5.Addio

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VENICE

Quando rientro in casa Kyle dorme sul divano, e Annabeth è sveglia a far passare in bocca il suo leoncino di peluche. Ha ovviamente fame, e mi tocca darle la colazione. La stringo fra le braccia cautamente, mentre la sorreggo su un fianco e preparo il suo latte in biberon al bancone della cucina.

Le luci accese colpiscono in volto Kyle, che strofina gli occhi e si alza goffamente.

"A che ora sei arrivata?" gracchia grattandosi la nuca.

"Venti minuti" sospiro lasciando fra le mani di Annabeth il suo biberon, nel suo box di Biancaneve in un angolo del soggiorno.
"Credo che noi due dobbiamo parlare"

"Sì, decisamente" rispondo. E così ci sediamo al tavolo in cucina uno di fronte all'altro e iniziamo a fissarci nel silenzio totale, squarciato di tanto e in tanto da un deglutire affamato della mia piccola.

Kyle mi chiede cosa mi prende. Fa domande in tono preoccupato e a raffica, aspettandosi risposte immediate ed io non posso fare a meno di pensare a quale pezzo di merda sia. L'arrivo di Harry mi ha aperto parecchio gli occhi, o meglio, quelli li ho sempre avuti spalancati, ma non ho mai aperto bocca.

Ho capito che non andava affatto bene così e che avremmo dovuto risolvere al più presto la cosa. Per questo ho addossato tutte le colpe addosso a Kyle, che con il tempo si è fatto è sempre rimasto il ragazzo dolce e premuroso, ma con quest'orribile segreto di infiniti tradimenti alle spalle.

"Io so che ti scopi altre" sbotto, interrompendo il suo straziante interrogatorio. Separa appena le labbra e poi sorride scuotendo la testa.

"Che stai dicendo tesoro?" Ancora vuole fingere la parte del buono della situazione? Ormai l'ho smascherato e ancora vuole proseguire questa dannata falsa.

"Kyle smettila. Io lo so per certo, e non voglio più vivere con questo peso"

"Cosa vuol dire? Che te ne vuoi andare?"

"Esatto"

Con uno scatto Kyle mi afferra il polso, brutalmente lo stringe e sorregge il mio sguardo duramente.

"Non te ne andrai da nessuna parte" Lo imploro di lasciarmi andare, irritata e decisa. Temo quello che stia per succedere ma non mi faccio prendere dal panico, non è la prima volta che un uomo osa mettermi le mani addosso e in confronto a quelli che mi hanno precedentemente affrontato, Kyle lo posso sbattere a terra facilmente.

"Ti ho detto di lasciarmi" strillo infine decisa, scollando la sua sudicia mano dal mio braccio. Al mio urlo Annabeth inizia a piagnucolare e non appena Kyle alza ancora la voce diventa un vero e proprio straziante pianto.

"E con nostra figlia cosa farai, eh? Pensi di potermela portare via?!" indica Annabeth, intenta ad aggrapparsi alle mie spalle con le manine e stringersi forte al mio petto.

"Mia figlia, Kyle" rispondo cautamente.

"E' anche la mia, stupida puttana"

"Non è vero, è di Harry" Glielo confesso così, con tono pacato e intenta a raccogliere tutte le cose di Annabeth mentre lei mi rimane abbracciata come un dolce e spaventato cucciolo di koala.

"Che cazzo vuol dire? Tu la hai riconosciuta mia sulle carte dell'ospedale!"

Sospiro seccata, e mi decido a guardarlo fisso negli occhi.

"Non ho mai scritto il nome del padre"

Sento che questa seconda botta lo possa mettere a tacere, perché la fronte aggrottata e le sopracciglia increspate si trasformano in un cipiglio abbattuto, e adesso si limita a guardarmi continuare a raccogliere le cose di mia figlia e riporle all'interno di un borsone da viaggio.

Ho intenzione di andarmene ancora, e adesso.

Anche in camera da letto mi affretto a raccogliere tutte le mie cose il più veloce possibile, lasciando sul letto matrimoniale la bambina che mi fissa ciucciando un angolo della coperta. Voglio fare in fretta, anche se non ho la minima idea di cui andare.
Kyle in soggiorno è seduto sul divano a fissare il vuoto. Mi sorprende che non voglia fare nulla, ma in fondo l'ho sempre saputo che è solo un fallito senza nemmeno un po' di fegato o palle.

In una manciata di minuti le mie cose e quelle di Annabeth sono chiuse in valigie, e la casa adesso sembra quasi vuota. Vesto la bambina con il suo cappotto invernale, il cappello, i guanti e la sciarpa. Non voglio che prenda freddo perché non so per quanto tempo staremo all'aperto. Con me ho dei soldi miei ovviamente, che ho guadagnato io in passato e anche recentemente con il mio vecchio lavoro nel negozio di articoli dell'usato in fondo al quartiere.

Quando sono sulla soglia della porta, con Annabeth nel passeggino e le due valigie in mano, lancio un ultimo sguardo a Kyle che non ricambia.

"Non mi guardi nemmeno in faccia?"

"Mi verrebbe solamente voglia di prenderla a pugni"

Ringrazio che Annabeth ancora non capisca quello che diciamo, e mi rifiuto di rispondere. Spalanco la porta ed esco facendola sbattere pesantemente. Ho la testa in alto e sono sicura di me, e così mi atteggio fino all'uscita dell'edificio e per tutto il marciapiede mentre spingo la bambina con passo deciso. Ma mi sento le gambe tremare, non appena svolto un angolo della strada e sono immersa nel traffico della città innevata.

Tutto d'un tratto, mi sento debole e stupida. Cosa mi è saltato in mente? Avrei potuto sopportare, avrei potuto garantire questa vita a mia figlia che pare nettamente migliore di quella che sarei in grado di darle io mantenendola sulla strada.

Ed onestamente, mentre qualche lacrima minaccia ancora di scendere sulle guance fredde, l'unica cosa che mi passa per la mente è ancora Harry.

HARRY

Dopo aver ricevuto quel messaggio ho deciso di non arrendermi proprio adesso. Mi sono diretto di nuovo verso l'hotel, dove ho preteso di ricevere un'altra prenotazione a tempo indeterminato. Ovviamente c'era titubanza, ed ovviamente ho dovuto sfilare un paio di banconote in più per convincere.

Ho chiesto aiuto per poter risalire a questa persona, ma nessuno ha saputo darmi delle risposte ed io adesso sono disperato. Ho bisogno di sapere chi ha voluto aiutarmi ad arrivare qui, da lei, da Venice.

Utilizzo ancora il pc sul letto, sospirando seccato mentre proseguo le mie ricerche utilizzando ogni fonte possibile. Sono sul punto di sbottare una pessima bestemmia, quando il telefono della camera squilla. Che strano, penso, ma rispondo.

"Mr.Styles, mi dispiace disturbarla, ma c'è qualcuno che la cerca alla reception"

"Di chi si tratta?"

"Dice di chiamarsi Montgomery, signore. Ed è accompagnata da una bambina"

Mi si ghiaccia il sangue nelle vene non appena pronuncia quel nome, e non rispondo nemmeno perché mi catapulto fuori dalla stanza per scoprire il motivo per cui sarebbe dovuta tornare da me. Non mi importa se sia un gesto da ipocrita o ridicolo, io sarò sempre disposto a tenere le braccia spalancate per lei. Non ho mai voluto aiutare ed avere con me una persona tanto quanto lo voglio con Venice. Lei è la mia persona.

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