Nessuno meglio di un bebè,
può osservare quel che succede intorno a sé.
Guarda intensamente tutto ciò che si muove
e si gira di scatto se qualcosa fa rumore.
Ogni tanto trova da rosicchiare,
anche se senza denti c'è poco da fare.
Tata
Quello che piaceva a Souzy era sicuramente imitare i suoni che sentiva passarle vicino. Riconosceva le voci di ogni bambino di quella casa e, più di tutte, quella della sua dolce mamma Apefa. Quando la vedeva emetteva dei gridolini per cercare di chiamarla, ma non riusciva a scandire bene le parole come gli altri bimbi, così a volte la sua mamma non la capiva e non la prendeva in braccio. Lei allora si metteva a piangere forte, sempre più forte, fino a farsi male al pancino e alla gola. Così, veniva presa in braccio da Antoinette, oppure da Tata, che era la sua preferita perché c'erano tante cose da osservare in lei. Aveva la pelle di un colore differente e anche il naso era differente. Per non parlare di quelle cose verdi che le circondavano gli occhi e che erano così strane e curiose. Ogni volta che cercava di toccarle, Tata le prendeva le manine e le diceva: «No, gli occhiali non si toccano!». Ovviamente Souzy non capiva quella lingua e faceva un nuovo tentativo.
Quando la sua giovane mamma Apefa era in preda ai dolori del parto, Tata cercava di essere utile sventolando un quaderno al suo fianco, per darle una parvenza di sollievo. La ragazza sembrava soffrire davvero molto e Susanna non sapeva cos'altro fare. Pensò che una battuta avrebbe potuto alleggerire la situazione, così disse: «Apefa, dopo tutto il lavoro che mi fai fare, se nasce una femmina la devi per forza chiamare Souzanne!». Ovviamente, in quel momento, Apefa non aveva per nulla voglia di ridere, ma fu una bellissima sorpresa quando si scopri che il bebè era femmina!
Souzy rideva molto quando arrivava François, l'autista tuttofare della Maison, e adorava il giardiniere Djalilou perché sapeva prenderla in braccio come la sua mamma. Tutti i bambini erano gentili con lei e, a volte, ci giocavano insieme, anche se poi si stancavano in fretta e se ne andavano lasciandola sola. Souzy piangeva spesso, era più forte di lei, non poteva proprio trattenersi, piangeva perché in alcuni momenti si sentiva molto triste e in altri molto arrabbiata. Quando, però, qualcuno la prendeva in braccio o si sedeva vicino a lei, allora non si sentiva più sola e ricominciava a sorridere.
Spesso Tata si sedeva vicino a lei e alla sua mamma, raccontando loro delle storie. Souzy non le comprendeva, ma le piaceva il suono della voce di Tata e ascoltandola, tutta concentrata, finiva con l'addormentarsi.
La sua mamma le voleva molto bene e l'abbracciava sempre, ma c'erano giorni in cui Souzy faceva talmente tanti capricci che Apefa non ce la faceva più, finendo così per sgridarla e minacciarla. Era un bene che le piccole e innocenti orecchie di Souzy non potessero ancora capire un linguaggio così pieno di frustrazione, ma il suo cuore lo capiva e si faceva profondamente triste e ricominciava a piangere ancora più forte.
Fortunatamente c'erano, però, anche i giorni gioiosi e pieni di novità, perché più il tempo passava più la sua vista si faceva chiara e limpida: riusciva a distinguere molte cose che prima non vedeva e si chiedeva se anche gli altri bambini le vedessero.
A volte Dagan entrava di nascosto nella cucina per prendere una banana, la mangiava velocemente e poi scappava via guardando la piccola Souzy e facendole segno di non dire niente a nessuno.
Altre volte Souzy vedeva Bienvenu e Casimir prendere i fiammiferi senza chiedere il permesso ad Antoinette, nasconderseli in tasca ridendo e poi andare via a fare chissà quale altro disastro.
Ascoltava i segreti sussurrati tra Fulbert e Didi, senza conoscerne il significato, ma notava come si zittivano appena passava qualcuno che non doveva esserne al corrente. Guardava Koffi, che spesso giocava con lei e la faceva ridere, intento ad osservare il cancello e quel che c'era fuori e lo sentiva sospirare per poi guardare altrove malinconico. Assisteva divertita ai litigi tra Diane e Blessing e le innumerevoli cadute di Julienne, che, maldestra com'era, spesso inciampava mentre correva. Sovente Romain si sedeva vicino alla sua culla in legno, fatta apposta per lei, le prendeva le manine e le parlava con la sua voce bassa e rassicurante, sorridendo dolcemente.
Souzy osservava i cani andare e venire per bere l'acqua e sdraiarsi sul pavimento del grande refettorio. Vedeva il gatto avvicinarsi a lei per annusarla e per strusciarsi in cerca di coccole.
Quando c'era il sole, cioè quasi tutti i giorni, alcune farfalle volavano in giro per tutta la casa cercando qualcosa di zuccheroso da succhiare. Volavano di qua e di là felici. Souzy riusciva a sentire il battito delle loro ali quando erano vicine e si divertiva cercando di prenderle. A volte Djalilou la teneva in braccio e la portava a vedere tutta la Maison, soprattutto il giardino, le faceva toccare le foglie e annusare i fiori. Allora Souzy accarezzava con le sue piccole manine la corteccia degli alberi, cercando di levarne dei pezzi per riuscire a sgranocchiarli. Quando qualcuno la metteva a terra, gattonava avanti e indietro finendo, sovente, anche in posti pericolosi. Per fortuna c'era sempre qualche altro bambino insieme a lei, che la prendeva in braccio e la metteva al sicuro.
«Non fare male alle piante Souzy», le diceva spesso Tata, sperando che, quando la piccola fosse cresciuta, avrebbe capito l'importanza di preservare la natura.
Souzy voleva molto bene a tutti quanti e tutti ne volevano a lei, la consideravano come il fiore prezioso della Maison. Le piacevano anche i giorni in cui i bambini erano gentili e saggi e quando Tata giocava insieme a loro e tutti cantavano delle canzoni, parlando del più e del meno tra sorrisi ed abbracci.
Un mattino Souzy si svegliò e la mamma la portò nella sua grande culla in cui poteva muoversi liberamente e stare in piedi tenendosi alle sbarre di legno. I bambini erano a scuola e Tata era uscita a fare delle commissioni. Non si udiva alcun suono, se non il canto degli uccellini e il rumore del vento che muoveva i rami degli alberi. Ogni mattina per lei era una sorpresa perché scopriva di riuscire a fare cose che il giorno prima non conosceva neppure. Quel giorno, in particolare, vedendo due farfalle giocare col vento, provò a pronunciare la parola "mamma". Dopo qualche tentativo riuscì a dirlo chiaramente e ne fu felicissima. Passò tutta la mattina a ripetere quella parola, dal suono dolce e buffo allo stesso tempo. Sapendo che la sua mamma era Apefa, la guardò sorridendo, pensando che da grande avrebbe voluto essere bella proprio come lei. I giorni trascorrevano sereni e lei cresceva facendosi accompagnare dagli abitanti di quella casa speciale, piena di bambini e di persone che andavano e venivano. La Maison sans Frontières fu la sua prima casa e fu lì che incominciò a muovere i primi passi.
Che questo possa essere per lei un buon augurio, per poter camminare sempre su una via piena di gioia e soprattutto d'amore.
Car sans l'amour il n'y a rien.
FINE
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Storie di bambini senza confini
Fiksi UmumQuesti racconti arrivano da lontano. Da un luogo magico, nato in un villaggio del Togo, in Africa. Queste sono le storie dei bambini della Maison, una casa d'accoglienza per bambini orfani e disagiati, ma anche piena di allegria e amore. è una let...