Natacha arrivò un giorno di settembre, dopo un anno dall'apertura della casa d'accoglienza. Aveva dieci anni. Orfana di padre, a causa dei gravi problemi economici che il decesso dell'uomo aveva causato alla famiglia, la bambina non poté più continuare gli studi. Tata sapeva della sua esistenza grazie al muratore che lavorava per la Maison, che, disperato, un giorno arrivò da lei chiedendole di aiutarlo perché una sua cugina della capitale, Lomé, aveva perso il marito e tutta la famiglia era caduta in miseria. La madre della bambina non sapeva se mandare via Natacha o la sorella più grande. Non sapeva nemmeno dove esattamente sarebbe andata, sapeva soltanto che una delle due bambine sarebbe dovuta rimanere con lei per aiutarla ad avviare un piccolo commercio con cui cercare in tutti i modi di tirare avanti e sopravvivere nel migliore dei modi.
Non aveva nessuna intenzione di risposarsi o di scendere a scomodi compromessi con gli uomini del quartiere. Amava ancora molto suo marito e non avrebbe mai sporcato il suo nome lanciandosi nelle braccia del primo uomo solo perché non riusciva a mantenersi. La madre di Natacha era sempre stata una donna forte e capace. Anche questa volta avrebbe trovato il modo per far fronte alla situazione e forse, un giorno, sarebbe anche riuscita a recuperare la figlia affidata ad una casa d'accoglienza per bambini disagiati. Dopo una lunga riflessione la madre scelse Natacha.
La chiamò al mattino e le disse: «Figlia mia, per favore vieni a sederti vicino a me, devo parlarti di una questione molto importante». La bambina andò a sedersi vicino alla madre e aspettò, sorridendo. Le assomigliava molto, ma portava anche dei tratti evidenti del padre che fecero salire in superficie vecchi ricordi alla madre sofferente. Cercò di calmarsi e di trovare il coraggio per dire a sua figlia che l'avrebbe mandata lontano da casa.
«Da quando papà è morto viviamo nella miseria. Non abbiamo cibo, né un terreno dove poter coltivare». Nella capitale, infatti, era molto difficile possedere un pezzo di terra dove poter far crescere i legumi ed i cereali. «Tu e tua sorella non potete più andare a scuola. Non posso più permettermi di pagare la tassa scolastica né il materiale. Non ho neanche i soldi per comprarti delle ciabattine nuove; stai andando in giro scalza e gli altri bambini ti prendono in giro».
Natacha si guardò i piedi, erano sporchi e pieni di sabbia. Conosceva molto bene la loro situazione, la povertà che aveva investito la sua famiglia la sentiva sulla pelle, nella pancia e soprattutto nel cuore. Era sempre stata abituata ad avere tutto quello di cui aveva bisogno. Nessuno l'aveva mai viziata, ma nemmeno fatto mancare qualcosa. Quando il padre era ancora in vita si mangiava bene, le sorelle andavano a scuola e se c'era bisogno di un libro o di un quaderno il padre non se lo faceva ripetere due volte. A Natacha mancava molto quella vita e le mancava molto suo papà.
Guardò la madre, che intanto si mordeva le labbra per non piangere. Sapeva che stava soffrendo nel parlarle, ma non capiva perché avesse iniziato quel discorso e dove volesse arrivare.
«Natacha, tesoro, ti ricordi di mio cugino Komi? Abita vicino a Kpalimé, nel villaggio della nonna. Komi dice che lì c'è una donna bianca che ha costruito una casa per i bambini orfani come te. Alcuni forse li conosci; andavamo spesso a trovare la nonna, te lo ricordi?».
Natacha si ricordava tutto sì, ma non capiva cosa avessero a che fare con lei quella casa e quella donna bianca.
«Mamma, non capisco cosa vuoi dirmi», confessò la bambina visibilmente preoccupata.
«Penso che sia meglio che tu vada per un po' di tempo a vivere con questa signora. In questo modo potrai andare a scuola, mangiare bene e se sei malata potrai essere curata per non rischiare di ammalarti più gravemente».
La bambina non sapeva cosa dire. Le piaceva stare con la mamma e la sorella. È vero, mangiavano poco e non andava più a scuola, ma almeno erano insieme. Se lei fosse andata via cos'avrebbero fatto la madre e la sorella? Quanti bambini c'erano in quella casa? E la signora bianca era gentile? Nella testa di Natacha si formarono mille domande e a nessuna riusciva a trovare risposte certe. Guardò la madre, ma capì subito che nemmeno lei poteva aiutarla. Non disse nulla. Del resto la mamma non le aveva chiesto se voleva andare. Era un ordine e lei le avrebbe obbedito, come sempre.
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Storie di bambini senza confini
General FictionQuesti racconti arrivano da lontano. Da un luogo magico, nato in un villaggio del Togo, in Africa. Queste sono le storie dei bambini della Maison, una casa d'accoglienza per bambini orfani e disagiati, ma anche piena di allegria e amore. è una let...