8 Casimir, il bambino cavalletta

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Avere gli occhi grandi, color castagna, un sorriso splendente e un'agilità impressionante può essere davvero vantaggioso per un bambino di otto anni. Casimir, il bambino iperattivo della Maison, un giorno decise di esserlo ancora di più. Iniziò dal mattino, alle cinque, l'ora in cui tutti i bambini della casa si facevano la doccia. Sapeva bene che a quell'ora non si poteva parlare a voce troppo alta né disturbare le persone che dormivano ancora: Tata, quando dormiva più del solito, ed i volontari che arrivavano ogni mese alla Maison.

Quel mattino Casimir si era dimenticato delle regole, o, probabilmente, se n'era voluto dimenticare. Non poteva farne davvero a meno, sentiva un'energia sorprendente e avrebbe potuto scalare una montagna per poi scendere di corsa. Cantava una canzone allegra mentre si faceva la doccia, anche se era contro i costumi locali, rideva se gli altri bambini lo zittivano e fischiettava se Didi o Honorine lo rimproveravano.

Mentre si vestiva e sistemava lo zaino per la scuola chiacchierava insieme a Sèbastien ad alta voce, come se fossero le quattro del pomeriggio. Quest'ultimo, che si era lasciato prendere dalla conversazione, rideva e scherzava insieme all'amico, con lo stesso tono. Per questo motivo Tata si svegliò prima del previsto, andò dritta in camera e iniziò a sgridare sia Casimir che Sèbastien, che, poverino, non aveva quasi nessuna colpa.

«Casimir, sai bene che al mattino non bisogna fare baccano! Perché te ne freghi?».

«No! Non me ne frego!».

«Invece sì. Stamattina prenderai meno soldi per la colazione rispetto agli altri. Anche tu Séba!». Di norma i bambini della Maison avevano diritto a cento franchi ogni mattina. Questi soldi servivano ad acquistare colazione e qualcosa per la ricreazione a metà mattinata.

Il piccolo Sèbastien iniziò a piangere e a dire che non era colpa sua, che aveva iniziato Casimir a parlare ad alta voce, ma non c'era più nulla da fare. Nemmeno chiedendo perdono e pietà a Tata avrebbe risolto le cose, così si arrabbiò con Casimir e gli disse che non gli avrebbe più parlato per il resto della sua vita. Entrambi delusi presero i cinquanta franchi che Tata diede loro e se ne andarono, Sèbastien ancora in lacrime.

Casimir, però, non si fece scoraggiare dagli ultimi avvenimenti e continuò ad essere allegro, tanto da contagiare la maggior parte degli altri bambini della Maison che camminavano di fianco a lui, diretti a scuola.

Sapeva bene che aveva il divieto di correre per strada. Tata aveva molta paura delle auto e delle moto, non si fidava e diceva spesso: «Sono tutti pazzi! Bevono e guidano! Potrebbero guidare e nello stesso tempo bere tanto sono pazzi!».

Casimir immaginò Tata fissarlo con uno sguardo truce, sgridarlo e mandarlo in camera sua per l'intera mattinata.

L'avrebbe fatto? Forse sì, o forse no, dipendeva dalla giornata.

Casimir correva lungo la strada, insieme ad altri bambini della sua età, senza ascoltare i rimproveri di Didi né quelli degli altri. Arrivò a scuola prima di tutti, sistemò lo zaino vicino al suo banco e tornò fuori a giocare con i compagni finché la campanella suonò avvisando l'inizio della prima lezione.

Nella classe di Casimir c'erano altri quattro bambini della Maison: Bienvenu, Romain, Blessing e Diane. La loro maestra era considerata come una strega malvagia, di quelle che possono venire a far visita la notte, quando ci si è dimenticati di lasciare una lucina accesa. Gridava molto e se qualcuno non capiva l'argomento e faceva l'esercizio sbagliato lo picchiava con il bastone, il più delle volte sulle mani, ma anche sul sedere, sui polpacci o sulla punta delle dita, che era il peggio. Una volta furono dati quattro colpi di righello sulle dita ad un bambino della classe, sulla mano destra. Non poté mangiare per una settimana tanto gli facevano male e la madre lo dovette imboccare per tre giorni di fila. Insomma, Madame era davvero il terrore della scuola, anche se erano in molti a dire che il Signor Bassà, il maestro della prima elementare, fosse ancora più severo.

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