13 Koffi cerca casa

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In molti, forse, pensano che l'adolescenza esista soltanto in Occidente e che i ragazzi occidentali siano molto diversi da quelli africani.

In realtà il caratteraccio tipico dell'adolescenza esiste in ogni angolo del mondo, però forse in alcuni posti è più semplice mascherare i malumori e frenare i momenti di irrequietezza in cui i ragazzi salterebbero da un luogo all'altro tanta è l'energia che scorre in loro.

Koffi, con i suoi tredici anni, non è di certo un ragazzino pacato, né riesce a trattenere le sue emozioni, positive o negative che siano, che gli si leggono tutte sulle linee e nelle espressioni del suo volto. Si riconosce subito quando è gioioso dalla luce che emanano i suoi occhi, mentre quando è nervoso o arrabbiato, al contrario, quella luce si affievolisce, lasciando il posto ad un'ombra cupa.

Come suo fratello minore di sangue Casimir, Koffi era orfano di padre e venne abbandonato dalla madre per colpa di un altro uomo; venne mandato da una zia, in un villaggio che distava una quarantina di chilometri dal suo, dove il ragazzo era maltrattato e malnutrito.

Koffi si sentiva sempre preso di mira e continuamente giudicato dagli altri. A volte agiva prendendo direzioni che lo portavano ad un vicolo cieco, dove, ad attenderlo, c'erano solo colpi di bastone o insulti. Altre volte, invece, prendeva direzioni divertenti, anche se pericolose.

In un'occasione precisa Koffi prese una direzione che fin dal principio avrebbe dovuto lasciare perdere. Ancora oggi non si conosce la verità ed esistono diverse versioni dell'accaduto. Qui verrà riportata quella uscita dalla bocca del giovane Koffi alla gendarmerie della città più vicina al villaggio, esattamente a cinque chilometri.

«Un amico quel giorno entrò nella camera della signora».

«Quale signora? Sii più chiaro giovane».

«La signora responsabile della cassa del villaggio, quella a cui vengono dati i soldi ogni mese per poter comprare la carne ed il riso a fine anno».

«Vai avanti».

«Io, insieme ad altri, non ne sapevo nulla. Il nostro amico venne da noi la sera tardi e ci mostrò il denaro».

«Perché l'ha rubato?».

«.....».

«Quanto ha dato a te? Quanto vi siete divisi?».

«Abbiamo preso cinquantamila franchi per uno».

Gli ufficiali risero di gusto. C'erano tre uomini intorno a lui, soli in una stanza poco illuminata. Koffi aveva paura, aveva voglia di piangere, ma non voleva farlo davanti a loro. Si stava chiedendo se l'avrebbero picchiato oppure no.

«E tu, piccolo così, che cosa ne hai fatto di tutti quei soldi?».

Koffi abbassò lo sguardo, si vergognava di rispondere e cercava d'inventarsi una nuova versione.

«Ho comprato un lettore dvd e dei video».

«... e poi, cos'altro?».

«.....».

«Rispondi testa dura!». Nello stesso istante arrivò una sberla, dritta in testa.

Koffi trattenne le lacrime, avrebbe voluto diventare forte tutto d'un tratto per potersi sbarazzare di quegli uomini e andarsene via, lontano da lì.

«Ho comprato delle tende per la mia camera, dei vestiti e dei sandali nuovi e insieme agli altri ragazzi abbiamo comprato un pallone».

Delle risate riempirono la stanza, lo stavano prendendo in giro senza nessuna pietà, si stavano divertendo un mondo e Koffi non riusciva più a sopportarlo: avrebbe preferito le botte a quelle umiliazioni.

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