Capitolo 14: "Si può possedere qualcuno?"

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Le nuvole sospese sopra le nostre teste erano più minacciose quel pomeriggio.

I nostri piedi non avevano una meta. Ci era passata la fame. Credo che ci eravamo sfamati con la nostra stessa compagnia, con il silenzio.

"Ho paura." Esclamò Jessica.
Ci fermammo, e solo allora mi resi conto di dove fossimo: eravamo circondati da girasoli... Il campo vicino alle macerie di una casa che non mi apparteneva più.
"Di cosa?" Chiese con tono impassibile Jack.
"Del temporale che sta per arrivare." Io rilasciai un lungo sospiro. Pensavo che avesse intuito la mia agitazione.

Alzai la testa. Chiusi gli occhi e aspettai la pioggia.

Piccole gocce precipitarono sul mio viso. Sorrisi, e senza pensarci due volte, abbandonai le forze e mi buttai a terra con le braccia distese.

I miei due amici mi guardarono sbigottiti, poi mi imitarono e scoppiamo a ridere, accompagnati dalla pioggia e dai tuoni.

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Dopo aver attraversato la città correndo, ridendo e urlando, siamo arrivati davanti alla porta di casa mia.
Una figura premeva incessantemente il tasto del campanello.
"Marcus?" Mi gelai, e non fu per il vento che accompagnava allegramente la pioggia.
Lui si girò di scatto. I suoi cappelli aderivano sulla fronte e la maglietta era una doppia pelle, mettendo in mostra i disegni d'inchiostro.
Scese i gradini e annullò i pochi metri che ci dividevano.

"Ciao." Sussurrò. La differenza d'altezza mi obbligava ad alzare il mento, e i nostri occhi si rincontrarono.
"Ciao." Ricambiai.
Marcus si allontanò i capelli dal volto e lanciò uno sguardo più in là delle mie spalle. Mi girai e notai i miei due amici che ci fissavano con un sorrisetto malizioso.
Io e Marc accennammo una risata.

"Ero qui per chiederti una cosa." Disse agitato.
"Ah meno male, avevo paura che fossi venuto per rompere il campanello." Risposi ironicamente.
Lui sorrise, abbassò gli occhi e si morse il labbro inferiore.
"Sono contento che mi parli di nuovo."
Questa volta non dissi nulla e alzai le sopracciglia.
"Comunque..." Si sfregò le mani e scaricò la tensione con un lungo sospiro "Volevo invitarti alla mia partita di basket. È la settimana prossima. Nella palestra della scuola. Non sei obbligata a venire. Forse ho sbagliato a chiedertelo. Scusa, fai finta che non ti abbia..." "Marc." Esclamai, frenandolo di colpo "Sarà divertente..."
Ne dubitavo assolutamente. Non capivo niente che riguardasse lo sport. Non mi è mai interessato. Detesto la competizione. Tuttavia, non potevo dirgli di no.
Il suo sorriso si accese come se avessi premuto un interruttore dentro di lui. Avvicinò il suo viso al mio e le sue labbra mi sfiorarono delicatamente la guancia. Il suo tocco si confuse con le gocce salate della pioggia.

Salutò Jessica e Jack, salì in macchina e scomparì nella foschia.

"Stai insieme a quello?!" Strillò Jessica chiudendo la bocca spalancata di Jack "Quello ha un nome. E poi no, è solo mio amico." "Non vorrai sostituirmi con quello?!" Chiese il ragazzo dai riccioli bagnati "Si chiama Marcus!!" Esclamai stizzita, e non risposi alla stupida domanda di Jack, era palesemente ovvio che non l'avrei mai sostituito con nessuno! "Possiamo entrare in casa? Sto morendo di freddo." Dissi incrociando le braccia, loro annuirono, ancora scioccati.
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Dopo esserci tolti i nostri vestiti fradici, prestai a Jessica qualcosa di mio e a Jack una maglietta e dei pantaloni di Peter. Presi un'altra delle magliette dal comò e la indossai. Mi arrivava a metà coscia, quindi non avevo bisogno di prendere dei pantaloncini. Ci buttammo sul divano e iniziammo a guardare un film.

Non vedevo Peter da questa mattina. Non sapevo dove fosse, non l'avevo visto a scuola, non mi aveva chiamato o scritto per tutto il giorno. Iniziai a preoccuparmi.

Dopo un . C'è sempre un inizioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora