6 Fulbert in cerca di Maramus

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Come si comporterebbe un bambino a cui non piacciono le galline? Le schiverebbe, le caccerebbe via battendo le mani e facendo versi strani. Cosa farebbe, invece, un bambino a cui le galline non danno alcun fastidio, ma che nemmeno le ama? Forse, distaccato, le tratterebbe con indifferenza, non si preoccuperebbe per loro e se le vedesse morire di fame, non la riterrebbe una cosa poi così grave. Al contrario, un bambino a cui piacciono le galline, per il loro modo di muoversi o per il loro verso piacevole, sarebbe disposto a dar loro il mais ogni giorno e a controllare sempre se hanno l'acqua da bere.

Cosa farebbe, infine, un bambino che le ama profondamente?

Andrebbe ogni mattina a controllare se stanno bene, si preoccuperebbe del loro nutrimento, se hanno freddo, se hanno caldo. Controllerebbe se hanno dei parassiti esterni ed interni, terrebbe d'occhio la cova ogni ora per non perdersi la nascita dei pulcini. Le prenderebbe una ad una, le terrebbe un po' con sé all'ombra di un albero, le accarezzerebbe come se fossero dei gattini, per poi lasciarle andare e osservarle zampettare, cercando gli insetti nella terra.

Esistono, secondo voi, dei bambini che potrebbero comportarsi davvero in questo modo?

Noi ne conosciamo uno, si chiama Fulbert e abita alla Maison sans Frontières; ha undici anni e un'enorme passione per gli animali. Galline, gatti, cani, maiali, capre...la fauna per lui non è solo una scoperta, ma anche un'amica sincera.

Un giorno Fulbert era nel pollaio che controllava le uova. Lo faceva con estrema delicatezza, senza mai toccarle con le mani nude, ma prendendo delle foglie di banano per creare una specie di guanto. Le contava ogni giorno per assicurarsi che ci fossero tutte, che nessuna fosse andata persa o mangiata da qualche serpente entrato furtivamente nel pollaio. Quel giorno Fulbert era talmente concentrato nel suo lavoro che non riuscì a sentire i passi dietro di lui.

«Hey piccolo, che cosa fai?». Era Fo Alaza, il ragazzo addetto al pollaio; fo, il lingua locale, significa fratello e si mette davanti al nome in segno di rispetto.

Fulbert si spaventò e anche la gallina che era vicino a lui fece un gran salto. Poi rispose: «Sto guardando le uova. Ho notato che laggiù dov'erano prima faceva troppo caldo, quindi le ho spostate».

Alaza rise e, dandogli una pacca sulla spalla, disse: «Tata dovrebbe assumere te al mio posto! Sapresti riconoscere una pulce lontana due metri».

Fulbert orgoglioso sorrise, ma guardò altrove per non farsi sorprendere; era un bambino timido, amava i complimenti, ma quando gliene facevano non si sentiva a suo agio.

Gli piaceva molto lavorare nel pollaio insieme a Fo Alaza. Imparava tante cose e ormai sapeva distinguere una gallina giovane da un'anziana; conosceva le piante antibiotiche da mettere nell'acqua per eliminare i parassiti; poteva fare uscire le galline e tenerle lontane dal giardino di Fo Djalilou, senza che svolazzassero ovunque. Gli altri bambini non capivano la passione del fratello maggiore, però la rispettavano. Tutti alla Maison sapevano che Fulbert amava gli animali ed era molto apprezzato per questo. Da tutti tranne che da Apefa. Secondo la ragazza la presenza degli animali nel mondo era inutile, ad eccezione di quelli che poteva mangiare, ovviamente. Fulbert era arrivato alla Maison insieme a sua mamma Davi, l'educatrice del centro. Il ragazzino era stato cresciuto dalla madre, dopo che lei lo aveva portato via dal padre, avendo scoperto le relazioni non troppo segrete di quest'ultimo.

Nel fine settimana Alaza non c'era e lasciava il compito ad alcuni bambini di occuparsi del pollaio. Anche quando non era il turno di Fulbert era sempre lui che, al mattino presto, andava da Tata per chiedere le chiavi. Una di queste mattine andò insieme ad altri tre bambini ad occuparsi delle galline, ad aprire la porta del pollaio e a farle uscire per prendere dell'aria fresca. Come ogni giorno le contò per vedere se ci fossero tutte e si accorse che ne mancava una.

«Dov'è Maramus?», chiese agli altri. Maramus era la gallina gialla di Sèbastien. Dove e come il bambino avesse trovato quel nome rimase sempre un mistero. Cercarono Maramus dappertutto, ma non la trovarono, né all'interno del pollaio né all'esterno.

Preoccupato, Fulbert andò a dirlo a Tata e insieme si misero a cercare Maramus, ma senza risultati.

«Dove si è cacciata?», chiese Tata al vento. Fulbert non rispose, non sapeva dove potesse essere andata. Il suo viso si trasformò presto in una triste maschera d'ebano e, senza dir nulla, si avviò sulla strada che portava a scuola. Durante il tragitto pensò e ripensò alla gallina scomparsa. L'avevano rubata? Era finita in una trappola per galline? Non sapeva nemmeno se esistessero trappole per le galline.

«Fulbert dove sei, nel mondo dei sogni?». Era il professore che, dopo aver gridato verso di lui, si avvicinò minaccioso con il righello lungo almeno un metro. Il ragazzino si spaventò e cercò di salvarsi coprendosi con le mani e le braccia le parti del corpo scoperte, ma il professore fu più rapido e lo prese sulla gamba. Che male!

«Devono smetterla di picchiare gli alunni, sono dei pazzi!», pensò Fulbert, mordendosi le labbra per non piangere. Si scusò senza guardare negli occhi quell'omone grande e autoritario e si concentrò sulla lezione di scienze: il volo. Come faceva un uccello a volare?

Quella mattina lo stavano imparando e fu proprio in quel momento che Fulbert ebbe un'illuminazione: il volo. Le galline volano, ma certo! Maramus era volata fuori dal pollaio; era una delle galline a cui non avevano ancora tagliato le penne delle ali. Sicuramente era scappata per cercare da mangiare o semplicemente perché aveva voglia di farsi una passeggiata altrove, ma non era fuggita, era ancora alla Maison. Ma dove? Non vedeva l'ora di ritornare a casa per poterla cercare di nuovo e questa volta con gli occhi rivolti verso l'alto. La mattinata passò velocemente e Fulbert, senza salutare nessuno, schizzò fuori dall'aula sperando di non doversi fare a piedi i tre chilometri che lo separavano da casa. Di solito Ippolit, un amico della Maison, andava a prendere lui e Natacha all'uscita della scuola, per non farli camminare sotto il sole di mezzogiorno. Ippolit aveva un taxi-moto e conosceva Tata dal primo cantiere, erano amici e quando poteva Tata gli dava del lavoro da fare, per aiutarlo.

Camminò per una decina di minuti prima di vedere la moto in lontananza. Quel giorno faceva davvero molto caldo e dieci minuti al sole equivalevano a trentanove gradi sulla testa. Salì sulla moto sentendo il forte desiderio dell'aria sul viso e su tutto il resto del corpo. Arrivarono alla Maison. Fulbert salutò Tata, Djalilou e Antoinette e andò di corsa vicino al pollaio per vedere se la sua teoria fosse esatta. Iniziò a girare intorno alla costruzione, guardò sul tetto pur sapendo che Maramus non poteva essere lì a quell'ora così calda. Si allontanò di qualche metro per poter avere una visuale più ampia, ma non era abbastanza. Decise allora di salire sulla panca che Fo Alaza aveva costruito vicino alle palme. Da lì aveva una prospettiva migliore e gli venne un pensiero: alzò gli occhi verso gli alberi lì intorno e...eccola! La gallinella gialla di Sèbastien era appollaiata su un ramo dell'albero di avocado proprio vicino al pollaio. Contento, ritornò da Tata e, sorridendo come solo un bambino felice può sorridere, disse: «L'ho trovata! Ho trovato Maramus!». Tata non chiese dove, non era necessario. Sapeva che Fulbert l'avrebbe trovata: era certa che sarebbe potuto salire in cima ad una montagna per riprendere la sua gallina e riportarla a casa, perché Fulbert amava gli animali più di qualsiasi altra cosa.

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