Capitolo 17 "Paura alla lavagna"

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"Peter, va tutto bene?" Domandai al ragazzo che mi stava stritolando tra le sue braccia. Lui si limitò ad annuire, ma quella risposta non era plausibile dato il fatto che sentii dei singhiozzi mozzargli il fiato e le sue mani tremare sulla mia schiena "Cosa succede?" Portò le sue dita sulle mie guance e i miei occhi si fissarono nei suoi come due ancore nel profondo oceano "Sei ancora arrabbiata?" Scossi velocemente la testa e sorrisi al barlume nato in quell'abisso che solo io potevo esplorare attraverso quelle due piccole fessure sul suo volto. 

"Dove sei stata?" Dovevo dirglielo? Voleva ancora esercitare controllo su di me? Ero stanca, e poi, se gli avessi detto che avevo passato tutto il giorno con Marcus, in un teatro abbandonato, non avrei sopportato la sua reazione "Sono andata a casa di Jessica." Lui cercò il mio sguardo e io evitai i suoi occhi "Sei una pessima bugiarda." Ridacchiò "Sai cosa? Non m'interessa. L'importante è che tu stia qui con me."

"Ti amo, sorellina."
"Ti amo, egoista." Lui sorrise al mio insulto. Lo sapeva di esserlo, e gli piaceva sentirmelo dire.
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La mattina mi svegliai con l'aiuto del cellulare.

L'aria era diversa quel giorno. Aveva un odore simile a quello della famosa rissa che portò ad una crisi nervosa il preside Vladimir.
Questo particolare mi inquietava.

Arrivai a scuola insieme a Peter. Quando scesi dalla macchina notai che quel ragazzo, che in quel momento mi stava prendendo per mano, stava perlustrando l'area circostante con occhi cauti.
Io strinsi la presa e lui mi sorrise.

Andai a lezione di calcolo, inglese e storia medievale.
Fino ad adesso niente d'importante. Poi arrivai nella classe di filosofia. Era giornata libera per la professoressa Harrison, ma quello strano odore mi stava trascinando lì dentro. Chiesi a Peter di lasciarmi da sola... Sola come quei pomeriggi passati nella platea di quell'aula. L'ultimo posto dove quelli dell'assistenza sociale sarebbero mai venuti a cercare un'orfana.

L'odore proveniva da quella classe.

Mi sedetti nella penultima fila e rimasi ad osservare la lavagna in fondo alla stanza. Non era stata ripulita, così presi l'iniziativa di scendere quei gradini che mi separavano dal pavimento, raggiungere la lavagna, impugnare la spugnetta e trascinarla lentamente sul ripiano verdognolo.

Non mi resi conto di cosa stessi cancellando fin quando non mi fermai sulla parola "paura".

"Hai paura?" Sussultai e la spugnetta mi scappò dalle dita. Sentii un ghigno alle mie spalle e vidi una mano recuperare da terra quell'oggetto.
"Non dovresti averne." Due occhi verdi come la lavagna esaminarono il mio volto e un paio di fossette spuntarono agli angoli delle labbra che si schiusero in un sorriso beffardo.
"Per caso ti conosco?"
"Non ancora." Rispose con tono pacato. Pose la spugnetta sulla cattedra, impugnò un gessetto e domandò "Cosa ci fa una ragazza, bella come te, tutta sola in classe?" "Non sono sola." Dissi istintivamente.
Il ragazzo fece un giro dell'aula con lo sguardo e riportò questo su di me alzando un sopracciglio "Peter... Mio fratello è a lezione da qualche parte, tra poco torna a prendermi." Affermai decisa alzando il mento, senza far trasparire timore "Oh, non ne dubito." Quella risposta mi confuse, poi mi ricordai della domanda che volevo porgli sin dall'inizio "Chi sei tu?" "Nessuno d'importante" Studiò la mia espressione "O di pericoloso." Portò una mano sulla bandana azzurra che teneva annodata sulla fronte, si avvicinò alla lavagna e con il gessetto scrisse accanto a paura un nome.
"Tu invece sei..." Attese che completassi la frase "Non ti fidi di me?" Spuntarono ancora quelle fossette "Te l'ho detto, non devi avere paura, Wend." Come faceva a conoscere il mio nome?

In quel momento la porta si aprì, ed entrò una figura che consolò il mio cuore intimorito. Ma la consolazione che mi stava dando era solo un'illusione. Gli occhi di Peter sull'uscio non batterono ciglia, si scontrarono con quelli tenebrosi del ragazzo accanto a me "Peter, stavamo giusto facendo le presentazioni." Si avvicinò a Peter e mi disse volgendomi le spalle "Spero di rincontrarti presto, sorellina." Uscì dall'aula, lasciando dietro di sé quell'odore di ansia e tensione.

"Stai bene?" Peter si precipitò verso di me e tentò di abbracciarmi, ma mi scansai, lasciandolo confuso e con gli occhi terrorizzati "Che ti ha detto?" Non gli risposi, ero spaventata "Wend, che cosa ti ha detto?" Alzò il tono della voce e mi scosse per le braccia, cercando di farmi reagire, ma la mia reazione fu ben diversa da quella che stava sicuramente aspettando "Ho un altro fratello?" Lui annuì, lanciò uno sguardo oltre le mie spalle e uscì dall'aula con veloci falcate e i pugni serrati lungo i fianchi.

"Ecco" Precisai "Ora sono sola."

Mi voltai verso la lavagna e osservai il nome che occupava tutto il ripiano.
DYLAN
Sovrastava la parola scritta in corsivo, rendendola quasi insignificante, e in quel momento mi resi conto che quel nome... Era più spaventoso della paura stessa.

Dopo un . C'è sempre un inizioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora