4 Romain e l'ombelico speciale

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«Tata, ma a che cosa serve questo?».

Romain era nel dormitorio e quando Tata arrivò per leggere una storia, tutto ad un tratto le pose la buffa domanda indicandosi l'ombelico. Romain aveva un ombelico molto più grande e sporgente rispetto agli altri bambini della Maison.

«Ti serviva quando eri nella pancia della tua mamma; è soprattutto grazie a questo che sei cresciuto». Era difficile trovare delle spiegazioni, a volte, ma Tata faceva davvero del suo meglio per farsi capire.

Romain rimase perplesso, non disse più nulla anche se la mano rimase sempre lì, sopra il suo grande ombelico. La storia finì e si diedero la buonanotte. Tata uscì per vedere se il resto del gruppo avesse finito di lavarsi i denti mentre Romain si addormentò quasi subito. Quel giorno la scuola era stata davvero pesante, la maestra li aveva puniti, compreso lui, e si erano presi quattro colpi di bastone sulle mani e due sul sedere. Una giornata terribile.

L'indomani Romain si svegliò con ancora nella mente il suo ombelico. Era talmente stanco che non aveva cambiato posizione per tutta la notte e la sua mano era rimasta sempre lì, con l'unica cosa che in quel momento poteva ricordargli sua mamma.

«Perché io ho un ombelico così grande?», si chiedeva. Era deciso a svelare questo mistero e iniziò da subito le indagini. Mentre i suoi compagni di stanza si spogliavano per andare a fare la doccia, cercò di sbirciare i loro ombelichi, ma fu subito visto da Angelo che lo aggredì amichevolmente con tono scherzoso: «Che cosa vuoi faccia lumacosa?».

Romain, che era molto permaloso, si offese subito, ma non si volle dare per vinto e mentre tutti si lavavano, mostrando una certa indifferenza, osservava gli ombelichi dei suoi fratelli. Chi ce l'aveva piccolo come un bottoncino, chi invece un po' più grande come una caramella che spunta dalla pancia, chi nascosto all'interno. Nessuno aveva un ombelico uguale al suo, grosso e completamente all'infuori; lo si vedeva anche quando si metteva la maglietta, tanto era sporgente.

Non riusciva a capire quella netta differenza. Perché gli era capitato proprio quell'ombelico?

Si vestirono e andarono a scuola. Lungo il cammino incontrò sua mamma, che aspettava sul ciglio della strada le ultime novità del villaggio. La madre di Romain era sempre stata un po' come la "gazzetta" del paese, non si perdeva mai nessun pettegolezzo ed era la prima a metterne in circolo a migliaia. Se qualcuno l'avesse pagata per farne un lavoro, sarebbe sicuramente diventata molto ricca.

Purtroppo ricca non lo era mai stata. Era una coltivatrice e venditrice di legname. Dopo la morte del marito, avvenuta diversi anni prima, si era ritrovata sola con cinque figli da sfamare. Romain era il più piccolo e per lui i soldi della mamma non bastavano, né per il cibo, né per la scuola. Il bambino era arrivato alla Maison due anni prima, quando aveva sei anni. All'inizio, Tata aveva notato che Romain, durante ogni pasto, si infilava di nascosto una manciata di cibo nella tasca: poteva essere riso, spaghetti o farina di mais, ma una manciata di qualcosa doveva entrare nella sua tasca.

«Perché ti metti il cibo nella tasca, Romain?», gli aveva chiesto una volta Susanna.

«Per dopo», aveva risposto il bambino. Faceva la scorta, perché sapeva che avrebbe avuto fame, ma non era sicuro se ci sarebbe stato ancora da mangiare per quel giorno.

«Mamma, perché ho un ombelico così grande?». Vedendola, Romain ne approfittò per rivolgere anche a lei il dubbio che lo tormentava dal giorno prima. Non ebbe vergogna, né timore di parlare. Era un bambino molto semplice e umile ed era solito chiedere o dire tutto ciò che gli passava per la testa senza pensarci troppo su.

Lei guardò il figlio sconcertata: gli adulti si dimenticano che i bambini sanno poche cose e quindi hanno bisogno di molte informazioni. Non gli rispose. Si limitò a sollevare la maglietta e a far vedere il suo ombelico, grande e sporgente proprio come quello di Romain. Lui sorrise e corse verso gli altri per non arrivare tardi a scuola.

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