9 Didi sempre al lavoro

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Se qualcuno ricorda il personaggio di Wendy in Peter Pan, sarà più facile per lui immaginarsi Didi: una ragazza di tredici anni, piena di sogni, ma troppo responsabile per farsi trasportare da questi. Fu una delle prime ad entrare alla Maison sans Frontières, insieme a sua zia Davi, l'educatrice della Casa, al cugino Fulbert, a una mamma cane con i suoi quattro cuccioli, a un gatto e tre galline.

È difficile vedere Didi seduta senza fare niente e quando succede vuol dire che è molto malata, oppure molto triste per qualcosa. Un giorno suo padre si presentò di sorpresa alla Maison e Tata corse dalla ragazza per dirle di nascondersi nella stanza e non uscire finché non l'avesse chiamata.

Il padre di Didi, infatti, era un pirata, un vero pirata africano, uno di quelli cattivi, senza ritegno; un uomo che beveva dal mattino alla sera senza un perché. Insomma, un tipo davvero poco raccomandabile. Ogni volta che Tata sentiva parlare di lui, iniziava ad assumere quell'espressione contrariata e disgustata che aveva quando non era per nulla in accordo su qualcosa.

A causa del carattere violento di quest'uomo, sua moglie era scappata molto tempo prima, lasciando la piccola figlia Didi in balia dei voleri dell'insensibile padre. Costui la costrinse a lavorare non appena la bambina fu abbastanza grande da riuscire a portare i pesi sulla testa; la mandava a tagliare e raccogliere legna, che Didi doveva poi trasportare per chilometri interi prima di riuscire a vendere. Per questo motivo, la ragazza iniziò a frequentare la scuola molto tardi, quando la zia riuscì a prenderla con sé e a condurla, insieme a lei, alla Maison sans Frontières.

«Dov'è mia figlia?» chiese minaccioso il pirata, che era entrato nel cortile barcollando.

Tutti i bambini erano tesi e pronti a reagire ad un suo possibile attacco. Tata, infatti, dato che alla Maison era sola con tutti quei bambini, aveva progettato un sistema di difesa infallibile. In vari punti strategici avevano nascosto delle pietre e, benché la casa d'accoglienza puntasse sempre alla non violenza, a volte non se ne poteva proprio fare a meno. Se qualcuno, però, avesse chiesto a Tata, ai bambini o a qualsiasi vicino se questa strategia difensiva fosse mai stata attuata, la risposta sarebbe stata negativa. Fortunatamente, infatti, non ce n'era mai stato bisogno e tutti speravano che quella sarebbe stata una delle tante volte in cui Tata avrebbe potuto risolvere la faccenda in modo pacifico. Susanna rimase seduta dov'era, sulla sedia in terrazza vicino alla sua stanza.

«Sua figlia è uscita per fare una commissione fuori dal villaggio. Posso lasciarle un messaggio da parte sua se vuole». Il tono di voce di Tata era calmo ed educato, ma non c'era l'ombra di un sorriso sul suo giovane volto.

L'uomo si guardò intorno, non si capiva se era arrabbiato oppure no, la sua espressione era sempre molto tirata, forse per la stanchezza o per l'enorme quantità di alcool che aveva in sé ogni giorno. Fece qualche passo verso Tata mentre gli si avvicinarono Simba e Nala, i due cani della Maison, che si erano appostati per tenere d'occhio la situazione. Non avrebbero mai permesso a qualcuno di fare del male a Susanna o a qualsiasi membro della famiglia che viveva in quella casa. Chiunque ci avesse provato sarebbe dovuto passare prima tra i denti di Simba e Nala.

Il pirata si fermò, guardò Tata e poi i bambini e disse con voce tremolante: «Sì, le dica che suo padre è venuto per salutarla e per vedere come stava». A volte i genitori dei bambini, quelli più bendisposti, che abitavano nel villaggio vicino, passavano dalla Maison per fare un saluto.

«Non mancherò di certo. Grazie mille per la visita». Detto questo Susanna invitò i bambini a salutare il pirata e ad accompagnarlo verso l'uscita. Lui se ne andò barcollando, rischiando di cadere più di una volta e Tata fece finalmente un respiro di sollievo e corse a chiamare Didi.

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