che mi ha trovata e che se ci è riuscito lui, potrebbero riuscirci anche i colombiani.

Sono sdraiata nel mio letto ancora intontita dall'effetto dei sonniferi che prendo per riuscire a dormire senza incubi.

Stanotte è stato di nuovo qui. Nel mio letto. Mi avrà toccata come faceva una volta? Accarezzo la mia pelle sperando di percepire il suo profumo e a un tratto mi sento come se stessi ripercorrendo le notti al campus.

Mi alzo e cammino per casa come fossi un fantasma. Apro il frigo e mi verso un po' di latte freddo nell'unico bicchiere di vetro rimasto pulito. Dovrei dare una sistemata ma la mia testa è altrove.

L'arrivo di un messaggio mi distrae dai pensieri angoscianti e quando trovo il cellulare dopo qualche minuto, sparso tra le lenzuola, mi paralizzo.

Sconosciuto: Hai ancora gli incubi, dea? Perché potrei incazzarmi se riguardassero qualcun altro e non il sottoscritto.

Dio, che cosa faccio adesso?

Inizio a sudare freddo e prima di rispondere vado a farmi una doccia.

Mentre il getto dell'acqua scorre sulla mia schiena, sento il telefono squillare ancora.

𝖂𝖊 𝕬𝖗𝖊 𝕮𝖍𝖆𝖔𝖘 - 𝕬𝖗𝖙𝖊𝖒 - 𝖛𝖔𝖑. 1Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora