2. La prima volta

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Dicono che quando fai qualcosa che ti piace, il tempo scorre senza che tu te ne renda conto. Le ore si susseguono come fossero secondi e in un attimo il sole cala, arriva il buio ma tu non ci fai caso. Hai trovato la luce in qualcos'altro e continui ad agire come se davanti avessi ancora un'intera giornata.

Studiare per me è questo. Mi aiuta ad isolarmi dal resto e a restare concentrata su quello che più amo fare. Certo, ci sono dei momenti in cui tutto mi sembra complesso e dove fatico ad immaginarmi in una veste di cui, per ora, conosco solo l'aspetto teorico.

Fare l'avvocato è un lavoro complesso, al quale dovrò dedicare gran parte della mia vita e sono consapevole di dover fare anche delle rinunce personali. Tuttavia, in questa fase, non credo di avere poi molto a cui dover sottrarre il mio tempo.

Quando chiudo il quaderno degli appunti, la mia vista si appanna. Indubbiamente le luci della biblioteca non sono d'aiuto, ma resta comunque il mio posto preferito.

Amo il silenzio, amo studiare in un posto dove so che anche qualcun altro sta facendo la stessa cosa, come se, in questo modo, mi sentissi meno sola al mondo.

Sono strana, l'ho ammesso persino a me stessa, ma mi sorprende sapere che da fuori non si veda e che con gli anni abbia imparato a mostrare agli altri la versione migliore di me: quella gentile, disponibile e solare.

Beh, in alcuni giorni, sono l'opposto, ma infondo penso che ogni essere umano su questa terra stia combattendo contro qualcosa che non sempre riesce a manifestare.

La mia attenzione, però, dopo la mia analisi interiore, viene immediatamente catturata da un'ombra scura. Un ragazzo che sono sicura di aver già visto. Le sue spalle contratte e la sua altezza spropositata, ne sono la conferma.

Ian sta uscendo dalla biblioteca, ma non mi ero neppure accorta che ci fosse. Ormai la folla sta per dissiparsi ed io mi affretto ad uscire e... lo seguo.

Onestamente non so perché lo stia facendo. Non ha alcun senso, eppure sono curiosa di guardarlo in faccia. Di sapere che aspetto ha e di capirci qualcosa.

Gli occhi, per me, sono sempre stati un grandissimo mezzo di comunicazione, ma non mi arrogo il diritto di poter comprendere quel ragazzo solo da una sbirciatina.

Seguo le sue spalle dritte, il suo andamento sicuro ed imponente, fin quando non svolta a destra, dove ci sono i dormitori maschili. Non potrò andare oltre e questo mi provoca uno sbuffo. Mi sento anche abbastanza ridicola, e ringrazio il cielo che lui non mi abbia notata. Non penso che Brooke gli abbia parlato di me e questo renderebbe, ai suoi occhi, tutto molto più strano.

Scuoto il capo e me ne ritorno nella mia di stanza. Sono troppo stanca per continuare a studiare, ma, quando apro la porta e trovo Brooke con gli occhi lucidi e rossi, non ho più sonno.

"Ehi, che succede?" mi avvicino, ma non troppo. Lo so fin troppo bene che non siamo tipe da abbracci, ma vorrei proprio abbattere le sue barriere e dirle che di me si può fidare.

Non l'ho mai vista stare tanto male, neanche quando la sua pseudo relazione dello scorso anno non è andata come sperava. E non serve che lei mi dica chi l'ha fatta piangere, perché qualche idea me la sono fatta.

"Ian" dice e non aggiunge altro.

Mi mordo la lingua, ma proprio non riesco a far finta di nulla.

"Vuoi che ci parli io?"

I suoi occhi si sgranano, e scuote il capo così forte che sembra quasi voglia staccarselo.

"Lo dico per il tuo bene, Mia. Restane fuori. L'ultima cosa che voglio, è che quel cretino tratti male anche te!"

The last chanceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora