capitolo 4

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BEATRIZ 

Oggi - San Diego 

23 anni



Stasera il Jolly è affollato, un'altra gara ha fatto riempire questo posto di giovani ragazzi accompagnati dalle fidanzate in costume che stanno attaccate ai loro colli come koala. Il locale di per sé non è enorme ma è abbastanza grande per accogliere almeno un centinaio di persone sedute tra tavoli e banconi. È disposto su un unico livello tutto rivestito in legno, le parteti sono tappezzate da bandierine californiane e fotografie che raffigurano surfisti vittoriosi che mostrano fieri trofei e muscoli scolpiti. In fondo alla sala tre tavole da surf sono appese al muro e un juke box fa da esca alle ragazzine sculettanti che si posizionano lì davanti per ballare e farsi notare nelle serate più focose.

«Bea, servi tu quel tizio incappucciato al tavolo in fondo? Ha chiesto della vodka liscia»

«Vado subito, Jass» rispondo mentre mi faccio roteare un bicchiere tra le mani e lo riempio del liquido trasparente. Solo uno svitato può bere una vodka liscia con questo caldo e con una felpa nera addosso. Faccio il giro del bancone e mi dirigo al tavolo dello svitato che tiene la testa china e non si degna nemmeno di guardarmi.

«Prego» dico poggiando il bicchiere sul legno aspettando un cenno da parte del cliente. Lui allunga la mano ricoperta di tatuaggi e afferra la vodka, poi inizia a tamburellare le dita sul bordo del bicchiere e resta in silenzio col capo chino. Non so chi ci sia lì sotto ma riesco a percepire la sua aura irrequieta anche a distanza. Mi volto di spalle e faccio per tornarmene al bancone quando sento uno spintone da dietro la schiena che mi fa barcollare. L'uomo incappucciato mi supera con una spallata ed esce dal locale.

«Ehi!» strillo «fai attenzione, cazzo!» ma per lui è come se non esistessi. Il profumo di cuoio e vodka si insinua nelle mie narici al suo passaggio e una scossa elettrica mi attraversa tutto il corpo facendomi arricciare perfino le dita dei piedi.

Mi volto e uno strano luccichio proveniente dal tavolo dove stava seduto il tizio incappucciato, attira la mia attenzione. Iniziano a tremarmi le mani quando vedo un post-it bianco con sopra un uncino per le unghie piantato sul legno e la scritta "ci vediamo presto".

Cristo non è possibile. Qualcuno mi ha riconosciuta. Sa chi sono e conosce la mia storia. Ha lasciato sul tavolo l'affare per le unghie che tengo sempre con me come un'arma, l'unica in grado di proteggermi. Ed è lì piantata su quel tavolo come una minaccia.

Vedo le mie mani insanguinate e la mente mi riporta in luoghi in cui non voglio tornare.

No, no, no, no!! Cazzo no! Non voglio!

Mi affretto a prendere il biglietto e lo accartoccio nella mano, poi mi metto l'uncino in tasca e torno dietro al bancone. Mi riempio un bicchiere d'acqua e lo mando giù tutto d'un fiato mentre appoggio le mani sul lavabo con gli occhi stretti. Il getto freddo scorre sulle mie braccia e il sangue mi formicola nelle vene.

«Tutto bene, Bea?» mi chiede Jass con voce preoccupata.

Sussulto al suo tocco e mi volto di scatto per guardarla. Lei indietreggia e mi scruta con preoccupazione.

«Cazzo sei bianca come un cadavere. Fila a casa, ti copro io».

Annuisco senza dirle una parola e me ne vado in fretta da quel posto che inizia a essere improvvisamente incandescente.

Rientro nel monolocale e con le mani tremanti inizio a cercare il flacone di pillole nuove dentro tutti i cassetti della cucina. Li svuoto con agitazione mentre cerco di capire cosa stia succedendo.

𝖂𝖊 𝕬𝖗𝖊 𝕮𝖍𝖆𝖔𝖘 - 𝕬𝖗𝖙𝖊𝖒 - 𝖛𝖔𝖑. 1Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora